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La casa romana

domus romana in piazza Sordello

insulae

Il riscaldamento nelle case romane

Scarsi erano presso i Romani mezzi di riscaldamento, poichè anche il semplice focolare non era in genere dotato di un camino e quindi il fumo rendeva spesso l'aria irraspirabile.

Per riscaldare i locali venivano usati bracieri e fornelli di varia forma e materiale.

Solo nelle case più ricche, in età imperiale, fu installato un sistema di riscaldamento simile a quello in uso nelle terme.

Gli impianti di riscaldamento erano costituiti dall'ipocausti (ipocastrum), una o più stufe, accudite incessantemente dagli schiavi, alimentate da legna, carbone vegetale o fascine.

Un canale conduceva calore insieme alla fuliggine e al fumo all'ipocausto adiacente formato da tanti pilastrini di mattoni detti sospensurae.

La spazzatura

Anche i Romani si occupavano della spazzatura.

In aperta campagna, in una frazione di Dello (BS), effettuando scavi nel santuario cattolico di Corticelle, ci si è accorti che sorgeva una casa romana appartenente a un piccolo pagus (villaggio) dell’anno 100 d.C. Qui sono affiorati due piccoli manufatti in laterizio e pietra, perfettamente conservati, pieni di cocci d’anfora e vasetti, un porta rifiuti degli antichi Romani.

E' stata inaugurata da poco, in Piazza Sordello, la struttura che ospita i mosaici romani, e che mette in luce la Mantova archeologica.

La Domus, oggetto di scavo dal 2006 al 2015 è stata messa in luce solo parzialmente: proseguirebbe infatti sia sotto via Tazzoli che al di sotto del lastricato di Piazza Sordello. Al momento, sono noti 7 ambienti, di cui solo 2 con mosaici policromi sono aperti al pubblico.

I mosaici sono databili nella prima metà del III secolo d.C ed apparterrebbero a due stanze adiacenti della domus. La finezza del tappeto musivo è rivelata dalle piccole dimensioni delle tessere con cui sono state realizzate le raffigurazioni, oggi visibili, di Marte e Venere. Marte si mostra col capo coperto e vestito di un mantello rosso mentre tiene nella sinistra una lancia, e Venere coperta solo da un velo azzurro lo abbraccia.

introduzione

A Roma la maggior parte dei cittadini viveva in angusti appartamenti in affitto (cenacula) posti all'interno di grandi casamenti popolari (insulae) mentre le signorili case di proprietà (domus) erano privilegio di una minoranza di famiglie ricche.

Tali differenze si erano sviluppate nel corso dei secoli poichè alcune caratteristiche che troviamo comuni alle diverse classi sociali risalgono alla primitiva tipologia di casa italica.

Era una delle tipologie di edifici presenti a Roma intorno al IV secolo a.C.

L'insula può essere considerata come un agglomerato di appartamenti in affitto (cenacula), che si ergevano in verticale fino a raggiungere i 4\5 piani. Il primo piano era sempre il più prestigioso, mentre procedendo verso l'alto si trovano i piani meno accoglienti.

Tutto l'edificio era costruito con materiali fragili e scadenti e spesso era soggetto a crolli e incendi.

In genere le insulae appartenevano a un ricco proprietario che incaricava un locatore che gli pagava una determinata cifra e riscuoteva gli affitti per proprio conto.

Solitamente il proprietario si accontantava della cifra equivalente ai negozi e l primo piano, lasciando il resto degli affitti all'incaricato.

Ciò causava il massimo sfruttamento dell'abitazione e dei suoi abitanti, che dovevano versare ingenti somme di denaro immediate (ecco perché alcune famiglie si trovavano a vivere per strada nel giro di poco tempo).

Le varie unità avevano minimo tre stanze, una delle quali sempre in una posizione migliore e dimensione maggiore rispetto alle altre; in ogni caso tutti i locali erano angusti e poco areati e le condizioni igieniche erano ovunque pessime.

Le insulae infatti mancavano dei servizi igienici, essendo usate a tale scopo le latrine pubbliche e le terme.

Queste abitazioni erano divise in due gruppi principali: il primo comprende le insulae popolari che al pianterreno avevano botteghe e negozi (tabernae), in cui i proprietari vivevano e lavoravano.

Queste al secondo piano presentavano spesso balconi sostenuti da travi e ferri forgiati.

Il secondo gruppo comprendeva invece le insulae signorili, che si differenziavano dalle altre in quanto il pianterreno era di un singolo locatario, e inoltre erano le uniche a disporre di acqua corrente e bagni.

Le insulae al centro dell'urbe avevano una fontana e un cortile con giardino, attorno al quale si ergevano a forma quadrangolare i vari appartamenti, dotati di finestre e scale rivolte sia verso l'interno che verso l'esterno.

villae

Illuminazione

Nelle case e negli edifici pubblici la luce era fornita dalla luce che entrava dal soffitto aperto (compluvium) dall'atrio e illuminava di riflesso le stanze adiacenti.

All'interno quando scendeva il sole si usavano torce e candele. Le torce erano di grasso o pece, e le candele di sego o di cera, a seconda della ricchezza della casa.

Le domus naturalmente avevano il meglio, lastre trasparenti alle finestre, di talco, di mica o di vetro.

esterno della domus

domus

  • Dall’esterno della domus si poteva vedere l’ostium che era un alto portone con due battenti e un martello (malleus). Al portone era attaccato o un campanello (tintinnabulum) oppure due teste di leone con un anello.

villa rustica

La domus (-us, IV decl.) era la casa dei romani ricchi e facoltosi.

Solitamente aveva solo un piano, non avevano né finestre né balconi e talvolta erano isolate dalle altre case.

la villa urbana

La villa urbana si sviluppò a partire dal I secolo a.C. e rispondeva ad un bisogno di evasione dalla vita caotica e convulsa della città.

Le ville urbane erano situate in luoghi particolarmente suggestivi e gradevoli come sulla cima di una collina o lungo le coste.

Esse erano dotate di ogni conforto: le camere da letto (cubile, is) per la famiglia e per gli ospiti, le sale da pranzo (triclinium, i) per l’estate e per l’inverno e per i grandi ricevimenti, la biblioteca. Il bagno era dotato di tepidarium, calidarium e frigidarium sul modello delle terme; erano presenti anche le reti idriche e fognarie.

interno della domus

La villa rustica era un’abitazione di campagna, dove solitamente si recava il proprietario (vilicus, i) per controllare l’operato degli schiavi (servus, i) e il raccolto.

La villa sorgeva intorno ad un cortile in cui vi era una vasca (piscina, ae) usata come abbeveratoio per gli animali; all’esterno si trovava un’altra vasca utilizzata per la coltivazione dei campi.

Il vilicus abitava in una stanza vicino all’ingresso. La cucina consisteva in un locale ampio adibito ai pranzi e alle riunioni: in torno vi erano disposte le stalle dei buoi (bubile, is) e dei cavalli (equile, is) e il pollaio (gallinarium, i).

C’erano inoltre le stanze dei bovari e dei pastori, la stanza per il bagno, quella degli schiavi e dei loro sorveglianti (monitor, is).

In un ambiente sotterraneo vi era l’ergastulum, luogo dove erano relegati e incatenati gli schiavi indisciplinati, che si erano resi colpevoli di qualche grave mancanza.

Altri locali erano destinati ad usi agricoli come la cantina (cella vinaria) con il torchio (torculum, i) per la spremitura dell’uva, i magazzini per il grano e altri cereali (horreum, i), per la conservazione dell’olio, il frantoio (trapetum, i) e il mulino (mola, ae).

Arredamento

Nelle case romane l’arredamento (supellex, supellectilis) era ridotto al minimo poiché le stanze erano molto piccole: si riduceva in genere ai letti, ai sedili, alle tavole e agli armadi, oltre naturalmente a tutto ciò che veniva usato per ornare la casa: quadri, baldacchini, tende e altro.

Numerosi e di vario tipo erano i letti; si badi, tuttavia, che i Romani usavano il termine lectus, i, per indicare non solo i letti, ma anche le poltrone e i divani e con un aggettivo ne precisavano l’uso:

-il lectus cubicularis era il letto singolo

-il lectus iugalis era il letto matrimoniale

-il lectus lucubratorius era una poltrona per leggere e studiare

-il lectus tricliniaris era il divanetto su cui i commensali si sdraiavano per pranzare.

I vari letti erano ornati da cuscini detti pulvinares (pulvinaris,is) o, se destinati all’appoggio del capo, cervicalia (cervical,is).

Per sedersi si usavano vari tipi di sedie, dal semplice scamnum,i o subsellium,ii , uno sgabello a 4 gambe, alla sella,ae, senza spalliera ma con i braccioli, alla comoda cathedra, ae con una spalliera lunga e arcuata.

Non esisteva una vera tavola da pranzo, ma tavolini (mensa, ae) di legno o di prezioso avorio posti presso il letto tricliniare ove i commensali potessero appoggiare le stoviglie.

Lungo le pareti dei vari locali c’erano poi cassapanche (arca,ae) e armadi (armarium, ii) di fattura più o meno pregiata, ora appoggiati a terra ora appesi al muro, come i nostri pensili. Fra le arcae ce n’era una particolarmente importante e preziosa, la cassaforte, fatta di materiali robusti e corredata di grosse borchie.

Dall’ostrium si entrava nel vestibulum (corridoio) dove erano posizionate statue, mosaici, colonnati.

Successivamente era posizionata la stanza del portinaio (cella ostarii) e si proseguiva nell’atrium (atrio) solitamente ornato da affreschi e con un'apertura quadrata sul soffitto (compluvium) per fare entrare la luce solare e l'acqua piovana, che veniva raccolta nell’impluvium (una vasca) e poi riutilizzata per usi domestici. Era una delle parti più importanti della casa perché in esso si svolgeva la vita familiare e i riti sacri.

Ai lati dell’atrium vi erano varie porte che conducevano a diverse camere:

• Cubicula, ossia la camera da letto dei padroni

• Tablinum, l'ufficio

• Triclinium, la sala da pranzo. In quest'ultima c'era la mensa (il tavolo da pranzo) circondato dai lecti triclinares (divani)

Il triclinium conduceva a stanza di servizio (alae) ed al lararium, ossia una stanza della preghiera con tanto di statue.

È importante sapere che dopo il II secolo la domus aggiunse nuove parti e camere.

Infatti dal tablinum (ufficio) si accedeva ad un corridoio (andron) che portava ad un nuovo atrium, il peristylium (peristilio). Il nuovo atrio era dotato di un porticus (porticato a colonne) e si affacciava su un giardino, ortus, che la maggior parte delle volte era luogo di ritrovo ed exedra (conversazione).

In quest'ultimo vi erano piante e fiori e un balneum (una toilette). Qualche volta, nelle domus dei più ricchi, potevano trovarsi pure un apodytarium (spogliatoio) e delle piscine con acque di diverse temperature: calda (calidarium), tiepida (tepidarium) e fredda (fregidarium).

Si hanno cambiamenti anche nella cucina (culina) che diventò esclusivamente il luogo dove si cucinava.

La domus venne provvista anche di cantina (cella vinaria) e di dispensa (cella penaria).

Vennero aggiunte pure più stanza per i servi (cellae servorum).

Lucia Bertucco

Emma Scatolon

Martina Toffali

Martina Vaia

sitografia:

www.romanoimpero.com

www.wikipedia.it

www.google.it

bibliografia:

  • Maria Chiarello, Domenico Chillemi linguacommunis
  • lingua e cultura latina
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