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I CRISTIANI

NELL'IMPERO ROMANO

Biografia

  • Gaio Cecilio nasce a Como tra il 61 e il 61 d.C.

  • Venne adottato dallo zio paterno Plinio il Vecchio che lo fece istruire a Roma.

  • Percorse tutte le tappe della carriera pubblica sotto Domiziano.

  • Nel 111 d.C viene nominato governatore della Bitinia da Traiano.

PLINIO IL GIOVANE

Opere

  • L'opera più importante di Plinio è una raccolta di 247 lettere scritte in un arco di tempo che va dal 96 al 109 d.C.

  • Si tratta di missive indirizzate a parenti e conoscenti vari.

  • I fatti trattati non seguono un ordine cronologico in quanto rispecchiano una vasta gamma di situazioni.

  • Ai nove libri ne fu successivamente aggiunto un decimo contente la corrispondenza ufficiale intrattenuta da Plinio con Traiano.

Caratteristiche principali delle Epistole

  • Plinio tende a comporre missive monotematiche e di breve lunghezza.

  • Si serve di clausule metriche in abbondanza e utilizza un linguaggio elevato.

  • Esercitazione retoriche di energheia, ossia la resa più precisa possibile delle immagini con le parole.

  • Prevale la descrizione di luoghi mentre è quasi totalmente assente il dibattito politico.

  • Visione delle realtà positiva e ottimista

Temi e stile

Si scontra con alcune critiche penetranti che alcuni suoi contemporanei portavano avanti

Epistole 96-97

  • E' presente il colloquio intrattenuto da Plinio il giovane con l'imperatore Traiano.

  • Il governatore espone a Traiano i suoi dubbi circa il comportamento da assumere nei confronti dei Cristiani.

Libro X

  • Odio di massa contro la nuova religione e situazione di forte instabilità
  • L'imperatore in risposta alla lettera dimostra di essere saggio e abbastanza clemente.

Tertulliano

TERTULLIANO

  • Nacque tra il 155 e il 160 a Cartagine
  • Ebbe un'educazione retorica e giuridica
  • Si convertì al cristianesimo intorno al 195 e divenne sacerdote
  • Nel 213 aderì al montanismo
  • Verso la fine della sua vita fondò una setta ancora più estremista, i Tertullianisti
  • Morì nel 230 d.C. circa

Le opere

  • Opere apologetiche, incentrate sulla difesa del cristianesimo: "Apologeticum", "Ad nationes"
  • Trattati dogmatici: "Adversus Marcionem", "Adversus Hermogenem", "De carne Christi", "De anima"
  • Scritti morali: "De cultu feminarum", "De spectaculis"

"Apologeticum"

I delitti dei cristiani

"Apologeticum"

"Questa prima lagnanza depositiamo dunque presso di voi: l’iniquità dell’odio contro il nome dei cristiani. Un’iniquità aggravata e rideterminata dallo stesso fattore che sembra scusarla: l’ignoranza. Che cosa è più iniquo del fatto che gli uomini odino ciò che non conoscono, anche se la cosa in sé meritasse odio?

(6) La prova dell’ignoranza che condanna la loro iniquità proprio mentre le serve di scusa è che tutti quelli che prima odiavano perché non conoscevano, appena cessano di ignorare cessano anche di odiare. Da questi vengono i nuovi cristiani, evidentemente per aver conosciuto la verità, e cominciano a odiare quello che erano prima e a professare quello che odiavano, e sono tanti – quanti ci avete schedati. (7) Dicono che la città è invasa: ci sono cristiani nelle campagne, nelle fortezze, nelle isole; che a questo nome passi ogni sesso, ogni età, ogni condizione, perfino ogni carica, di questo si lamentano come un danno. (8) Ma da questo non sono indirizzati a sospettare l’esistenza di qualche bene nascosto; non possono immaginare la verità, non vogliono esaminare le cose più da vicino. In questo caso soltanto s’intorpidisce la curiosità umana. Amano non sapere, mentre tutti gli altri godono nel conoscere! Quanto più Anacarsi1 avrebbe condannato questi ignoranti che giudicano chi sa! (9) Preferiscono non conoscere perché odiano già: hanno dei pregiudizi su ciò che non conoscono e che se lo conoscessero non potrebbero odiare, mentre se non si coglie nessun motivo per odiare, la cosa giusta è smettere di odiare ingiustamente; se invece un motivo risulta, non solo non si toglie niente all’odio, ma al contrario il fatto che si possa vantare la sua giustizia induce a perseverare.

2 (1) Se è certo che noi siamo dei terribili criminali, perché ci trattate diversamente dagli altri criminali nostri pari, quando il trattamento di nocività uguale dovrebbe essere uguale? (2) Quando gli altri sono accusati come noi, usano la parola propria e quella mercenaria per provare la loro innocenza, hanno libertà di rispondere e di ribattere, perché non è assolutamente lecito che siano condannati senza averli sentiti e senza che si siano difesi. (3) Soltanto ai cristiani non si permette di dire quello che può contestare l’accusa, provare la verità, impedire al giudice un’ingiustizia, ma si aspetta solo ciò che è necessario all’odio pubblico, la confessione del nome, non l’indagine sul delitto, (4) quando invece, se si indaga su un qualunque criminale, non basta affatto che egli si confessi omicida, sacrilego, incestuoso, nemico pubblico (per dire gli elogi che ci vengono rivolti), per arrivare alla sentenza: pretendete di conoscere le circostanze, i dettagli del fatto, il numero, il luogo, il modo, il tempo, i testimoni, i complici. (5) Su di noi niente del genere, quando pure sarebbe giusto indagare sulle accuse che ci vengono falsamente rivolte, quanti infanticidi ognuno di noi ha commesso, quanti incesti ha perpetrato nel buio, quali cuochi, quali cani erano presenti. Quanta gloria avrebbe un governatore a condannare qualcuno che ha mangiato cento bambini!

(6) Eppure troviamo che perfino l’indagine nei nostri confronti è proibita. (...)

Ciò è ancora più perverso, giacché voi presupponete i nostri delitti dalla sola confessione del nome di cristiani, ci costringete con la tortura ad abiurare la nostra confessione, col risultato di negare assieme al nome anche i delitti che la confessione del nome faceva presumere."

I delitti dei cristiani

"(18) Poiché dunque trattate noi in modo diverso degli altri, sforzandovi unicamente di escluderci dal nome di cristiani (ed esclusi siamo in effetti, se facciamo quello che fanno i non cristiani), potete capire che non di un delitto si tratta, ma di un nome, perseguito da un’opera d’odio la quale ha per massimo scopo che gli uomini non vogliano conoscere per certo quello che sanno bene di non conoscere. (19) Perciò credono sul nostro conto accuse non provate, e non vogliono indagini perché non venga provato che le cose non stanno come preferiscono credere, per- ché possa venire condannato il nome ostile all’opera d’odio senza provare nessun delitto, sulla base della sua sola confessione. Per questo veniamo torturati quando confessiamo e puniti quando perseveriamo e assolti quando neghiamo, perché la guerra riguarda il nome. (20) Infine, perché sulla tabella dell’arresto sta scritto “cristiano”? Perché non anche “assassino”, se per voi un cristiano è un assassino? Perché non anche “incestuoso”, o qualunque altra cosa credete di noi? Solo nel nostro caso vi vergognate o vi rammaricate a pronunciare il nome stesso dei reati? Se il termine “cristiano” non comporta nessun delitto, è una totale assurdità fare un delitto del solo nome."

I delitti dei cristiani

"De cultu feminarum"

"Se in terra restasse tanta fede quanto è il compenso di essa che si aspetta nei cieli, nessuna di voi, sorelle dilettissime, da quando ha conosciuto il Dio vero e imparato la sua condizione, voglio dire la condizione della donna, desidererebbe un abbigliamento più splendido, per non dire più vanitoso: piuttosto vivrebbe nello squallore e desidererebbe la sordidezza andando in giro come un'Eva piangente e penitente per dare piena soddisfazione all'eredità di Eva, dico l'ignomia del primo delitto e l'accusa di avere rovinato gli uomini.

Partorisci nel dolore e nell'angoscia, donna, ti rivolgi verso tuo marito che è il tuo padrone: ignori di essere Eva? Ha vigore nel mondo la sentenza di Dio sul tuo sesso e inevitabilmente ha vigore la tua condizione di accusata.

Tu sei la porta del diavolo, tu sei la profanatrice dell'albero della vita, tu sei stata la prima a violare la legge divina, tu sei colei che persuase Adamo, colui che il diavolo invece non riuscì a tentare. Tu che hai infranto l'immagine di Dio, l'uomo, con tanta facilità. Per causa tua esiste la morte, anche il Figlio di Dio ha dovuto morire. E tu hai in mente di adornarti con altro che non siano le tuniche che coprono la tua pelle?"

"De cultu feminarum"

Il cristianesimo nell'impero

PERSECUZIONI CONTRO I CRISTIANI

  • Si espande nell'Impero grazie alle attività missionarie.
  • Questa religione veniva vista come una "superstizione depravata, smodata e straniera".
  • I cristiani aborrivano molti aspetti della vita romana poichè contrastanti con la loro fede o perchè in opposizone al loro costume.

"Pertanto i Cristiani venivano riguardati quali nemici publici dell'Impero: e nemici personali pure degl'imperatori, da quando si era cominciato a onorare questi quali divinità, con forme prescritte, a cui non era lecito rifiutarsi senza incorrere in grave reato. Si aggiunga poi che, oltre che di essere ostili alla religione e agl'imperatori e causa di tutte le sciagure inviate dagli dèi, i Cristiani erano accusati di delitti mostruosi e inverosimili: d'infanticidio e cannibalismo, d'incesto, di adorare una testa d'asino, di tutti i delitti."

Persecuzione di Nerone (64d.C)

Ricordata da Tacito negli "Annales".

Questa persecuzione è causata dalla necessità di Nerone di trovare un capro espiatorio per allontanare l'accusa di essere responsabile dell'incendio di Roma.

Persecuzioni

  • Traiano nel 112d.C. impedisce che i cristiani vengano ricercati d'ufficio ma, in caso di denuncia ordina di catturarli e condannarli.

  • Con Decio nel 250 inizia una durissima persecuzione: a tutti i sudditi veniva chiesta una dimostrazione della loro fede attraverso un sacrificio.

  • Valeriano nel 257/258 attacca l'organizzazione cristiana colpendo i vescovi e confiscando proprietà

Traiano

Decio

Valeriano

Dopo i 40 anni di pace grazie all'editto di Gallieno (260d.C) ricominciano le persecuzioni con Diocleziano (303d.C.).

Diocleziano

Viene definita la "grande persecuzione": vennero distrutte Chiese, eliminati libri sacri e fu imposto l'obbligo di compiere sacrifici agli dei imperiali

L'editto di Serdica pose fine alla persecuzioni

Editto di Milano

Emanato da Costantino nel 313d.C.:

  • Riconosce la "religio licita" ovvero la libera professione di culto
  • Nasce un nuovo rapporto tra Stato e Chiesa
  • Vengono concessi nuovi privilegi per le comunità
  • Nascono i tribunali ecclesiastici

Editti

In realtà, l’avvicinamento di Costantino al cristianesimo ebbe ragioni più che altro politiche: la chiesa cristiana si stava avviando

a diventare una grande forza sociale e organizzativa, che poteva utilmente contribure al rafforzamento dello stato che lui stesso perseguiva.

L'Editto di Tessalonica (392d.C.) fece del cristianesimo la religione ufficiale dello Stato dell'Impero.

Fu emanato da Teodosio I:

furono messe fuori legge le eresie cristiane (come l'arianesimo)

proibì i culti pubblici

fece chiudere i templi pagani.

Editto di Tessalonica

  • Racconti dei martiri

  • "Acta,gesta": rapporti ufficiali degli interrogatori (Acta Procunsulis, Passio Cypriani, Acta martyrum Scillitanorum)

  • resoconti non ufficiali redatti da testimoni uculari (Martyrium Polycarpi, Acta Perpetua et Felicitatis, Epistola Ecclesiarum Viennensis et Lugdunensis)

  • Documenti più tardivi rispetto alla data del martirio, redatti in base agli Acta del primo o secondo tipo, non qualcosa di fedele alla tradizione orale o spiegare un monumento ma qualcosa a suo proprio gusto e secondo i suoi scopi. Sono romanzi basati su fatti realmente accaduti o immaginati.

ACTA MARTYRUM

  • 12 cristiani membri della comunità cristiana di Scillum subirono il martirio mediante decapitazione il 17 luglio 180
  • 7 uomini: Sperato, Narzalo, Cittino, Veturio, Felice, Aquilino, Letanzio
  • 5 donne: Donata, Vestia, Ianuaria, Generosa e Seconda

MARTIRI

SCILLITANI

  • 2 donne cristiane morte a Cartagine il 7 marzo 203 sotto l'imperatore settimio Severo insieme a Saturo, Revocato, Saturnino e Secondino.
  • Fustigati, furono aizzati contro gli uomini poi un cinghiale, un orso e un leopardo e una mucca selvaggia contro le donne.
  • Vennero poi uccisi
  • resoconto ad opera probabilmente di Tertulliano, della stessa Perpetua ed alcuni testi da saturo
  • sono venerate come sante dalla Chiesa cattolica e da quella ortodossa

ACTA PERPETUAE et FELICITATIS

  • S.Cecilia: II-III sec. Nobile romana convertita al cristianesimo. La patrona della musica è venerata il 22 novembre.

  • S.Lucia: 283-304, Siracusa. E' stata una mrtire cristiana, veneratail 13 dicembre.

  • Sant'Agnese: 290/293-305, Roma. Subì il martirio durante la persecuzione dei cristiani sotto Diocleziano all'età di 12 anni. Ricordata il 21 gennaio.

  • Sant'Agata: 229/235-251, Catania. Venerata come santa, vergine e martire il 5 febbraio.

  • San Pietro: I sec a.C, Roma; è stato uno dei dodici apostoli di Gesù; la Chiesa cattolica lo considera il primo papa.

  • San Paolo: 5/10-64/67, Roma; Paolo di Tarso, nato con il nome di Saulo, anche lui martire.

Martiri

S.Cecilia

S.Lucia

S.Pietro

S.Paolo

S.Agnese

Cenni biografici

MARCO LUCIO FELICE

  • Poco si conosce della vita di Marco Minucio Felice.

  • Nasce probabilmente nella provincia romana dell'Africa e vive tra il II e il III sec. d.C.

  • Esercitò la professione di avvocato a Roma e si convertì al cristianesimo in epoca non stabilita

Octavius

L'opera

  • Dialogo scritto in 40 capitoli e considerato insieme all'Apogeticum di Tertuliano la più antica opera apologetica latina.

  • Nell'opera si immagina una conversazione tra lo stesso minucio e Ottavio, convertiti al cristianesimo e Cecilio, un avvocato romano che difende il paganesimo

  • Lo scritto è una serena e pacata confutazione delle accuse dei pagani ai cristiani e gli argomenti discussi sono quelli che compaiono in tutti gli apologeti

  • Minucio a differenza di Tertuliano è uno scrittore fine e delicato poichè fonda la sua argomentazione sulla logica e sull'amabile conversazione.

  • Il testo possiede un'elevata qualità letteraria e il tono elegante richiama lo stile e l'atmosfera ciceroniana del dialogo classico.

Estratto

Ottavio allora disse: “Non è da uomo onesto, fratello Marco, lasciare un

uomo che a casa e fuori ti sta sempre accanto in una tale cieca ignoranza da permettere

che in pieno giorno vada a sbattere in pietre, per quanto effigiate, profumate

e coronate: sai bene che la vergogna del suo errore ricade su di te non meno

che su di lui”. Durante queste sue parole avevamo già attraversato il centro dell

città e ci trovavamo sulla spiaggia aperta. Là le onde lievi si infrangevano all’estremità

della sabbia come spianandola per il passeggio, e poiché il mare è sempre in

movimento anche quando non c’è vento, sebbene non invadesse la terra con le

onde bianche e spumeggianti, ci divertimmo moltissimo a guardare le increspature

e le sinuosità, mettendo i piedi proprio sul limite, mentre le acque volta a volta

fluivano verso di noi e si ritiravano assorbendo nel loro seno le nostre impronte.

Così camminando lentamente e tranquillamente costeggiavamo le dolci curve

della riva, ingannando il cammino con la conversazione, che riguardava soprattutto

il racconto che Ottavio faceva del suo viaggio per mare. Ma dopo aver percorso un

tratto di strada discorrendo, tornammo indietro sui nostri passi per la medesima

via, e quando arrivammo al punto dove stavano a riposo delle barche tirate a secco

e posate su tronchi d’albero al riparo dall’umidità del terreno, vedemmo dei ragazzi

che con grandi grida giocavano a gettare in mare dei ciottoli.

Questo gioco consiste nel raccogliere sulla spiaggia un sasso tondo e levigato dalle

acque; poi, tenendolo tra le dita dalla parte del palmo, ci si piega il più possibile

verso terra e lo si fa rotolare in mare in modo che il proiettile rasenti il pelo delle

acque o galleggi scivolando con un movimento leggero, o balzi riemergendo sulla

cresta dell’onde con continui rimbalzi. Vincitore della gara fra i ragazzi era quello

che mandava il suo ciottolo più lontano e con il maggior numero di rimbalzi.

(4) Mentre noi ci divertivamo a quello spettacolo, Cecilio non ci badava e la gara

non gli dava piacere, ma taceva stando da parte angosciato: il suo volto dimostrava

che stava soffrendo. Io gli dissi allora: “Che succede? Come mai, Cecilio, non ritrovo

la tua vivacità e l’allegria che hai negli occhi anche nei momenti difficili?”. Lui

rispose: “Mi tocca e mi rimorde il discorso fatto poco fa dal nostro Ottavio, che ti

ha rimproverato di negligenza per accusare senza parere me di una cosa più grave,

l’ignoranza. Mi spingerò ancora più in là: devo trattare di nuovo interamente la

questione con Ottavio. Se è d’accordo, discuterò con lui come adepto di quella setta,

in modo che capirà subito che è più facile discorrere tra amici che confrontare le

teorie. Sediamoci dunque su questi argini di pietra che si protendono in mare a

protezione dei bagnanti, in modo da riposarci dalla passeggiata e discutere con più

attenzione”. Ci sedemmo come lui aveva proposto: io stavo in mezzo avendo ciascuno

di loro al mio fianco non in segno di omaggio, di onore o di distinzione sociale,

perché l’amicizia rende sempre gli uomini uguali se già non li trova uguali, ma perché

in qualità di arbitro potessi ascoltare i due contendenti tenendoli separati.

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