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L’Ira è solitamente rappresentata da un/una giovane perché perdere il controllo di sé, mostrandosi vendicativi verso qualcosa o qualcuno, è tipico di questa età, quando ancora non si è raggiunta una piena consapevolezza di se stessi.
L'Ira è una figura femminile che nella follia della rabbia si straccia le vesti scoprendosi il petto e inclinandosi con bestiale irresponsabilità.
La Lussuria è ritenuto un vizio molto grave soprattutto nel Medioevo: si tratta di un attaccamento eccessivo ai beni terreni e, in particolare, alla carnalità. Nel Rinascimento, la gravità di questo vizio diminuisce in quanto per l’Uomo è finalmente ammesso un appagamento dei sensi.
Hieronymus Bosch, Lussuria, in Trittico del giardino delle Delizie, 1485, Madrid, Museo del Prado
I numerosi personaggi rappresentati sulla scena del dipinto sono modellati con un disegno che mette in risalto una forte caratterizzazione fisica. Si può dire che le fisionomie sono di tipo espressionista. Il chiaroscuro agisce in modo molto debole sui corpi, anzi, è quasi del tutto assente e le figure vengono definite tramite campiture chiare in contrasto con l’ambiente.
Le proporzioni dei corpi sono distanti da quelle classiche rinascimentali e non è presente alcuna ricerca di bellezza ideale. La presenza di tante figure sulla scena, oltre ad essere motivata dal soggetto, è sintomatica dell’utilizzo dell’horror vacui. Questa tendenza, traducibile con “paura del vuoto“, che consiste nel riempire ogni spazio del dipinto con figure o particolari.
Giotto, Ira, 1306 ca., Cappella degli Scrovegni, Padova
Si sente in relazione a un bene o una qualità posseduta da un altro, si prova dispiacere e astio per non avere noi quel bene e a volte un risentimento tale da desiderare il male di colui che ha quel bene o qualità;
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La Superbia, è il peccato di ritenersi superiori a tutto, anche alle leggi. Essa è la radicata convinzione della propria superiorità, reale o presunta, che si traduce in atteggiamento di altezzoso distacco o anche di ostentato disprezzo verso gli altri
L’opera di Botticelli intitolata Calunnia è una rappresentazione in forma allegorica di comportamenti e meschinità umane, tra cui anche l’invidia. Realizzato durante la sua crisi spirituale Botticelli attaccò la corruzione della Chiesa e invitava tutti a pentirsi prima del giudizio divino.
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Sandro Botticelli, Calunnia, 1494
Nell'opera di Bosch la Superbia è rappresentata come una donna di spalle intenta a provarsi un'acconciatura, mentre un diavolo le regge lo specchio.
Derivante più precisamente dall'etimologia latina avaritia, collegata all'avidità della fame: cupidigia, avidità, costante senso di insoddisfazione per ciò che si ha già e bisogno sfrenato di ottenere sempre di più.
Nel dipinto l’invidia è strettamente legata alla Calunnia, rappresentata come una bellissima ragazza, che tira per i capelli un calunniato. Dietro di lei, troviamo Insidia e Frode. Mentre sulla sinistra, discostate da tutto, sono raffigurate il Rimorso, come donna anziana, e la Nuda Veritas, con il dito rivolto al cielo, ad indicare l’unica giustizia, ovvero Dio.
Nell' opera di Lorenzetti il Cattivo Governo è raffigurato come un uomo vestito di nero e con le corna (evidente simbolo del demonio), circondato dalle rappresentazioni allegoriche della Crudeltà, della Discordia, della Guerra, della Perfidia, della Frode, dell’Ira, della Tirranide, dell’Avarizia, della Superbia e della Vanagloria.
Gli esiti del buono e del cattivo governo, Ambrogio Lorenzetti, 1338-1339
Hieronymus Bosch, Superbia, in I Sette peccati capitali, olio su tavola (120×150 cm), 1500-1525, Museo del Prado di Madrid
L' Accidia è un torpore dell’anima e della mente, misto alla malinconia ed alla noia che non permette di agire. Spesso, questo vizio è associato alla Povertà, perché procurata dall’incapacità di operare, ed alla vecchiaia perché l’Accidia è uno stato d’animo tipico di quest’età.
Chiara Picarelli
L'Accidia è simboleggiata da un personaggio che dormicchia in un'abitazione accogliente, davanti a un camino, mentre la Fede, nelle sembianze di una suora, gli appare in sogno per ricordargli i suoi doveri di preghiera.
Hieronymus Bosch, Accidia, in I Sette peccati capitali, olio su tavola (120×150 cm), 1500
La Gola è il desiderio eccessivo di mangiare e di bere. L’ingordigia è considerato uno dei vizi capitali perché si oppone alla virtù della modestia ed alla povertà: i poveri non possono permettersi di mangiare molto, perciò, soprattutto nel Medioevo, la Gola è considerata un’ingiustizia sociale.
Hieronymus Bosch, Gola, in I Sette peccati capitali, olio su tavola (120×150 cm), 1500
Villa dei Misteri
Una descrizione dei vizi capitali comparve già in Aristotele, che li definì gli "abiti del male". Al pari delle virtù, i vizi deriverebbero infatti dalla ripetizione di azioni, che formano nel soggetto che le compie una sorta di "abito" che lo inclina in una certa direzione o abitudine. Ma essendo vizi, e non virtù, tali abitudini non promuovono la crescita interiore, nobile e spirituale, ma al contrario la distruggono.
L'elenco dei vizi fu quindi analizzato dal primo Cristianesimo ad opera dei primi monaci, tra cui Evagrio Pontico e Giovanni Cassiano. A Evagrio si deve la prima classificazione dei vizi capitali, e dei mezzi per combatterli. In particolare, egli individuò i sette "spiriti o pensieri malvagi" (logismoi): gola, lussuria, avarizia, ira, accidia, invidia e superbia.