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Il narratore sa quanto uno dei personaggi, di cui adotta il punto di vista: la focalizzazione è interna
In questo caso la storia è raccontata nella prospettiva soggettiva di un personaggio, scelto come narratore; egli può descrivere, quindi, solo ciò che personalmente sente, vede, sperimenta; può narrare le vicende della storia nei modi in cui egli stesso le vive e le sente; la sua conoscenza è di con seguenza parziale e soggettiva
Il narratore sa meno dei personaggi: la focalizzazione è esterna
In questo caso il narratore è posto all’esterno dei casi narrati: egli non conosce pensieri e sentimenti dei personaggi e si limita a descrivere ciò che vede dal di fuori, a registrare ciò che essi fanno e a intercettare ciò che dicono. Questo tipo di narrazione, che viene detta a focalizzazione esterna, esclude la possibilità che il narratore descriva direttamente la psicologia dei personaggi; inoltre la voce narrante non è in grado di formulare commenti e giudizi
Esiste la possibilità che al narratore sia concesso un angolo di visuale illimitato da cui gli è possibile vedere tutto; egli non ha un punto di vista circoscritto, bensì prospettive infinite. A lui è consentito osservare tutto,
da tutte le possibili angolature. La sua narrazione è detta a focalizzazione zero, in quanto, di fatto, egli non focalizza una sola area limitata, ma il suo occhio, da una posizione elevatissima, domina, conosce, scopre ogni cosa. È il narratore onnisciente.
Egli conosce le cause, gli sviluppi, le conclusioni delle azioni dei personaggi; può descrivere i loro sentimenti e narrare anche fatti che essi non possono conoscere.
Il punto di vista è “l’angolo di ripresa”, “il punto ottico” in cui l’autore colloca il suo narratore. Da tale predeterminata posizione il narratore potrà focalizzare, ossia vedere e, quindi, sapere, eterminate cose e non altre.
La focalizzazione determina una conoscenza parziale dei fatti, solo di quelli
visibili dal punto di vista immaginato dall’autore per il narratore.
Talvolta il narratore introduce nel racconto un personaggio che compie l’atto di raccontare, a sua volta, una storia. Si tratta del narratore di secondo grado.
Egli compare, quindi, quando ci troviamo di fronte a un racconto nel racconto.
Può essere un narratore interno, come l’Enea di Virgilio, a cui il narratore di primo grado fa narrare lungamente in prima persona le avventure passate, o un narratore esterno, come i novellatori di Boccaccio, che il narratore di primo grado presenta nell’atto di narrare in terza persona una serie di storie a cui non prendono parte.
Il narratore è interno quando è presente nel racconto come personaggio che narra in prima persona la storia; è detto io narrante. Può essere un personaggio principale, secondario, oppure semplicemente un testimone che ha assistito allo svolgersi degli eventi.
Quando l’io narrante racconta ciò che
gli è accaduto nel lontano passato, in un’età in cui egli era molto diverso dal presente, ad esempio un bambino o un giovinetto, allora il protagonista è detto io narrato.
Il narratore è esterno quando non figura nel racconto né come personaggio né come testimone, e descrive in terza persona le vicende, gli ambienti, le parole e i pensieri dei protagonisti.
Chi racconta la storia nel testo narrativo non è l’autore che ha materialmente
scritto il testo, ma una voce che l’autore inventa, così come inventa l’intrec-
cio, i personaggi, i luoghi e i tempi. L’autore, quando si accinge a scrivere un
racconto o un romanzo, crea anche un narratore a cui attribuisce specifi che
caratteristiche