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le narratrici
La dedica che Boccaccio fa alle donne, nel proemio dell'opera,
comporta una riflessione circa il pubblico verso il
quale il Decameron è indirizzato. Esaminando nella fattispecie il contenuto del Proemio, l'autore
confessa di aver provato in gioventù un nobile ed alto amore che gli ha causato forti sofferenze, non imputabili alla crudeltà della donna
amata, ma agli ardori ed appetiti sensuali poco e mal regolati dalla
ragione; nella fase matura della sua vita, ormai libero dai lacci di
amore, egli, avendo compassione degli afflitti, può dare il suo
contributo per cercare di alleviare quegli stessi tormenti da lui patiti in
passato. Il suo conforto è intenzionalmente indirizzato ai soggetti che
soffrono maggiormente le pene amorose:
"e chi negherà questo, quantunque egli si sia, non molto più alle vaghe
donne che agli uomini convenirsi donare?"
La categoria a cui si rivolge in modo privilegiato è quella delle donne,
apostrofata con un aggettivo che le
qualifica come "vaghe" ossia belle e leggiadre, ma anche, vivaci in quanto l'animo femminile
è mosso da continui ed esuberanti impulsi.
Il motivo della dedica alle donne, che tanto ha mobilitato pubblico e critica, è nondimeno un topos letterario che costituisce uno degli elementi fondanti del sistema culturale italiano.
La travolgente novità che apporta Boccaccio con la sua raccolta di novelle nei confronti della tradizione letteraria italiana non sta dunque nel fatto di rivolgersi ad un pubblico di donne, quanto nella descrizione che in queste pagine egli ne dà, restituendo un'immagine femminile niente affatto stereotipata. Le donne qui non sono rappresentate con le fattezze spirituali di un angelo né con le caratteristiche di una fera crudele, nemica dell'uomo innamorato, che fugge immersa in un paesaggio ameno, bensì sono calate nella vita quotidiana, ritratte mentre soffrono, tormentate da pensieri contrastanti che nascono dalla sentita passione amorosa. Boccaccio ci spiega che queste donne, senza poter esercitare a pieno le loro facoltà decisionali perché soggette alle volontà dei parenti, non occupano il proprio tempo in attività utili, ma stanno in ozio. In questa descrizione l'autore sembra particolarmente vicino alle donne: le donne saranno oggetto di ironia, di biasimo e vituperio, come di elogio e celebrazione.
Le donne sono meno forti degli uomini.
Le donne a cui si rivolge Boccaccio per dare loro il suo conforto attraverso le cento novelle, sono quelle che amano e che stanno in ozio, ovvero coloro le quali non svolgono alcuna concreta attività che, nel caso femminile, si traduce nel lavoro tessile. Le poverette sono compiante non solo perché sono "delicate" e quindi lievi e fragili e meno forti; ma anche perché la sorte è stata avversa nei loro confronti in quanto non è andata loro incontro con nessun sostegno.
All'interno di un contesto sociale in cui le donne erano subordinazione del genere maschile, escluse dall'educazione e dalla cultura, Boccaccio le eleva a protagoniste indiscusse delle sue novelle. Egli ha intenzione di svelare le virtù e le qualità del genere femminile a lungo sopite o propriamente rinchiuse nei ginecei greci o nelle "domi" latine.
Nel Decameron la donna acquista dignità di personaggio: non è più oggetto dipendente dall'uomo, ma diviene soggetto autonomo che può provare desiderio e non ha timore di esprimere i propri sentimenti. Questa rivalutazione del gentil sesso si riveste di singolare rilievo in quanto quello di Boccaccio è stato probabilmente il primo tentativo di assegnare importanza alle donne nella storia della letteratura.
Dunque, non c'è da meravigliarsi se uno dei temi fondamentali dell'opera boccaccesca è l'amore, emblema della figura femminile.
Fin dai primordi dell’umanità la figura femminile ha sofferto le decisioni di una società prettamente maschilista. Sono stati necessari secoli e secoli prima che la mentalità comune aprisse gli occhi, e nonostante ciò, nel XXI secolo, l’emancipazione femminile sembra, a volte, essere un’apparenza.
Le donne non sono solo lettrici e protagoniste del libro, ma anche autrici. Le donne novellatrici, infatti, sono sette: Pampinea, Filomena, Neifile, Fiammetta, Elissa, Lauretta, Emilia.
Le novelle, nella loro eterogeneità, descrivono atteggiamenti femminili ricorrenti.
-Impertinente figura femminile, capace di ottenere ciò che desidera e di rivelare una scaltrezza pari o maggiore dell’uomo, è la “ciciliana” nella novella Andreuccio da Perugia (II, 5), la bella e scaltra Madama Fiordaliso.
-Altra figura di donna che rovescia la sottomissione femminile a danno dell’uomo, è donna Brunetta nella novella di Chichibìo e la gru (VI, 4), una giovane di ceto medio-basso, intelligente, furba e insistente.
-La giovane Alibech è una donna musulmana di Gafsa in Tunisia, che attratta dal Cristianesimo decide di recarsi nel deserto della Tebaide, luogo in Egitto sinonimo di monachesimo.