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Dal lat. labyrinthus, voce di origine preellenica:
1. Nome di alcune leggendarie costruzioni architettoniche dell’antichità, di struttura ingegnosa e talmente complicata, per intreccio di stanze, corridoi, gallerie, da rendere assai difficile l’orientamento e quindi l’uscita a chi vi fosse entrato: il labirinto di Creta, quello costruito, secondo il mito, da Dedalo per il Minotauro, il mostruoso figlio di Minosse.
2. Per estensione, qualsiasi edificio o complesso di edifici in cui sia difficile orientarsi.
Niccolò Macchiavelli
Il Principe è un'operetta molto breve, scritta in forma coincisa, incalzante e densissima di pensiero. Si articola in ventisei capitoli che recano dei titoli in latino e si dividono in diverse sezioni.
In questo capitolo, Macchiavelli punta la sua attenzione sulla fondazione dei principati nuovi grazie alla "virtù" del principe e mediante l'utilizzo di "armi proprie". Il tema è illustrato attraverso i casi esemplari di grandi uomini dell'antichità, indicati al principe nuovo come modelli da imitare: si tratta di personaggi virtuosi ed eccezionali, che seppero trarre profitto dalle loro qualità personali sfruttando a proprio vantaggio la contingenza storica e conducendo a buon esito le loro imprese con il ricorso alla forza. Questi illustri personaggi sono quattro: Mosè, Ciro il Grande, Teseo e Romolo.
Ciro il Grande
Romolo
Teseo
Mosè
Il labirinto di Cnosso è un leggendario labirinto, che secondo la mitologia greca fu fatto costruire dal re Minosse sull'isola di Creta per rinchiudervi il mostruoso Minotauro, nato dall'unione della moglie del re, Pasifae, con un toro.
Era un intrico di strade, stanze e gallerie, costruito da Dedalo con il figlio Icaro, i quali, quando ne terminarono la costruzione, vi si trovarono prigionieri. Dedalo costruì delle ali, che attaccò con la cera alle loro spalle, ed entrambi ne uscirono volando.
Quando Androgeo, figlio di Minosse, morì ucciso da alcuni ateniesi infuriati perché aveva vinto troppo ai loro giochi disonorandoli, Minosse decise, per vendicarsi, che la città di Atene, sottomessa allora a Creta, dovesse inviare ogni nove anni sette fanciulli e sette fanciulle ateniesi da offrire in pasto al Minotauro, che si cibava di carne umana.
Questo avvenne finché Teseo, eroe figlio del re ateniese Egeo, si offrì di uccidere il mostro. Quando il giovane arrivò a Creta, Arianna, la figlia di Minosse e Pasifae, si innamorò di lui e lo aiutò a ritrovare la via d'uscita dal labirinto dandogli un gomitolo rosso che, srotolato, gli avrebbe permesso di seguire a ritroso le proprie tracce. Infatti, Teseo uccise il Minotauro e guidò gli altri ragazzi ateniesi fuori dal labirinto, grazie al filo che Arianna gli aveva dato e che lui aveva lasciato scorrere lungo il percorso. Teseo aveva promesso al padre che al suo ritorno avrebbe innalzato la vela bianca, al posto di quella nera d'andata, mentre se non fosse riuscito nell'impresa i suoi marinai avrebbero dovuto issare la vela nera. Teseo se ne dimenticò, così il padre vedendo all'orizzonte la vela nera si buttò in mare uccidendosi, nelle acque che oggi prendono proprio il suo nome, quelle del Mar Egeo.
Ludovico Ariosto
Dalla struttura narrativa dell'Orlando Furioso emerge l'immagine di un reale labirinto, infinitamente vario e molteplice, mutevole e imprevedibile. Ma l'impressione che il poeta rende non è quella del disordine, del caos informe; anzi, l'immagine che si ricava è quella di un cosmo perfettamente ordinato e armonico.
Caratteristica fondamentale dell'opera è il continuo intrecciarsi delle vicende dei diversi personaggi che vanno a costituire molteplici fili narrativi tutti armonicamente tessuti insieme. La trama è convenzionalmente riassunta intorno a tre vicende principali, emblemi anche del sovrapporsi nel poema di diversi generi letterari: in primis la linea epica della guerra tra musulmani (Saraceni) e cristiani che fa da sfondo all'intera narrazione e si conclude con la vittoria cristiana in seguito allo scontro tra gli eroi avversari.
La vicenda amorosa si incentra invece sulla bellissima Angelica, in fuga da numerosi spasimanti, tra i quali il paladino Orlando, di cui viene sin dalle prime ottave preannunciata la pazzia, portando all'estremo la dimensione del cavaliere cristiano della Chanson de geste votato alla fede. Le inchieste dei vari cavalieri per conquistare Angelica si rivelano tutte vane, dal momento che la donna sposerà il musulmano Medoro causando la follia di Orlando e l'ira degli altri cavalieri.
Il terzo motivo, quello encomiastico o celebrativo, consiste nelle peripezie che portano alla realizzazione dell'amore tra Ruggiero, cavaliere pagano erede del troiano Ettore, e Bradamante, guerriera cristiana, che riusciranno a congiungersi solo dopo la conversione di Ruggiero al termine della guerra: da questa unione discenderà infatti la Casa d'Este.
Il palazzo di Atlante è forse l'immagine più rappresentativa del poema; un labirinto dove i cavalieri restano intrappolati, in un vorticoso meccanismo di specchi e di inseguimento di immagini vane e inafferrabili. Tutto il canto XII è costruito attraverso una fitta rete di richiami intertestuali: sia nel parallelo tra Orlando e Ruggiero, entrambi impegnati in una vana inchiesta amorosa, sia nei rimandi al primo canto del poema. Ruggiero giunge nel castello dopo aver perso Angelica, all'inseguimento della vana immagine di Bradamante; Orlando credendo di vedere Angelica portata via da un cavaliere sconosciuto. Proprio la donna amata dal paladino renderà per un momento vano anche l'incanto di Atlante nella sua reale apparizione, liberando dal meccanismo lo stesso Orlando, Sacripante e Ferraù. Gli altri cavalieri rimarranno imprigionati fino alla successiva liberazione da parte di Astolfo, ancora una volta grazie all'ausilio della magia e del libro che scioglie tutti gli incantesimi donato da Logistilla al duca d'Inghilterra
Isola di San Giorgio Maggiore, Venezia
VR di Adrian Fisher
Fontanellato, Parma