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La programmazione economica è il mezzo per organizzare gli interventi di politica economica per realizzare uno sviluppo equilibrato del sistema, attenuando gli squilibri tra classi sociali, settori e zone diverse. Per attivare la programmazione il governo predispone un programma economico-sociale sia per l'economia pubblica che per quella privata.
Dopo la seconda guerra mondiale, la maggior parte dei paesi occidentali, soprattutto quelli industrializzati, hanno accolto principi interventisti e si sono creati dei presupposti per un nuovo sistema economico per sostituire l'economia liberista e trovare una soluzione alle crisi. Lo Stato ha adottato adeguati strumenti di politica economica a sostegno della produzione e dell'occupazione e impiegando in maniera opportuna la spesa pubblica. Alla dottrina del disimpegno è subentrata quella dell'intervento e lo Stato ha acquistato una fisionomia particolare, secondo le diverse realtà economico-sociali di ogni paese.
Il sistema economico italiano è un sistema ad economia mista. Lo stabilisce l'art.41 della Costituzione Italiana.
"L'iniziativa economica privata è libera.
Non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.
La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l'attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata con fini sociali".
La scelta di questa soluzione è dovuta a vari elementi:
la consapevolezza della presenza, sia nel sistema liberista che nel sistema collettivista, di pregi e di difetti;
la natura compromissoria della Costituzione italiana tra la sinistra che preferiva un modello di economia gestita soprattutto dallo Stato e gli esponenti del centro e della destra favorevoli alla preminenza dell'iniziativa privata.
PLURALISMO ECONOMICO
La scelta adottata dalla nostra Costituzione porta ad un pluralismo economico, ovvero alla contemporanea presenza di imprese private, pubbliche e di controlli pubblici.
PREVALENZA DELL'UTILITÀ SOCIALE
La Costituzione italiana, stabilisce che l'iniziativa economica è libera riconoscendone il ruolo positivo e il contributo al miglioramento del benessere della collettività.
Tuttavia, la stessa Costituzione fissa un limite a tale libertà.
Pertanto, se da una parte ognuno è libero di intraprendere un'attività economica, dall'altra essa non può contrastare mai con l'interesse della collettività o con l'interesse degli altri soggetti sui quali si ripercuotono le scelte dell'azienda.
Il modello di economia mista che si sviluppò in tutta l'Europa Occidentale portò L'Italia a sperimentare il più alto tasso di crescita (+7% del PIL) del continente tra il 1953 e il 1963/65. Questo ci rese il paese guida di tale modello e ci portò a definire questo momento con il nome di "MIRACOLO ECONOMICO".
Durante gli anni 2000 invece si accumulò un grande ristagno dovuto ad una mal gestione interna ( politica, burocrazia lenta, corruzione...) che unita ad una grave crisi economica internazionale definita "subprime"* causa tutt'ora la chiusura di diverse aziende.
*Nel 2008 la crisi americana del "subprime" causò un crollo delle banche e delle finanziarie che portò ad un effetto domino su scala mondiale.
il crollò delle banche portò l'Italia ad una mancanza improvvisa di liquidità che ci riconduce ad un'impossibilità di pagamento sia di fornitori che di stipendi, il tutto porta quindi all'indebitamento generale costringendo diverse aziende alla chiusura
Nonostante i notevoli successi nella prima metà del Novecento, il Giappone era ancora un Paese arretrato rispetto all'Europa occidentale, infatti nel 1950 il PIL pro capite era solo il 20% di quello degli Stati Uniti. Tuttavia, nei decenni successivi, la crescita economica gli consentì di raggiungere il 77% del PIL pro capite americano nel 1995.
Questo grande sviluppo fu causato dalla presenza di sindacati deboli, di lavoratori che avanzavano richieste modeste rispetto ai loro colleghi occidentali e dalle esportazioni che erano rese competitive dai bassi salari. Inoltre i bassi salari permisero un alto tasso di risparmio, che a sua volta permetteva al Giappone di vantare il tasso di investimento più alto dell'area OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico).
Un ultimo fattore fu caratterizzato dalla partecipazione dello stato il quale cercò di favorire la crescita tramite un avanzato sistema educativo, sostenendo la creazione di cartelli (rapporti economici tra produttori indipendenti) e riuscì a limitare le importazioni di prodotti
industriali.
L’avanguardia tecnologica è uno dei punti di forza del paese, che gode di tecnologie innovative in diversi settori, le quali stanno dando un importante contributo alla costante crescita economica del paese. Il governo sta inoltre promuovendo una politica volta a favorire gli investimenti, con lo scopo di incrementare l’economia e risollevare il paese a seguito delle conseguenze delle crisi del 2008 e dei debiti sovrani nel 2011.
Anche grazie alle politiche di incentivo all’investimento economico, il Giappone può essere casa di importanti investimenti futuri riguardanti il settore energetico e la conservazione ambientale
A CONFRONTO
-L'occupazione del Giappone si colloca tra le più alte a livello mondiale con il 72% contro quella italiana del 56%.
-La disoccupazione in Giappone è tra le più basse al mondo con il 4% mentre in Italia è pari al 12%
- la gestione del debito pubblico giapponese è gestita solo dal paese internamente, mentre il debito pubblico italiano è in gran parte gestito dalla comunità europea
dati occupazione: rapporto tra occupati e popolazione 15-64 anni
-alto debito pubblico (240% in Giappone, 130% Italia)
- crescita economica bassa
-basso indice di natalità ( circa 1,5 figli contro 2 nel resto del mondo)
- età media ( 46 anni contro i 30 mondiali)
- economia stagnante dal 2000 al 2015: crescita bassa Giappone 0,8% Italia 0%, mondo 3,5%
-investimenti diretti esteri meno dell' 1 % dal proprio PIL