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a cura di Chiara Perillo Scarpato e Francesca Pellerito
In Italia, non essendoci il pieno riconoscimento giuridico e sociale dei genitori omosessuali e dei loro figli, è importante, se non fondamentale, il ruolo dei servizi. Essi possono essere una risorsa per sostenere la genitorialità di lesbiche, gay e il benessere dell'intera famiglia.
la Legge Cirinnà, approvata nel 2016 che riconosce diritti alle coppie conviventi di uomini gay e donne lesbiche. ma non riconosce nè la cosiddetta stepchild adoption – ovvero l'adozione del figlio del partner – nè l'accesso alle coppie omosessuali all'adozione legittimata. In sintesi, perciò, oggi un genitore senza legami biologici con il figlio, non gode di alcun diritto nei suoi confronti.
"buona famiglia"
Perciò i servizi non sono apertamente omofobi, ma tendono a manifestare un minore intervento professionale alle famiglie che non considerano "tradizionali". Infatti, inconsapevolmente, creano un preciso ordine gerarchico che pone in cima la "famiglia ideale" e usano questo ideale di famiglia perfetta come "lente" con cui filtrare il loro rapporto con tutti gli altri generi di famiglia. Di conseguenza, questo filtro, crea un'impossibilità di porsi in relazione e ascolto con famiglie che non rispecchiano quell'ideale di perfezione.
nonostante in italia molte ricerche confermano che la capacità di fare il genitore non e' correlata dall'orientamento sessuale, ci sono ancora molti pregiudizi o "stereotipi", che toccano principalmente i ragazzi/e LGBT, che soffrono molto questa discriminazione omotranfobica.
Questo tipo di discriminazione nasce dal senso comune che tende a marcare le differenze tra gruppi, in questo caso tra eterosessuali e omosessuali, e a dare valori postivi e famigliari alla maggioranza, e valori sconosciuti e confusi, alla minoranza. La discriminazione arriva di conseguenza, perchè non si afferma apertamente l'inferiorità della minoranza, ma semplicemente si registra una maggiore adeguatezza sociale alla maggioranza
La ricerca è stata fatta in Emilia-Romagna e Veneto tra aprile e dicembre 2018 dal team dell’Università di Verona e da quello Agenzia Sanitaria e Sociale della Regione Emilia-Romagna
il Focus group 3 ha coinvolto professionisti/e in ambito educativo, a livello sia di coordinamento che operativo
il Focus group 2 ha coinvolto professionisti/e in ambito sociale e sanitario che lavorano a un livello operativo;
Il Focus group 1 ha coinvolto professionisti/e in ambito sociale e sanitario, impegnati/e a livello di management e coordinamento;
Obiettivo dei focus è stato esplorare gli immaginari che operatori e operatrici hanno sui genitori omosessuali e sul proprio lavoro con questa popolazione.
Il primo elemento riguarda L'USUALITA' dei servizi ,Ovvero i servizi costruiscono le proprie pratiche e i propri strumenti sulle coppie eterossessuali, perchè sono loro che si aspettano di dover aiutare: i genitori gay non sono "l'utenza" che gli operatori si immaginano.
"Una coppia di ragazze ha fatto l’istruttoria per il riconoscimento di adozione in casi particolari per i figli di una delle due […] è stata chiesta la valutazione dell’idoneità e ci siamo trovati che la psicologa e l’assistente sociale non se la sono sentita di fare l’istruttoria per queste due ragazze. […] quindi noi avevamo un problema di pregiudizio […] abbiamo dovuto trovare un’altra equipe che facesse la stessa cosa, poi delle operatrici si sono proposte, psicologa e assistente sociale del polo […] e noi l’abbiamo fatto presente alla nostra dirigente il fatto che non tutti siano aperti rispetto a questa cosa. "
Assistente sociale, coordinatrice Centro per le famiglie, Focus group 2
Educatrice 1: A noi son capitati tanti genitori unici, però non è che mi è mai venuto in mente a me o alla mia collega che potessero essere… però penso che te ne accorgi se vengono due persone e hanno una frequentazione come se fosse… come se il bambino fosse il figlio o la figlia, no?
Educatrice, asilo nido, Focus group 3
Il secondo elemento ricorrente dei focus group è proprio il ruolo che l'organizzazione dei servizi che
copre nel riconoscere e accogliere queste famiglie
I servizi sono un po’ una catena di montaggio […] faccio l’esempio di una banalità, l’ecografia in gravidanza, l’ecografia da noi ha una tempistica molto serrata e c’è un atteggiamento proprio di far entrare la donna con una persona che la può accompagnare, però si ferma lì. Quindi se c’è una famiglia che ha bisogno di una visione… di visione larga che non è quella eterosessuale… non sempre riesce ad inserirsi. (Ostetrica, Focus group 2 )
In questa seconda parte, si rileva come gli strumenti stessi siano pensati solo per gli eterosessuali il che rende molto difficile per gli operatori rilevare quelli che sono i bisogni particolari per le famiglie omogenitoriali. Il che, per conseguenza naturale, disincentiva gli stessi operatori ad avere un atteggiamento attivo nei confronti di tutti i genitori, sia che siano etero, sia che siano gay o lesbiche, preferendo quindi un "don't ask, don't tell".
"si predilige il silenzio"
"Noi abbiamo lavorato sui moduli e sulla prima accoglienza, quando le educatrici fanno il colloquio con te, tu non ti trovi scritto padre madre, ma al tempo stesso la mia collega che gestisce le iscrizioni al nido mi ha detto «non ci pensare proprio che tolga padre madre perché devo inserirli nel sistema e nel programma mi serve che ci siano scritti padre e madre», quindi dentro allo stesso servizio, e torniamo alla sensibilità individuale. […] Ci deve essere anche una coerenza istituzionale." Responsabile servizi socio-educativi, Focus group 2
"Lo stacco che vediamo non è tanto che il servizio idealizza la coppia eterosessuale, ma tante volte è «se si presenta una donna single che dice questa è la mia amica» è tutto più facile. Il servizio ha una modalità di funzionamento che non ha l’elasticità sufficiente per gestire una situazione di questo tipo. Che non significa per forza che ci sia una discriminazione, ma che ci portiamo dietro un foglio di word da vent’anni che nessuno si mette a cambiare. "
Funzionario, coordinamento servizi socio-sanitari, Focus group 1
Se da un lato i servizi sono abituati ad una società ancora fortemente basata su ruoli di genere predefiniti, dall'altro lato i cambiamenti vengono percepiti in maniera più forte quando si tratta di genitori omosessuali
"[...]"c’è stato un cambiamento dagli anni ’80 ad adesso… noi vediamo che ci sono i papà mammo, le mamme manager però comunque sono dentro dei ruoli che sono ben registrati nella nostra mente, che sono chiari perché con quelli ci siamo cresciuti, con quelli ci hanno educato. Qua invece ti spiazza il fatto che essendo dello stesso sesso… Cosa facciamo qua? Come ti chiamiamo qua? Cosa fai tu? Che ruolo fai tu? "
Coordinatrice pedagogica, asilo nido, Focus group 3
In queste interviste notiamo che c'è una vera e propria difficoltà da parte dei saperi esperti nel distaccarsi dai ruoli di genere delle coppie eterossesuali, quindi ancora più difficile risulta tradurre questi ruoli all'interno di coppie omosessuali. Quindi ci ritroviamo questi saperi esperti, che dovrebbero fungere da bussola per operatrici e operatori, che invece si trasformano in un vincolo.
Per fortuna ci sono anche dei contesti diversi, ci sono dei saperi cotruiti proprio sull'incontro con utenze diverse. In particolare i servizi educativi si confrontano spesso con famiglie straniere e i loro bambini, il che ha "allenato il servizio alle differenze".
"Rispetto alle famiglie omogenitoriali chi è il mediatore culturale? Il mediatore culturale siamo noi… oppure le famiglie stesse, cioè se io conoscessi qualcuno che è gay gli chiederei facciamo così o facciamo cosa? "[...]"
Educatrici, asilo nido, Focus group 3
"Mi fa venire in mente i primi anni con i bambini africani la fatica che facevamo per spiegargli che
non potevamo lasciare i bambini alle varie persone che venivano a prenderli, ed è lì che ci hanno spiegato il concetto di mamma esteso a tutta la famiglia. "
Educatrici, asilo nido, Focus group 3
Un ulteriore risorsa è il ruolo dei servizi stessi nella costruzione dei nuovi saperi:
"Bisogna rovesciare il paradigma… tutti hanno osservato, hanno visto e ci hanno raccontato e noi abbiamo studiato, abbiamo preso, siamo andate a vedere se era vero. Ora […] è il momento maturo che siamo noi stessi […]. Allora rovesciamo il paradigma: siccome voi [ricercatrici] non avete ragazzi [figli di coppie omosessuali] che hanno trent’anni adesso, siamo noi che osserviamo e diamo il materiale sul quale studiare, perché le educatrici che verranno dopo di me avranno i dati sul nostro contesto. "
Educatrice, asilo nido, Focus group 3
L'equity literacy
NUOVA REALTA'
stereotipi