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Ogni arte, ogni ricerca, ogni azione e ogni scelta sono fatte, secondo Aristotele, in vista di un fine che appare buono e desiderabile
• Il fine e il bene, dunque, coincidono
I fini delle attività umane sono molteplici, e alcuni di essi sono desiderati in vista di fini superiori
Se il sommo bene coincide con la felicità, la sua ricerca e determinazione costituiscono l’oggetto primo e fondamentale delle scienze pratiche (etica e politica):
Illusoriamente ed erroneamente la felicità viene sovente confusa con:
Se l'uomo è felice quando svolge in maniera eccellente l’attività che gli è propria, per sapere in cosa consiste la felicità è preliminarmente necessario determinare qual è il compito specifico dell’uomo
In considerazione della presenza, nell’uomo, sia della funzione razionale sia di quella appetitiva (quella vegetativa, legata alla sopravvivenza, è sostanzialmente istintuale), Aristotele ammette due virtù fondamentali:
1. Virtù etica (detta anche morale)
2. Virtù dianoetica (diánoia = intelletto)
La virtù etica consiste, di fatto, nella disposizione a scegliere il giusto mezzo adeguato alla nostra natura, quale è determinato dalla ragione, e quale potrebbe determinarlo il saggio
La virtù etica si identifica dunque con la capacità di scelta che si perfeziona e si rinvigorisce con l’esercizio (habitus) e i cui diversi aspetti costituiscono le singole virtù etiche
La principale tra le virtù etiche è la giustizia, a cui Aristotele dedica un intero libro dell’Etica nicomachea
Nel suo significato specifico, che riguarda l’agire in vista di un guadagno, la giustizia può essere:
1. Distributiva:
2. Commutativa:
Dal diritto, Aristotele distingue l’equità
Come anticipato, le virtù dianoetiche sono quelle proprie dell’anima razionale, progressivamente slegate dalla sensibilità
Poiché la felicità coincide con la virtù, la felicità più elevata coincide con la virtù più elevata
In fondo, pur essendo un'attività umana, coincide con l'attività praticata dal divino
L’uomo non deve, come alcuni dicono, conoscere in quanto uomo le cose umane, in quanto mortale le cose mortali, ma deve rendersi, per quanto possibile, immortale e far di tutto per vivere secondo quanto c’è in lui di più alto: se pure ciò è poco di quantità, per potenza e valore supera le altre cose
Aristotele, Etica nicomachea,
X, 7, 1177b
Mentre Platone non distingue tra sapienza e saggezza, con il sapiente che è anche investito della funzione di guida politica, Aristotele differenzia le due categorie:
L’etica aristotelica si conclude con l’affermazione della superiorità della vita teoretica