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"Ciaula Scopre La Luna"
Di Luigi Pirandello (Novelle per un anno)
"Ciàula stava a rivestirsi per ritornare al paese.
Rivestirsi per Ciàula significava togliersi prima di tutto la camicia, o quella che un tempo era stata forse una camicia: l’unico indumento che, per modo di dire, lo coprisse durante il lavoro."
"I picconieri, quella sera, volevano smettere di lavorare senz'aver finito d'estrarre le tante casse di zolfo che bisognavano il giorno appresso a caricar la calcara."
( rr. 1-3)
"Nelle dure facce quasi spente dal bujo crudo delle cave sotterranee, nel corpo sfiancato dalla fatica quotidiana, nelle vesti strappate, avevano il livido squallore di quelle terre senza un filo d'erba, sforacchiare dall zolfare, come da tanti enormi fomicai"
( rr. 31-34)
Ciaula è una novella che venne pubblicata nel 1907.
Nella vicenda viene rappresntato il quando a casa di Zi'Scarda perche era buio, molto più importante allla fine della novella fuori della miniera, buio.
"Va', va' a rispogliarti,-gli disse Zi'Scarda. -Rimettiti il sacco e la camicia. Oggi per noi il signore non fa notte."
(rr. 98-99)
"Per un momento la paura del bujo della notte fu vinta dalla costernazione che,così caricato, e con la stanchezza che si sentiva addosso, forse non avrebbe potutoo arrampicarsi fin lassù."
(rr. 170-172).
"Ma no: zi’ Scarda, fisso in quel suo strano atteggiamento, non si burlava di loro, né faceva una smorfia a Cacciagallina. Quello era il versaccio solito, con cui, non senza stento, si deduceva
pian piano in bocca la grossa lagrima, che di tratto in tratto gli colava dall’altro oc-
chio, da quello buono. Aveva preso gusto a quel saporino di sale, e non se ne lasciava scappar via neppure una.
Poco: una goccia di tanto in tanto; ma buttato dalla mattina alla sera laggiú, duecento e piú metri sotterra, col piccone in mano, che a ogni colpo gli strappava come un ruglio
di rabbia dal petto.......Gli altri, chi il vizio del fumo, chi quello del vino; lui aveva il vizio della sua lagrima."
"Cosa strana; della tenebra fangosa delle profonde caverne, ove dietro ogni svolto stava in agguato la morte, Ciàula non aveva paura; né paura delle ombre mostruose, che qualche lanterna suscitava a sbalzi lungo le gallerie, né del subito guizzare di qualche riflesso rossastro qua e là in una pozza, in uno stagno d’acqua sulfurea: sapeva sempre dov’era; toccava con la mano in cerca di sostegno le viscere
della montagna: e ci stava cieco e sicuro come dentro il suo alvo materno.
Aveva paura, invece, del buio vano della notte. Conosceva quello del giorno, laggiú, intramezzato da sospiri di luce
di là dall’imbuto della scala, per cui saliva tante volte al giorno, con quel suo specioso arrangolío di cornacchia strozzata. Ma il buio della notte non lo conosceva."
"Era del sacco lacrimale malato e non di pianto, quella lagrima; ma si
era bevute anche quelle del pianto, zi’ Scarda, quando, quattr’anni
addietro gli era morto l’unico figliuolo, per lo scoppio d’una mina, lasciandogli sette orfanelli e la nuora da mantenere. Tuttora gliene veniva giú qualcuna più salata delle altre; ed egli la riconosceva su-
bito: scoteva il capo, allora, e mormorava un nome:
«Calicchio...» "
"Bum!" fece uno dal fondo della buca. "Bum!" echeggiarono parecchi
altri; e con risa e bestemmie e urli di scherno fecero impeto, e chi dando una gomitata, chi una spallata, passarono tutti, meno uno."
Il testo è caratterizzato da:
"Nelle dure facce quasi spente
dal bujo crudo"
(p. 2)
"Conosceva quello del giorno, laggiú, intramezzato da sospiri di luce,
di là dall’imbuto della scala, per cui saliva tante volte al giorno,
con quel suo specioso arrangolío di cornacchia strozzata. Ma il
buio della notte non lo conosceva."
(p. 4)
"Grande, placida, come in un fresco, luminoso oceano di silenzio, gli
stava di faccia la Luna. Sí, egli sapeva, sapeva che cos’era; ma come tante cose si sanno, a cui non si è data mai importanza. E che poteva importare a Ciàula, che
in cielo ci fosse la Luna? Ora, ora soltanto, così sbucato, di notte, dal ventre della terra, egli la scopriva. Estatico, cadde a sedere sul suo carico, davanti alla buca. Eccola, eccola, eccola là, la Luna... C’era la Luna! La Luna! E Ciàula si mise a piangere, senza saperlo, senza volerlo, dal gran
conforto, dalla grande dolcezza che sentiva, nell’averla scoperta, là,
mentr’ella saliva pel cielo, la Luna, col suo ampio velo di luce, ignara dei monti, dei piani, delle valli che rischiarava, ignara di lui, che
pure per lei non aveva piú paura, né si sentiva piú stanco, nella notte ora piena del suo stupore."
(p. 6)
"Cràh! Cràh», rispose anche quella sera al richiamo del suo padrone;
e gli si presentò tutto nudo, con la sola galanteria di quel panciotto
debitamente abbottonato."
(pg.3)
«Gna bonu!» (Va bene).
(pg.3)
"Grande, placida, come in un fresco, luminoso oceano di silenzio, gli
stava di faccia la Luna."
(p. 6)
"S’era messo a tremare, sperduto, con un brivido per ogni vago alito
indistinto nel silenzio arcano che riempiva la sterminata vacuità ove un brulichío infinito di stelle fitte, piccolissime, non riusciva a diffondere alcuna luce. Il bujo, ove doveva esser lume, la solitudine delle cose che restavanlí con un loro aspetto cangiato e quasi irriconoscibile, quando piú nessuno le vedeva, gli avevano messo in tale subbuglio l’anima smarrita, che Ciàula s’era all’improvviso lanciato in una corsa pazza, come se qualcuno lo avesse inseguito."
(p. 4-5)
"Estatico, cadde a sedere sul suo carico, davanti alla buca. Eccola, eccola,
eccola là, la Luna… C’era la Luna! La Luna!"
(p. 6)