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Nel I sec. a.C. si sviluppò una nuova generazione di poeti, di cui Catullo è il massimo esponente, definita "poetae novi". Tale corrente poetica, per via delle sue novità morali, tematiche e stilistiche, rappresentò un'involuzione per la società Romana. Sicuramente contribuì all'ellenizzazione della cultura Romana, fatto che non andò giù a figure di spicco del tempo.
Una novità portata dai poeatae novi fu sul campo morale: la dimensione affettiva e sentimentale era posta al centro della loro poesia, contrariamente alla prassi Romana. Questo causò inevitabilmente un indebolimento del mos maiorum Romano, un disinteresse per la vita politica attiva e il gusto per l'otium, valore tipico della cultura Greca, il tutto favorito dall'avvento della filosofia Epicurea, che penetrò a Roma nel I sec. a.C.
Tra le diverse novità portate dalla poesia dei poetae novi, non mancano quelle in campo tematico e stilistico:
Questo breve carme ha la funzione di scherzoso biglietto di invito a cena per Fabulo, a cui chiede di portare con sé tutto il cibo, il vino, una bella ragazza e delle battute. Catullo dice di non avere soldi, ma gli promette in cambio un profumo molto pregiato che gli hanno regalato Venere e Cupido.
Cenabis bene, mi Fabulle, apud me
paucis, si tibi di favent, diebus,
si tecum attuleris bonam atque magnam
cenam, non sine candida puella
et vino et sale et omnibus cachinnis.
Haec si, inquam, attuleris, venuste noster,
cenabis bene; nam tui Catulli
plenus sacculus est aranearum.
Sed contra accipies meros amores
Sed quid suavius elegantiusve est;
nam unguentum dabo, quod meae puellae
donarunt Veneres Cupidinesque,
quod tu cum olfacies, deos rogabis,
totum ut te faciant, Fabulle, nasum.
Cenerai bene da me, o mio Fabullo,
entro pochi giorni, se gli dei ti saranno propizi,
se prenderai con te una buona cena
abbondante, non senza una fanciulla
splendida, e vino, e sale, e tante risate.
Se, dico, prenderai queste cose, o vecchio mio,
cenerai bene: infatti il Catullo tuo
ha un portamonete pieno di ragnatele.
Ma in cambio avrai affetto autentico
e quanto vi è di più tenero e raffinato;
infatti ti darò un unguento che Venere e Cupido
hanno donato alla mia fanciulla.
Quando tu lo odorerai, chiederai agli dei
di farti diventare tutto un naso, o Fabullo.
METRO: endecasillabi faleci
Nel carme 13, Catullo affronta diversi temi:
Nel carme 30, Catullo accusa il suo amico Alfeno di essere falso e infedele, e di averlo abbandonato nei momenti difficili. Catullo si chiede a chi si possa fidare, se anche il suo amico più caro lo ha tradito. Invoca anche la vendetta degli dei e della Fede, che faranno pentire Alfeno del suo comportamento.
Alfeno, ingrato e disonesto con gli amici,
ormai nemmeno per l’amico a te più caro avrai compassione?
Tanto che non esiti nel tradirmi, a questo punto a truffarmi?
Nemmeno le azioni sacrileghe degli uomini truffatori piacciono agli dei.
Questo lo tralasci e abbandoni me ai dispiaceri.
Dimmi, cosa possono fare gli uomini, o in chi riporre fiducia?
Sicuramente tu stesso mi consigliavi di scagliare via l’animo, malvagio,
convincendomi ad amarti come se ogni cosa per me fosse senza danno.
E ora tu stesso ti sottrai, e ogni tua parola e azione
permetti che vengano disperse dai venti e dalle nuvole dell’etere, vani.
Eppure, se tu hai scordato, non scordano gli dei; ricorda la Fedeltà,
la quale, a ora tarda, ti farà rimpiangere il tuo comportamento.
Alfene immemor atque unanimis false sodalibus,
iam te nil miseret, dure, tui dulcis amiculi?
Iam me prodere, iam non dubitas fallere, perfide?
Nec facta impia fallacum hominum caelicolis placent.
Quae tu neglegis ac me miserum deseris in malis.
Eheu quid faciant, dic, homines cuive habeant fidem?
Certe tute iubebas animam tradere, inique, me
inducens in amorem, quasi tuta omnia mi forent.
Idem nunc retrahis te ac tua dicta omnia factaque
ventos irrita ferre ac nebulas aereas sinis.
Si tu oblitus es, at di meminerunt, meminit Fides,
quae te ut paeniteat postmodo facti faciet tui.
Il carme 96 di Catullo è una poesia dedicata al suo amico Calvo, che ha perso la sua amata Quintilia. Catullo esprime il suo cordoglio e la sua solidarietà, e gli dice che l’amore sincero che c’è stato in vita non si perde con la morte.
Se qualcosa di gradito ed accetto può giungere ai muti sepolcri,
Calvo, dal nostro dolore,
da quella nostalgia con cui rinnoviamo gli antichi amori e piangiamo le amicizie già partite, certo la morte prematura di Quintilia non è di tanto dolore, in quanto gode dell'amore tuo.
Si quicquam mutis gratum acceptumque sepulcris accidere
a nostro, Calve, dolore potest,
quo desiderio veteres renovamus amores
atque olim missas flemus amicitias,
certe non tanto mors immatura dolori est
Quintiliae, quantum gaudet amore tuo.