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Transcript

Alberto A. Nativio e Lorenzo Gatti presentano

Italo Calvino

Le Cosmicomiche

Chi era Calvino?

  • Nasce a Santiago de Las Vegas, Cuba. Si traferisce in Italia, a San Remo con la famiglia a soli tre anni.Eredita dai genitori il forte interesse per le scienze. Nel 1941 si iscrive alla Facoltà di Agraria a Torino.
  • Nel frattempo si arruola nel PCI e si iscrive alla Facoltà di Lettere di Torino, dove si laurea nel 1947. Nello stesso anno debutta nel suo ruolo di scrittore: pubblica presso la casa editrice Einaudi “Il sentiero dei nidi di ragno”.
  • Nel 1957 abbandona definitivamente il PCI, in cui non vedeva più rispecchiati i suoi ideali.
  • A partire dal 1967 si trasferisce a Parigi. Si accosta allo strutturalismo e all’Oulipo.
  • Nel 1980 si stabilisce a Roma con la famiglia. Muore il 19 Settembre 1985 per un’emorragia celebrale.

La letteratura di Italo Calvino può essere riassunta in tre fasi. Come altri scrittori della sua generazione, anche Italo Calvino esordisce come autore di guerra, raccontando l’esperienza della Resistenza. Si può quindi individuare una prima fase Neorealista anche se già si notano caratteristiche originali. Ad esempio nel suo primo romanzo, “Il sentiero dei nidi di ragno” (1947), Calvino decide di mostrare la realtà della Resistenza attraverso gli occhi di un bambino. Dagli anni Cinquanta, Calvino opera una svolta verso la letteratura fantastica. Tale scelta si concretizza nella trilogia “I Nostri Antenati”, in cui l’autore mescola elementi fantastici all'ambientazione storica. Negli stessi anni, Calvino milita nel PCI e si dedica anche alla stesura di opere in cui descrive l’Italia del dopoguerra e del boom economico. A partire dalla seconda metà degli anni Sessanta, si apre una nuova fase, in cui Calvino scrive i suoi testi più noti. Influenzato dallo Strutturalismo e dall’Oulipo, la letteratura di Calvino diventa un’operazione combinatoria, infinitamente aperta, in cui la tipica conoscenza critica e l’ironia del suo stile svelano la ferma volontà di Calvino di voler indagare il “labirinto” della realtà, senza però smarrirsi in esso. In questa fase strutturalista, prima Calvino indaga il reale attraverso l’ausilio della scienza, a lui sempre stata cara, con “Le cosmicomiche” (1965) e poi attraverso il gioco dei possibili narrativi, con “Il castello dei destini incrociati” (1973) e “Se una notte d’inverno un viaggiatore” (1979).

Le Cosmicomiche

Nel 1965 esce la raccolta di racconti “Le cosmicomiche”. In quest’opera Italo Calvino unisce i suoi interessi scientifici a quelli letterari, accomunati da un problema di fondo: il bisogno inesausto dell'uomo di conoscere e comprendere il mondo. Con “Le cosmicomiche", Calvino traduce in forme narrative ipotesi scientifiche sull’origine e l’organizzazione del cosmo e l’evoluzione della vita. Il titolo inoltre mostra la capacità dell'autore di sintetizzare due generi letterari, affiancando al racconto fantascientifico la prospettiva comica. Lo scenario dei racconti è quello di un universo antecedente alla comparsa dell’uomo, in cui i protagonisti scelti dall’autore assumono forme umanizzate e vengono modellati con riferimento alla realtà più quotidiana e banale, in cui non mancano ovviamente sottili riferimenti alla contemporaneità. Il carattere comico di quest’opera nasce quindi dall'attrito che i complessi concetti scientifici alla base delle vicende generano con la loro traduzione in termini quotidiani in cui vengono narrate.

Protagonista di tutti i racconti è Qfwfq, personaggio il cui nome impronunciabile e palindromo richiama un essere bizzarro e misterioso e che è perenne presenza nel cosmo, partecipando a tutte le vicende del mondo.

“Le cosmicomiche” possono essere considerate come una storia dell’universo dalla sua creazione e nelle sue continue modificazioni, un “De rerum natura" moderno. Si configura come una cosmogonia e al tempo stesso come una metafora dell’esistenza, perché ciò che intende analizzare Calvino, attraverso le storie sull’universo e sul mondo, è proprio l’uomo contemporaneo.

Nel 1984 venne pubblicata una raccolta riassuntiva, “Cosmicomiche vecchie e nuove”, che riuniva i racconti del 1965 e di “Ti con zero”, del 1967.

La Forma Dello Spazio

Nella cosmicomica “La forma dello spazio” tutti i personaggi si trovano a “cadere” alla stessa velocità lungo linee parallele. Qfwfq nota che le linee su cui viaggiano sono sì rette, ma intrecciate come “righe di scrittura corsiva tracciate su una pagina bianca” L’improvvisa consapevolezza offre al protagonista l’occasione di sovrapporsi alla linea dell’amata, Ursula H’x, e appartarsi con lei in una nicchia dello spazio. La cornice scientifica di questo racconto, come anticipa l’introduzione stessa alla cosmicomica, è la Teoria della Relatività Generale di Einstein.

La teoria dello scienziato Premio Nobel è un interessante caso di rivoluzione nella fisica anticipata dai salti conoscitivi della matematica. Il quinto postulato di Euclide, “il postulato delle parallele”, annuncia:“ per un punto P esterno a una retta r passa una unica parallela alla retta r”. La geometria euclidea insegnata a scuola è la geometria dello spazio tridimensionale “piatto”, i cui enti primitivi sono il piano, la retta, il punto. Il quinto postulato non sarebbe più valido se si provasse a traslare la geometria del piano a su una superficie curva. L’esistenza stessa delle geometrie non-euclidee si fonda sulla sua negazione. La straordinaria visione di Einstein prevede infatti che i raggi luminosi nello spazio non viaggino lungo traiettorie rettilinee, ma siano deviati dalla presenza dei corpi celesti. In questa descrizione, la gravità non è una forza che agisce a distanza tra i corpi, ma l’effetto della deformazione dello spazio causata dalla massa stessa dei corpi. Si può immaginare questa curvatura come la conca provocata da una biglia su un telo sospeso, e la gravità come l’effetto che questa curvatura avrebbe se si appoggiasse sul telo una seconda biglia.

La pubblicazione della Teoria della Relatività segna l’inizio di un nuovo mondo, un mondo incerto, più poiché le verità su cui si fondava la società del tempo erano state smantellate. Vivere senza più certezze assolute - Nietzsche ne è ben consapevole - richiede coraggio: un coraggio che perlopiù gli esseri umani ancora non possiedono, perché significa vivere in assenza di verità rassicuranti. La scomparsa della verità non è però un evento soltanto terrificante, ma anche emancipatorio per l'essere umano, perché apre spazi inesauribili alla sua volontà trasformatrice. E proprio questa visione nietzscheana di un uomo capace di costruire, di creare nuovi valori e nuove verità, ha incontrato nel Novecento un grande successo, diventando uno dei dogmi del pensiero postmoderno.

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