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Si scontra con alcune critiche penetranti che alcuni suoi contemporanei portavano avanti
I delitti dei cristiani
"Questa prima lagnanza depositiamo dunque presso di voi: l’iniquità dell’odio contro il nome dei cristiani. Un’iniquità aggravata e rideterminata dallo stesso fattore che sembra scusarla: l’ignoranza. Che cosa è più iniquo del fatto che gli uomini odino ciò che non conoscono, anche se la cosa in sé meritasse odio?
(6) La prova dell’ignoranza che condanna la loro iniquità proprio mentre le serve di scusa è che tutti quelli che prima odiavano perché non conoscevano, appena cessano di ignorare cessano anche di odiare. Da questi vengono i nuovi cristiani, evidentemente per aver conosciuto la verità, e cominciano a odiare quello che erano prima e a professare quello che odiavano, e sono tanti – quanti ci avete schedati. (7) Dicono che la città è invasa: ci sono cristiani nelle campagne, nelle fortezze, nelle isole; che a questo nome passi ogni sesso, ogni età, ogni condizione, perfino ogni carica, di questo si lamentano come un danno. (8) Ma da questo non sono indirizzati a sospettare l’esistenza di qualche bene nascosto; non possono immaginare la verità, non vogliono esaminare le cose più da vicino. In questo caso soltanto s’intorpidisce la curiosità umana. Amano non sapere, mentre tutti gli altri godono nel conoscere! Quanto più Anacarsi1 avrebbe condannato questi ignoranti che giudicano chi sa! (9) Preferiscono non conoscere perché odiano già: hanno dei pregiudizi su ciò che non conoscono e che se lo conoscessero non potrebbero odiare, mentre se non si coglie nessun motivo per odiare, la cosa giusta è smettere di odiare ingiustamente; se invece un motivo risulta, non solo non si toglie niente all’odio, ma al contrario il fatto che si possa vantare la sua giustizia induce a perseverare.
2 (1) Se è certo che noi siamo dei terribili criminali, perché ci trattate diversamente dagli altri criminali nostri pari, quando il trattamento di nocività uguale dovrebbe essere uguale? (2) Quando gli altri sono accusati come noi, usano la parola propria e quella mercenaria per provare la loro innocenza, hanno libertà di rispondere e di ribattere, perché non è assolutamente lecito che siano condannati senza averli sentiti e senza che si siano difesi. (3) Soltanto ai cristiani non si permette di dire quello che può contestare l’accusa, provare la verità, impedire al giudice un’ingiustizia, ma si aspetta solo ciò che è necessario all’odio pubblico, la confessione del nome, non l’indagine sul delitto, (4) quando invece, se si indaga su un qualunque criminale, non basta affatto che egli si confessi omicida, sacrilego, incestuoso, nemico pubblico (per dire gli elogi che ci vengono rivolti), per arrivare alla sentenza: pretendete di conoscere le circostanze, i dettagli del fatto, il numero, il luogo, il modo, il tempo, i testimoni, i complici. (5) Su di noi niente del genere, quando pure sarebbe giusto indagare sulle accuse che ci vengono falsamente rivolte, quanti infanticidi ognuno di noi ha commesso, quanti incesti ha perpetrato nel buio, quali cuochi, quali cani erano presenti. Quanta gloria avrebbe un governatore a condannare qualcuno che ha mangiato cento bambini!
(6) Eppure troviamo che perfino l’indagine nei nostri confronti è proibita. (...)
Ciò è ancora più perverso, giacché voi presupponete i nostri delitti dalla sola confessione del nome di cristiani, ci costringete con la tortura ad abiurare la nostra confessione, col risultato di negare assieme al nome anche i delitti che la confessione del nome faceva presumere."
I delitti dei cristiani
"(18) Poiché dunque trattate noi in modo diverso degli altri, sforzandovi unicamente di escluderci dal nome di cristiani (ed esclusi siamo in effetti, se facciamo quello che fanno i non cristiani), potete capire che non di un delitto si tratta, ma di un nome, perseguito da un’opera d’odio la quale ha per massimo scopo che gli uomini non vogliano conoscere per certo quello che sanno bene di non conoscere. (19) Perciò credono sul nostro conto accuse non provate, e non vogliono indagini perché non venga provato che le cose non stanno come preferiscono credere, per- ché possa venire condannato il nome ostile all’opera d’odio senza provare nessun delitto, sulla base della sua sola confessione. Per questo veniamo torturati quando confessiamo e puniti quando perseveriamo e assolti quando neghiamo, perché la guerra riguarda il nome. (20) Infine, perché sulla tabella dell’arresto sta scritto “cristiano”? Perché non anche “assassino”, se per voi un cristiano è un assassino? Perché non anche “incestuoso”, o qualunque altra cosa credete di noi? Solo nel nostro caso vi vergognate o vi rammaricate a pronunciare il nome stesso dei reati? Se il termine “cristiano” non comporta nessun delitto, è una totale assurdità fare un delitto del solo nome."
I delitti dei cristiani
"Se in terra restasse tanta fede quanto è il compenso di essa che si aspetta nei cieli, nessuna di voi, sorelle dilettissime, da quando ha conosciuto il Dio vero e imparato la sua condizione, voglio dire la condizione della donna, desidererebbe un abbigliamento più splendido, per non dire più vanitoso: piuttosto vivrebbe nello squallore e desidererebbe la sordidezza andando in giro come un'Eva piangente e penitente per dare piena soddisfazione all'eredità di Eva, dico l'ignomia del primo delitto e l'accusa di avere rovinato gli uomini.
Partorisci nel dolore e nell'angoscia, donna, ti rivolgi verso tuo marito che è il tuo padrone: ignori di essere Eva? Ha vigore nel mondo la sentenza di Dio sul tuo sesso e inevitabilmente ha vigore la tua condizione di accusata.
Tu sei la porta del diavolo, tu sei la profanatrice dell'albero della vita, tu sei stata la prima a violare la legge divina, tu sei colei che persuase Adamo, colui che il diavolo invece non riuscì a tentare. Tu che hai infranto l'immagine di Dio, l'uomo, con tanta facilità. Per causa tua esiste la morte, anche il Figlio di Dio ha dovuto morire. E tu hai in mente di adornarti con altro che non siano le tuniche che coprono la tua pelle?"
"Pertanto i Cristiani venivano riguardati quali nemici publici dell'Impero: e nemici personali pure degl'imperatori, da quando si era cominciato a onorare questi quali divinità, con forme prescritte, a cui non era lecito rifiutarsi senza incorrere in grave reato. Si aggiunga poi che, oltre che di essere ostili alla religione e agl'imperatori e causa di tutte le sciagure inviate dagli dèi, i Cristiani erano accusati di delitti mostruosi e inverosimili: d'infanticidio e cannibalismo, d'incesto, di adorare una testa d'asino, di tutti i delitti."
Ricordata da Tacito negli "Annales".
Questa persecuzione è causata dalla necessità di Nerone di trovare un capro espiatorio per allontanare l'accusa di essere responsabile dell'incendio di Roma.
Persecuzioni
Dopo i 40 anni di pace grazie all'editto di Gallieno (260d.C) ricominciano le persecuzioni con Diocleziano (303d.C.).
Viene definita la "grande persecuzione": vennero distrutte Chiese, eliminati libri sacri e fu imposto l'obbligo di compiere sacrifici agli dei imperiali
L'editto di Serdica pose fine alla persecuzioni
Editto di Milano
Emanato da Costantino nel 313d.C.:
In realtà, l’avvicinamento di Costantino al cristianesimo ebbe ragioni più che altro politiche: la chiesa cristiana si stava avviando
a diventare una grande forza sociale e organizzativa, che poteva utilmente contribure al rafforzamento dello stato che lui stesso perseguiva.
MARTIRI
SCILLITANI
ACTA PERPETUAE et FELICITATIS
S.Cecilia
S.Lucia
S.Pietro
S.Paolo
S.Agnese
Ottavio allora disse: “Non è da uomo onesto, fratello Marco, lasciare un
uomo che a casa e fuori ti sta sempre accanto in una tale cieca ignoranza da permettere
che in pieno giorno vada a sbattere in pietre, per quanto effigiate, profumate
e coronate: sai bene che la vergogna del suo errore ricade su di te non meno
che su di lui”. Durante queste sue parole avevamo già attraversato il centro dell
città e ci trovavamo sulla spiaggia aperta. Là le onde lievi si infrangevano all’estremità
della sabbia come spianandola per il passeggio, e poiché il mare è sempre in
movimento anche quando non c’è vento, sebbene non invadesse la terra con le
onde bianche e spumeggianti, ci divertimmo moltissimo a guardare le increspature
e le sinuosità, mettendo i piedi proprio sul limite, mentre le acque volta a volta
fluivano verso di noi e si ritiravano assorbendo nel loro seno le nostre impronte.
Così camminando lentamente e tranquillamente costeggiavamo le dolci curve
della riva, ingannando il cammino con la conversazione, che riguardava soprattutto
il racconto che Ottavio faceva del suo viaggio per mare. Ma dopo aver percorso un
tratto di strada discorrendo, tornammo indietro sui nostri passi per la medesima
via, e quando arrivammo al punto dove stavano a riposo delle barche tirate a secco
e posate su tronchi d’albero al riparo dall’umidità del terreno, vedemmo dei ragazzi
che con grandi grida giocavano a gettare in mare dei ciottoli.
Questo gioco consiste nel raccogliere sulla spiaggia un sasso tondo e levigato dalle
acque; poi, tenendolo tra le dita dalla parte del palmo, ci si piega il più possibile
verso terra e lo si fa rotolare in mare in modo che il proiettile rasenti il pelo delle
acque o galleggi scivolando con un movimento leggero, o balzi riemergendo sulla
cresta dell’onde con continui rimbalzi. Vincitore della gara fra i ragazzi era quello
che mandava il suo ciottolo più lontano e con il maggior numero di rimbalzi.
(4) Mentre noi ci divertivamo a quello spettacolo, Cecilio non ci badava e la gara
non gli dava piacere, ma taceva stando da parte angosciato: il suo volto dimostrava
che stava soffrendo. Io gli dissi allora: “Che succede? Come mai, Cecilio, non ritrovo
la tua vivacità e l’allegria che hai negli occhi anche nei momenti difficili?”. Lui
rispose: “Mi tocca e mi rimorde il discorso fatto poco fa dal nostro Ottavio, che ti
ha rimproverato di negligenza per accusare senza parere me di una cosa più grave,
l’ignoranza. Mi spingerò ancora più in là: devo trattare di nuovo interamente la
questione con Ottavio. Se è d’accordo, discuterò con lui come adepto di quella setta,
in modo che capirà subito che è più facile discorrere tra amici che confrontare le
teorie. Sediamoci dunque su questi argini di pietra che si protendono in mare a
protezione dei bagnanti, in modo da riposarci dalla passeggiata e discutere con più
attenzione”. Ci sedemmo come lui aveva proposto: io stavo in mezzo avendo ciascuno
di loro al mio fianco non in segno di omaggio, di onore o di distinzione sociale,
perché l’amicizia rende sempre gli uomini uguali se già non li trova uguali, ma perché
in qualità di arbitro potessi ascoltare i due contendenti tenendoli separati.