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Sitografia Gruppi di lavoro

CASTELLI DEL TRENTINO

CASTELLO DEL BUONCONSIGLIO

Il Castello del Buonconsiglio, formato da diversi edifici addossati alle duecentesche mura cittadine, fu la residenza dei principi vescovi di Trento dalla seconda metà del XIII secolo fino alla fine del principato (1803).

Era un punto importante di controllo e di comunicazione tra l’area mediterranea ed il centro Europa.

Storia del castello

Torre Aquila

Il vescovo Giorgio di Lichtenstein collegò al castello la Torre dell'Aquila, preposta al controllo del lato orientale della città, al cui interno fece affrescare da Mastro Venceslao il celebre Ciclo del Mesi, capolavoro del gotico internazionale.

Il nucleo più antico, Castelvecchio, sorse come roccaforte militare sulla cima di un dosso roccioso intorno al mastio cilindrico - detto Torre d'Augusto - e risale alla prima metà del Duecento.

Ancora oggi nella struttura massiccia dell’edificio, nella facciata in parte realizzata con pietre squadrate a vista, si possono notare elementi difensivi come le feritoie, la porta gotica ferrata e il collegamento ottenuto sopra l’antico ponte levatoio

L'aspetto attuale di Castelvecchio si deve alle trasformazioni volute dal principe vescovo Johannes Hinderbach (1465 - 1486), che fece erigere da maestranze venete il cortile interno a loggiati sovrapposti e la grande loggia, che rese il palazzo più luminoso ed elegante.

Castelvecchio

Giunta Albertiana

La struttura architettonica del Castello rimase inalterata sino al tardo Seicento, quando il principe vescovo Francesco Alberti Poja (1677 - 1689) fece costruire la Giunta Albertiana, con la quale vennero congiunti i due corpi di fabbrica del Magno Palazzo e di Castelvecchio.

Magno Palazzo

Bernardo Cles, principe vescovo dal 1514 al 1539, affiancò all'antico edificio il Magno Palazzo, una maestosa residenza ispirata ai canoni rinascimentali, iniziando anche la costruzione di una nuova cinta muraria verso la città.

Cantine e refettorio

Nel refettorio si trovano alcuni preziosi affreschi decorativi; da qui era anche possibile accedere alle cucine e alle cantine.

Nel fossato retrostante il castello, ebbero luogo l’esecuzione capitale di Battisti, impiccato per alto tradimento e la fucilazione di Filzi e Chiesa. Il luogo, denominato Fossa dei Martiri, ospita, accanto ai tre cippi commemorativi degli irredentisti, un’epigrafe che ricorda i ventuno italiani qui fucilati durante le lotte per l’indipendenza del 1848 e le vittime dell’insurrezione trentina di quell’anno.

Fossa dei martiri

Nel corso della Prima Guerra Mondiale, il castello fu utilizzato come caserma. Nel 1916, nelle celle costruite nella loggia rinascimentale, furono imprigionati:

Prigione

Cesare Battisti

Fabio Filzi

Damiano Chiesa

Cesare Battisti è stato un giornalista, geografo, politico e irredentista italiano.

Nato a Trento quando il Trentino apparteneva all'Impero Astroungarico, direttore di giornali socialisti nella città natale, fu deputato al Parlamento di Vienna dove si batté per ottenere l'autonomia del Trentino e la costruzione di un'università italiana. Allo scoppio della grande guerra, arruolatosi volontario negli Alpini, combatté per la parte italiana.

Catturato insieme a Filzi e Chiesa dai soldati austriaci mentre combatteva nelle file dell’esercito “nemico”, nel 1916 fu portato a Trento per essere giudicato e imprigionato nel Castello.

CASTELLO DI AVIO

Storia del castello

Arroccato sulla sommità di uno sperone del Monte Vignola, il Castello di Avio o di Sabbionara domina dall’alto la Val Lagarina e il borgo di Avio. Tra i più noti castelli del Trentino, presidio militare già in epoca longobarda, fu appartenuto quasi ininterrottamente alla nobile famiglia dei Castelbarco che, nel corso del Medioevo, lo trasformò in una piccola corte feudale, meta di artisti e intellettuali. Dal 1977 il castello è un Bene del FAI, che vi ha realizzato un’attenta opera di restauro.

Video

Entrata

porta-torre coronata da merli a coda di rondine.

Mastio del XI secolo, con all’interno la stanza dell’amore ed eleganti decorazioni di gusto cortese, con strali che trafiggono il cuore di una dama elegantemente abbigliata e di un cavaliere appassionato. Amore cavalca un impetuoso destriero infondendo a tutto l’ambiente un ritmo vivace.

Mastio

Picadora

Una delle cinque torri del castello, chiamata così perché sulla terrazza venivano impiccati i condannati.

All'interno del palazzo si trova la Casa delle Guardie con gli affreschi della “parata dei combattenti”, capaci di offrire un autentico spaccato della vita cavalleresca del tempo

Palazzo baronale

Storia del castello

CASTELLO DI ROVERETO

Il Castello di Rovereto fu edificato nel XIV secolo dai Castelbarco. Esso era posto a presidio della valle dell'Adige in una posizione che permetteva il controllo del passaggio del Leno e delle vie che arrivavano a Rovereto, la Vallagarina e la Vallarsa. Da Rovereto era così possibile presidiare le comunicazioni tra l'Italia e la Germania.

Nel 1487, durante la guerra tra la Repubblica di Venezia e l’arciduca d’Austria, il castello fu assediato e gravemente danneggiato. I Veneziani lo ricostruirono e lo trasformarono in una fortezza militare con funzione difensiva, dotata di quattro possenti bastioni. Nel 1509 Rovereto passò all'Impero d'Austria, che lo controllò fino al termine della Grande Guerra. Nei secoli il castello perse importanza e venne utilizzato come ricovero per mendicanti, prigione e, infine, caserma.

Al termine della Prima guerra mondiale fu restaurato e, dal 1921, ospita il Museo storico italiano della guerra.

Cunicoli

Il castello è caratterizzato dalla presenza di numerosi cunicoli sotterranei, che collegano i vari ambienti e sistemi fortificati.

Terrapieno

In epoca medievale le mura del castello erano costruite con dei sassi ed erano più sottili e prive di feritoie per far sparare ai cannoni e di torri angolari a base quadrata. L'evoluzione tecnica in campo bellico aumentò il potere di fuoco delle artiglierie tra la fine del Medioevo e la prima età moderna. Si rese quindi necessario rivedere i sistemi di difesa muraria delle fortificazioni, dotando i muri perimetrali di possenti terrapieni, per attutire la potenza dei colpi di canone. Nel caso del castello di Rovereto venne realizzato un possente terrapieno, della profondità di alcuni metri, a difesa del fossato.

Torrione Malipiero

Il torrione, posto sull’angolo nord-ovest del castello, prende il nome dal podestà Paolo Malipiero che lo fece realizzare nel 1489. È una possente struttura organizzata su tre livelli di cannoniere. Le torri rotonde offrivano minore superficie al tiro delle artiglierie: il profilo sfuggente permetteva di deviare i colpi e il perimetro circolare riduceva il cosiddetto “angolo morto”, precluso al tiro della difesa. All’interno i torrioni offrivano capacità di manovra per le artiglierie. Dal 1925 al 1961 il torrione ha ospitato la Campana dei Caduti

Il torrione venne realizzato nel 1492 dall’ingegnere militare Jacopo Coltrino. Posto sull’angolo orientale del castello, è alto circa 25 metri e presenta quattro livelli di cannoniere. Gli oggettI attualmente qui esposti testimoniano come si combatteva tra ‘500 e ‘700: la fanteria, armata di picche, alabarde e spiedi riusciva a contrastare la cavalleria pesante. A partire dal ‘500 si diffuse l’arma da fuoco. Sui campi di battaglia il moschetto e l’archibugio si rivelarono l’arma vincente.

Torrione Marino

Foto panoramiche

CASTEL BESENO

Storia del castello

La più grande fortezza della regione, punto nevralgico a sud di Trento a guardia della Vallagarina e della strada degli altipiani di Folgaria. È noto dal 1171, legato alla famiglia dei da Beseno; passa poi nei secoli ai Castel Barco e infine ai Trapp, che nel 1972 lo donano alla Provincia autonoma di Trento.

Nel 1487 la fortezza fu testimone della famosa Battaglia di Calliano, in cui si scontrarono le truppe tirolesi e l’esercito veneziano, che fu duramente sconfitto.

Il complesso fortificato, costituito da più nuclei, subì nel tempo profonde trasformazioni: le strutture difensive medievali, in particolare, furono adattate alle nuove esigenze della guerra rinascimentale (come l'uso di cannoni).

Oggi, Castel Beseno è un museo e ospita manifestazioni culturali e rievocazioni storiche.

http://sentierodeifuochifatui.blogspot.com/2015/07/castel-beseno.html

La leggenda

La Corte d'Onore e il Bastione Sud

Il palazzo comitale domina verso sud la corte d’onore.

Qui si affacciano una serie di caseggiati che ospitavano ambienti destinati allo svolgimento della attività quotidiane: le cucine, i forni, le cantine, il pozzo e la cisterna per la raccolta dell’acqua piovana all’interno del cosiddetto “Palazzo di Marcabruno”.

Un altro caseggiato, che introduce al bastione sud, aveva forse funzioni giudiziarie. Tra i poteri dei signori del castello rientrava infatti anche quello di amministrare la giustizia: ne sono testimonianza le due anguste celle, cui si accede sul lato occidentale.

Il Primo Cortile e la Piazza Grande

La Porta Scura introduce al primo cortile, dove una costruzione, detta un tempo ajone (granaio), ospita oggi il bookshop del museo. Da qui è possibile accedere e percorrere il camminamento di ronda.

Dal primo cortile, attraverso una porta ad arc flamboyant dotata di archibugiere e caditoia, si accede alla Piazza Grande dominata dal Palazzo Comitale.

Sulla facciata è ancora riconoscibile la merlatura che coronava un antico edificio medioevale.

Alle linee di mura più esterne appartengono la prima porta in pietra e la seconda porta, dotata di un locale per il corpo di guardia; sulla destra si estende il cosiddetto “campo dei tornei”, uno spazio in realtà destinato a garantire la migliore difesa della struttura sul lato più esposto ad eventuali attacchi nemici.

Proseguendo lungo la strada che si snoda ai piedi dell’imponente fortezza edificata sulla roccia, si fiancheggia il massiccio bastione nord, costruito come gli altri nel Cinquecento.

L'ingresso e la Porta Scura

A nord del bastione si apre la terza porta, detta “scura”, un tempo dotata di saracinesca. La funzione difensiva di questo ingresso è ulteriormente sottolineata dalla sua profondità e dalla presenza di tre porte, disposte in stretta successione su un terreno in pendenza e con un’angolazione tale da impedire all’attaccante la necessaria visibilità.

Le rievocazioni storiche

ROCCA DI RIVA

La rocca fu costruita per volere del principe vescovo di Trento Altemanno nel 1124 per difendere il porto della città, punto strategico per i commerci da e verso il Trentino. Detta anche Castello nuovo, poiché nel borgo era già presente una più antica fortificazione oggi andata completamente perduta, la Rocca viene innalzata in riva al lago.

Nel Trecento, dopo la conquista della città ad opera degli Scaligeri, i Signori di Verona, la rocca fu ristrutturata e ampliata, con la possibilità di un accesso diretto dal lago e l'isolamento dalla terraferma tramite fossato, attraversabile grazie ad un ponte levatoio. L’edificio fu dotato di quattro torri angolari, una delle quali è il più antico mastio, e di edifici ad esse legati per formare un cortile interno.

Con i secoli, l'importanza militare della Rocca diminuì e venne quindi usata come residenza della corte del principato vescovile di Trento. Nell'Ottocento la Rocca venne trasformata in caserma dell'esercito nell'ambito del progetto di rafforzamento del confine tra l'Impero d'Austria e l'Italia.

Negli anni cinquanta del XX secolo all'interno della Rocca fu istituito il museo civico di Riva che tuttora vi ha sede.

Storia della rocca

La Rocca è caratterizzata da pareti di pietra o di malta, quattro torri angolari, il piccolo ponte d’ingresso sul canale.

Struttura

Video

CASTELLO DI ARCO

Video

La leggenda comincia già dalla struttura del castello: esso infatti avrebbe avuto 365 finestre, una per ogni giorno dell’anno, e cento stanze e sarebbe stato costruito, come spesso si racconta nelle leggende legate a grandi strutture misteriose come questa, ad opera del diavolo in persona ed in una sola notte.

Molte le storie legate al castello, come ad esempio nel 1266, quando un certo Ripando fu avvelenato al suo interno, oppure nel 1389, quando Antonio d’Arco fu ucciso a causa, sembrerebbe, delle sue troppe malefatte.

Nel 1447 la fortezza venne trasformata in un deposito di oro e un secolo dopo un tal Ottavio Avogadro, brigante veneziano, si impadronì del castello continuando ad accumulare ricchezze, frutto delle sue scorrerie. Ma un giorno la popolazione del luogo si ribellò al suo dispotismo ed egli venne giustiziato dopo un processo farsa.

Secondo alcune testimonianze sembra che all’interno del castello si aggiri un fantasma, non ben identificato: secondo alcuni si tratterebbe dello spettro di Antonio d’Arco, mentre per altri di quello del brigante veneziano Ottavio Avogadro.

Leggenda

Icona e simbolo della città, il Castello di Arco è riprodotto in innumerevoli codici e dipinti, fra cui, famosissimo, l’acquerello di Albrecht Dürer conservato al Louvre di Parigi.

Storia del castello

Il documento più antico in cui viene menzionato il Castello di Arco risale al 1196: Federico d´Arco, di fatto signore del castello e incaricato dell´amministrazione e della difesa del territorio, ricorda come la rocca fosse di proprietà degli abitanti della Pieve del borgo omonimo.

La fortificazione venne edificata su uno sperone roccioso a controllo della foce del Sarca e dell’alta gardesana.

La storia del castello rimane strettamente legata a quella della dinastia degli Arco, insediata in questa zona dall’imperatore Corrado di Svevia alla metà del XII secolo. Presto giunsero a scontrarsi con i Sejano per l’egemonia territoriale.

Dal Duecento fino alla fine del Quattrocento il castello affrontò due secoli di lotte, minacce e interferenze politiche. I Tirolo lo occuparono per breve tempo, ma vennero scacciati nel 1276. Il principato vescovile di Trento, effettivo proprietario della struttura, la vendette a Martino II della Scala, signore di Verona. Gli Arco riuscirono però ad ottenerla in feudo e ne mantennero l´amministazione. Quando la zona venne conquistata dalle truppe milanesi di Gian Galeazzo Visconti, gli Arco, astuti politici, si coalizzarono con quest’ultimo diventandone feudatari. Nel 1413, in seguito ad un ulteriore cambio di alleanza, riuscirono addirittura a diventare conti dell´ impero. A fine Quattrocento il castello subì un assedio da parte delle truppe veneziane, durante il quale il borgo venne distrutto, ma la fortificazione resistette.

Nel 1703, venne assediato dalle truppe del generale francese Vendôme: dopo una strenua resistenza di otto giorni il castello capitolò; le truppe francesi lo saccheggiarono e lo distrussero facendolo saltare con la polvere da sparo.

La torre grande – alta 20 metri. Un’intera parete della Torre non esiste più. Dal basso non si capisce, ma qui si scopre che quel che resta sono solo le tre pareti esterne, incredibilmente ben conservate con merli e finestre.

Torre grande

La "prigione del sasso" - ricavata nella roccia ai piedi della Torre Grande; nel Quattrocento ospitò il conte Galeazzo d’Arco per volontà del fratello e dei nipoti.

Prigione

Torre Renghera è il punto più elevato del Castello da cui la campana, la Renga, suonava per lanciare l’allarme o chiamare a raccolta. Entrare dentro la torre richiede un po’ di cautela, perché la scala è scavata nella roccia (a quanto pare, una volta per arrivare alla Renghera non c’erano scale fisse ma solo una scala di legno che, in caso di pericolo, veniva rimossa).

Torre Renghera

Alle spalle della torre Grande sorgono i resti di una torre più piccola; un suo locale ha fortunosamente mantenuto il pavimento in cotto originale e un vasto ciclo di affreschi di argomento profano del Trecento, in cui rivivono personaggi e scene di corte: dame e gentiluomini che giocano a scacchi, S. Giorgio che uccide il drago, l’investitura di un cavaliere e la dama che intreccia ghirlande di rose.

Torre affrescata

https://www.fondazionecastelpergine.eu/architettura-e-arte/

CASTELLO DI PERGINE

Castel Pergine domina dall'alto del colle Tegazzo tutta l'Alta Valsugana, tanto che si presume che questo luogo fosse la sede di un castelliere romano o addirittura di epoca retica. Trasformato nel XIII secolo in una vera e propria fortezza medievale, appartenne per tanto tempo ai duchi d’Austria. Nel 1531 Bernardo Clesio, cardinale di Trento, acquisì la Giurisdizione di Pergine e il castello rimase a lungo proprietà dei Principi Vescovi di Trento.

Storia del Castello

Nel 900 il castello venne ristrutturato, acquistato e trasformato in parte in un albergo e in parte in un museo. Nel 2018 il maniero è stato rilevato dalla Fondazione CastelPergine Onlus, diventando il primo bene storico d'Italia di proprietà collettiva.

Torre Grande

È la parte più antica, il mastio, costruita sul punto più elevato del colle. È massiccia e merlata, sovrasta la scarpata e raccorda le due cinte murarie: era il punto nodale del sistema difensivo.

In passato, infatti, la torre era in comunicazione visiva con gli altri castelli e i dossi del circondario e da essa venivano fatte segnalazioni con fuochi.

Alcune finestre e feritoie sono originali, mentre le altre aperture, bordate di calcare rosso, sono state fatte nei lavori d’inizio secolo, che l’hanno notevolmente modificata.

Palazzo Baronale

Prigione della Goccia

Qui i prigionieri erano costretti a rimanere seduti con le mani fissate a degli anelli e la testa immobilizzata, a subire il supplizio della goccia: da un foro nella volta una goccia d’acqua cadeva con regolarità inesorabile sul capo del condannato, che moriva tra atroci dolori.

Si trova nel piano nobile; qui sono dipinti gli stemmi dei principi vescovi che abitarono il castello.

Sala del Trono o del Giudizio

Nella Sala delle Armi, o Sala delle Guardie, sulle vele del Pilastro Ottagonale si vedono gli stemmi e gli emblemi del Vescovo Clesio e dei Firmian, oltre a tre quasi scomparsi.

Sala delle Armi

Si entra nel castello attraverso la Torre di Guardia...

...Fino alla torre rotonda, detta anche torre delle torture: qui, secondo la tradizione, si trovavano la stanza e gli strumenti riservati alla tortura.

...Si segue la cinta muraria, composta da dodici merli con feritoie...

La cinta di mura

esterna

La leggenda della Dama Bianca

CASTEL DRENA

Video

Storia del castello

Il castello di Drena sorge su un’altura che domina e sovrasta con la sua mole imponente il piccolo abitato di Drena nella Valle di Cavedine. Ai piedi del castello si stende il suggestivo deserto delle Marocche, esito di un particolare fenomeno glaciale che ha portato alla formazione di una distesa di macigni di 187 milioni di metri cubi. La sua particolare posizione strategica, che lo rese un importante mezzo di controllo della via di collegamento fra Trento e il lago di Garda, lo fece oggetto di contese nel corso di tutto il periodo Medievale.

Le prime tracce di insediamento sul territorio risalgono all’età preistorica, tanto che si è ipotizzato che alle origini del castello vi fosse un castelliere preistorico che evolvette in fortezza medievale. A conferma di queste ipotesi, nel 1984, in occasione dei lavori di ampliamento della Provinciale, sono state rinvenute tracce di un abitato che risalirebbe all’età del Bronzo.

Fra i primi proprietari di cui la storia è a conoscenza, va ricordata la famiglia dei Sejano, il cui nome compare in un atto del 1175 che documenta il passaggio di proprietà del castello alla famiglia degli Arco, principale responsabile dello sviluppo della fortezza. Agli inizi del XVIII secolo, durante la guerra di successione spagnola, fu preso e incendiato dalle truppe franco-ispaniche al comando del generale Vendome. Da quel momento il castello conobbe un lungo periodo di decadenza, fino ai giorni nostri, quando il castello è stato oggetto di una grandiosa opera di restauro curata dalla Provincia Autonoma di Trento.

Struttura

Il castello di Drena, nonostante le evoluzioni subite in epoca tardo medievale, è giunto fino a noi nella forma più semplice e comune della fortificazione: un recinto murato con torre centrale. Questa struttura molto lineare fa pensare che il castello fu inizialmente pensato semplicemente come un rifugio di proprietà comunitaria contro le invasioni barbariche e non come un elemento di una difesa organizzata di proprietà feudale. Nel XII secolo il castello, divenuto oggetto di furibonde contese che videro protagoniste le due famiglie contrapposte dei Sejano e gli Arco, fu oggetto di una vera e propria opera di fortificazione, i cui principali responsabili furono presumibilmente i Sejano.

Mastio centrale di pietre bugnate (costante spesso rilevabile in molte torri dei castelli trentini) la cui altezza raggiunge i 25 metri. Il mastio presenta poche aperture: due porte sopraelevate rispetto al suolo (una delle quali forse collegava a edifici adibiti a residenza, ma di cui oggi non rimane traccia), due feritoie e quattro finestre alla sommità.La porta posta a piano terra fu realizzata nel 1910 nel corso di alcuni lavori di restauro. Nello spessore del muro del mastio (mt. 1,5) sono ricavati dei sedili, il che fa pensare che la torre fosse adibita ad abitazione.

Mastio

La cinta muraria è di forma poligonale arrotondata. La muratura è liscia e in molti tratti è ancora visibile la merlatura ghibellina. All’angolo nord orientale vi è un rivellino munito di una torretta quadrata di epoca posteriore rispetto al nucleo originario.

Cinta muraria

Le tracce di una piccola chiesa dedicata a S. Martino, culto seguito all´espansione dei Franchi, documentano un´attiva frequentazione della zona già in epoca carolingia (IX-X secolo).

Chiesa

CASTEL BELFORT

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Storia del castello

Castel Belfort venne costruito come castello medioevale intorno al 1311 quando Enrico, conte di Boemia, diede l’autorizzazione a Tissone di Altspaur per edificare una torre di guardia con eventuali edifici adiacenti lungo la Via Nuova , che doveva collegare Andalo con la valle dello Sporeggio e la Valle del Sarca con Trento. Accanto alla torre, edificata sul "dosso o colle di Malgolo" (nome della locazione secondo i documenti dell'epoca), verrà in seguito eretto il castello.

Nel 1670 in seguito a un incendio devastante che lo distrusse per la maggior parte, fu ricostruito completamente dai Saracini come una moderna fortezza. Nel 1700 venne eretto un nuovo palazzo rettangolare che però incontra la devastazione nel periodo napoleonico.

Leggenda

Verso la metà del 1400 il cavaliere Cristoforo Altspaur, della famiglia Reifer, in quel momento proprietario del castello, fu colpito da attacchi di pazzia e paranoia. In preda alla follia, tentò di uccidere la sua terza consorte Orsola, convinto della sua infedeltà. La leggenda dice che ora Cristoforo sia un fantasma assetato di vendetta e che la sua presenza aleggi ancora fra le rovine del castello, in continua cerca di prove del tradimento.

Anche se attualmente è diroccato, sono ancora visibili la torre circondata dalle vaste mura perimetrali di forma rettangolare. Mentre piani e soffitti sono purtroppo ormai da tempo crollati.

Struttura

CASTEL THUN

Il castello in origine si chiamava Castel Belvesino, dal nome del dosso su cui era stato eretto. Prese poi il nome della famiglia titolare, i Tono, che in seguito cambiarono il cognome in Thun. Fu più volte danneggiato da incendi durante uno dei quali, nel 1569, perse la vita Sigismondo Thun, oratore imperiale del Concilio di Trento.

Storia del castello

Il palazzo baronale, slanciato in verticale con tre torrette a cuspide gotica, rappresenta la parte più antica del castello, costruita sulla viva roccia. L’atrio è nella vecchia torre gotica; vi si possono ammirare un grande stemma dei Thun-Kónigsberg con la data 1585 dipinto sulla volta, tracce di affreschi quattrocenteschi e un recipiente per l’olio, scavato nella pietra.

Palazzo baronale

La porta spagnola è costruita con un bugnato in pietra forse visto in Spagna e qui imitato; decorata con lo stemma dei Thun, dà accesso al ponte levatoio.

Porta spagnola

La torre della biblioteca, in un grande locale a soffitto con stucchi barocchi, ospitava diecimila volumi e numerosi incunaboli.

Torre della biblioteca

La cappella del castello, dedicata a S. Giorgio conserva un interessante ciclo di affreschi di scuola tedesca risalenti alla seconda metà del XV secolo.

Cappella

Colonnato

Varcata la porta dei ponte levatoio, ci si trova nel più singolare ingresso dei castelli trentini. Si tratta dei Colonnato dominato dalle due torri medievali merlate dette delle prigioni. La singolare tettoia, sostenuta da 18 massicce colonne di pietra, serviva per riparare i cannoni dalle intemperie. Di fronte al Colonnato, il palazzo baronale.

Topic

CASTEL CALDES

Le fasi architettoniche del castello iniziarono nel Duecento e proseguirono fino al XVI secolo. Tra il 1230 e il 1235, per volere di Rambaldo ed Arnoldo da Cagnò, fu realizzato il primo nucleo, una torre a cinque piani, utilizzata per il controllo della valle ma anche come residenza. Nel 1464 la “casa torre” passò alla famiglia Thun che la ampliò, conferendo all’edificio l’aspetto attuale.

Storia del castello

Cappella

La cappella, dedicata alla Natività di Maria ed affrescata da Elia Naurizio, è esterna agli edifici anche se comunque all'interno delle mura che lo circondano.

Nella torre del castello è presente una sala completamente affrescata chiamata la prigione di Olinda. Secondo la leggenda la contessina Marianna Elisabetta Thun vi fu rinchiusa da suo padre Redemondo per impedire il matrimonio con Arunte, menestrello di corte, di cui si era innamorata. La contessina vi morì per amore e si dice che gli affreschi siano opera sua.

Leggenda

Gli interni di Castel Caldes, a seguito dell'opera di restauro, appaiono oggi in tutta la bellezza di pareti con affreschi e rivestimenti in legno e soffitti a volte, tra cui si distinguono la stanza del conte e la sala da ballo.

Interni

CASTEL TOBLINO

Video

Storia del castello

Una "domus Toblino" è citata per la prima volta dalle fonti nel 1190, e in un documento del 1124 è nominato un certo Ulrico de Toblino, con ogni probabilità signore del castello. Castel Toblino e la Rocca di Riva rappresentano gli unici siti fortificati lacustri del Trentino. Edificato su un enorme masso staccatosi dal fianco della montagna e finito nel lago, sorge nel fondovalle e non, come di consueto, in una posizione di rilievo facilmente difendibile.

I Tirolo, importante dinastia originaria dell´omonimo castello situato nei pressi di Merano, giocano un ruolo chiave nelle vicende del principato e riescono ad ottenere il controllo su castel Toblino, con l´incarico di difendere militarmente beni e domini della Chiesa di Trento. Solo nel Cinquecento Castel Toblino diviene bene diretto dei principi vescovi, per passare poi ai Madruzzo, e infine alla famiglia dei Wolkenstein. Qui soggiornarono gli illustri ospiti del principe vescovo, si incontrarono i legati pontifici giunti a Trento per il Sacro Concilio e dimorarono molti facoltosi personaggi della corte vescovile.

Nel 1703, seguendo il destino di tutti i castelli della Valle del Sarca, viene incendiato e distrutto dalle truppe francesi che marciavano su Trento.

Una leggenda narra il contrastato amore di Aliprando di Toblino con Ginevra, la bella castellana di Stenico. Una notte, mentre Aliprando rincasava cavalcando lungo un sentiero, fu ucciso da Graziadeo di Castel Campo, suo rivale in amore.

Il castello deve la sua fama, oltre che alla bellezza dell'ambiente, alle numerose leggende che ha suscitato.

Il luogo, ancor prima di avere un ruolo strategico o di rappresentanza, pare avesse una funzione magico-religiosa. Bisogna tornare indietro di circa 2000 anni, quando il livello del lago era più alto di circa due metri e il lembo di terra, su cui oggi sorge il castello di Toblino, era un'isola nel mezzo del lago. Gli antichi abitanti del luogo credevano che quel luogo fosse sacro. Nel III secolo infatti lì venne edificato un tempietto dedicato al culto dei Fati, antiche divinità romane capaci di predire il destino. Lo "certifica" una lapide murata nel portico del castello che l’archeologo Paolo Orsi definisce "unica nel suo genere nella realtà epigrafica romana".

Leggenda

Secondo una leggenda, Toblino sarebbe stato nel XVII secolo luogo di amore tra Claudia, figlia di Lodovico Particella, oriundo di Fossombrone, con Carlo Emanuele Madruzzo, principe vescovo di Trento e ultimo dei Madruzzo. Risultate vane le suppliche al Papa onde ottenere lo scioglimento dei voti sacerdotali, il prelato si sarebbe abbandonato ad una peccaminosa relazione con la ragazza.

La struttura è arroccata su una piccola e protetta penisola bagnata dall'omonimo lago. La sua collocazione ha evidenti motivi di strategia difensiva che qui sfrutta sia le condizioni naturali del terreno, sia la presenza dell'importante nodo stradale di collegamento tra Trento e le valli del Sarca e del Chiese.

Posizione

La struttura ha un aspetto diverso da quello che doveva avere l´originaria fortezza medievale: una volta perse le caratteristiche militari e difensive viene trasformato in una dimora nobiliare cinquecentesca, grazie a importanti lavori di ammodernamento e abbellimento promossi dai Principi Vescovi Clesio e Madruzzo. La forma quadrangolare del complesso trova uno dei segni di maggior interesse nel grande mastio di forma circolare, certamente la più evidente delle preesistenze medievali. L'ampia cinta merlata che circonda l'intero complesso e il grande parco circostante la residenza aggiungono un ulteriore carattere distintivo.

Struttura

CASTEL STENICO

Storia del castello

Arroccato su un dosso roccioso da cui si domina la conca delle Giudicarie esteriori, il castello di Stenico è un simbolo del potere dei principi vescovi di Trento in questa regione.

Fortificazione di origine altomedioevale, il primo documento che menziona Castel Stenico risale al 1163, a partire dal XIII secolo divenne residenza estiva e sede del capitano, il funzionario a cui era affidata l’amministrazione del territorio.

All’esterno si presenta come una fortezza medievale severa e imponente, mentre all’interno decorazioni scultoree e pregevoli affreschi gli conferiscono l’aspetto di elegante residenza. Gli interventi più significativi risalgono ai principati di Johannes Hinderbach, attento umanista, e di Bernardo Cles, una delle figure più importanti della storia trentina, uomo di potere e raffinato mecenate.

Gli ambienti sono oggi elegantemente arredati con raffinati mobili, intagliati e intarsiati, pregevoli dipinti, armi bianche e da fuoco, antichi utensili d'uso quotidiano in rame, in ferro e in legno, provenienti dalle collezioni del Castello del Buonconsiglio.

Video

Palazzo nuovo

Oltrepassato il portale sormontato dall’elegante loggia rinascimentale si accede al secondo cortile e da qui al Palazzo Nuovo. È un austero edificio in pietra ingentilito da bifore e trifore ad arco, risalente ai tempi del principe vescovo di Trento Federico Vanga (inizi XIII sec.).

A pianterreno la cupa e suggestiva Sala del Giudizio era destinata all’amministrazione della giustizia del territorio; una sopraelevazione della sala doveva infatti ospitare i giudici.

L’ambiente è illuminato unicamente da feritoie che denunciano l’originaria destinazione difensiva dell’edificio.

Al piano superiore, raggiungibile da un’imponente scala esterna, l’ampia e luminosa Sala del Consiglio era invece un ambiente di rappresentanza del castello. Un affresco del Quattrocento, con le figure di Carlo Magno, del patrono di Trento san Vigilio e del principe vescovo Adelpreto, narra simbolicamente la storia del territorio concesso dall’Impero Germanico ai signori trentini.

Cappella di San Martino

Sull’antica casa murata, prima proprietà vescovile all’interno del castello, si sviluppa l’edificio voluto dal principe vescovo Georg von Liechtenstein alla fine del XIV secolo e il cui aspetto originario è documentato nella rappresentazione del mese di gennaio nel celebre Ciclo dei Mesi affrescato in Torre Aquila a Trento.

A pianterreno sono visitabili le cantine, suggestivi ambienti voltati oggi destinati all’esposizione di una ricca collezione di chiavi e serrature dall’epoca medioevale all’Ottocento; al primo piano, raggiungibile attraverso il Palazzo Hinderbach, è l’antica cucina con la grande cappa, arredata con mobili e utensili in rame e in legno;

al secondo piano la Sala dei Medaglioni, così denominata per l’elegante decorazione pittorica cinquecentesca in cui Allegorie e personificazioni di Virtù si affacciano da finti oculi, opera di un raffinato pittore al servizio del principe vescovo Bernardo Cles.

Casa Vecchia XII-XIV sec

Torre della fame

Nell’antica torre, che si innalza accanto al Palazzo Nuovo, era ricavata una prigione: sul pavimento una botola era l’unico ingresso per la cella sottostante dove i prigionieri erano condannati a morire di stenti.

Nelle vicinanze è visibile la cisterna per la raccolta dell’acqua piovana, che consentiva l’approvvigionamento idrico al castello.

Sul lato meridionale del Secondo cortile, accanto alla Torre dei Birri, si innalza un edificio risalente alla seconda metà del XII secolo e rimaneggiato nei secoli successivi.

Gli ambienti del pianterreno ospitano la collezione di manufatti in ferro battuto; al piano superiore, raggiungibile attraverso la loggia cinquecentesca e la Sala delle Guardie, la Sala dei Fiori è abbellita da fregi pittorici floreali risalenti al Quattro e Cinquecento.

Palazzo vecchio

Addossato alla Casa Vecchia, il palazzo fu costruito nel 1477 dal principe vescovo di Trento Johannes Hinderbach, il cui stemma campeggia sopra l’ingresso.

Un’elegante scala, in cui si alternano scalini in pietra rossa e bianca, conduce alla Sala dei Putti, decorata da un fregio pittorico rinascimentale, e da qui, passando per l’antica cucina, alla Stanza del Vescovo, ambiente intimo dotato di un curioso “gabinetto a scomparsa”.

Al piano superiore la Sala del Camin Nero, abbellita da un fregio rinascimentale con scene di battaglia, prende il nome dall’imponente camino in pietra nera di Ragoli.

Le decorazioni pittoriche risalgono agli interventi voluti dal principe vescovo Bernardo Cles, committente a Trento del rinnovamento urbano e della costruzione del sontuoso Magno Palazzo.

Palazzo Hinderbach

I restauri eseguiti negli anni Ottanta hanno portato in luce uno straordinario ciclo pittorico (inizi del XIII secolo) nella cappella, un ambiente risalente all’epoca carolingia (VIII sec) e successivamente inglobato nella costruzione del Palazzo di Nicolò.

Sulla parete settentrionale, quella meglio conservata, si succedono episodi della vita di Gesù – Annunciazione, Natività e Crocifissione- una scena apocalittica e figure di santi. Il ciclo, una rara testimonianza della pittura romanica in Trentino, si è fortunatamente conservato grazie all’addossamento di un muro costruito per rendere più possente la cinta muraria agli attacchi

Sulla parete dell’altare si sono conservati affreschi trecenteschi.

Cappella di San Martino

Leggenda

La Sala del Giudizio era colma all’inverosimile : nobili e villani si assiepavano incuriositi, strappandosi l’uno dall’altro quel po’ di visuale che rimaneva per dare una sbirciata ai prigionieri che tra breve sarebbero stati condannati a morte. Erano quattro disgraziati, còlti sul fatto mentre erano intenti a rubare poche e povere cose da un maso dei dintorni… A nulla erano valse le giustificazioni … la fame, la miseria, i figli denutriti, le mogli malate… il giudice aveva ascoltato le loro parole in silenzio, con un cipiglio che non lasciava presagire né pietà, né comprensione.

- Anche se perpetrato ai danni di contadini – stava declamando l’uomo vestito di nero, - poiché tutti noi siamo figli di Dio, il furto è un sacrilegio e come tale va punito con la morte! E poiché a causa della fame avete commesso il crimine, di fame e di sete morirete… Guardie, rinchiudeteli all’istante nella torre del castello! -

Le urla dei poveretti non impietosirono nessuno, anzi, infiammarono ancor più gli animi e bestemmie, sputi e maledizioni accompagnarono i condannati fin sulla porticina della torre. Per alcuni giorni e alcune notti la gente di Stènico udì le grida strozzate dei quattro prigionieri che supplicavano un tozzo di pane e un boccale d’acqua. Poi la “torre della fame” ripiombò in un funereo silenzio, rotto solo dai versi di un vecchio corvaccio che le faceva la guardia.

La leggenda continua raccontando che le anime inquiete di quei quattro disgraziati, assieme a quelle di molti altri condannati a morire di stenti nella torre, si fanno vedere ancor oggi, nelle notti di luna piena, sugli spalti del castello. Camminano in processione cantando sottovoce nenie misteriose; entrano nei saloni del maniero e accendono le luci della loggetta, per poi sparire nel nulla al primo albeggiare.

CASTEL RESTOR

Video

La prima notizia relativa a Castel Restor risale al 1265, anno in cui il principe vescovo di Trento Egnone di Appiano concede in feudo a Federico d’Arco il Dosso della Vedova, al fine di costruirvi un castello per proteggere dai pericoli esterni la popolazione della zona, rimastagli fedele durante le insurrezioni contadine contro il potere vescovile verificatesi nelle Giudicarie. La fortificazione, oggi nel comune del Bleggio, sorge in un territorio di fondamentale importanza per il collegamento tra le zone del Banale, delle Giudicarie, del Lomaso e del Basso Sarca. Feudo degli Arco per lunghissimo tempo, Castel Restor si trova al centro delle lotte per l’egemonia territoriale tra le famiglie nobili della zona: i primi a minacciarlo sono i da Campo, che vedono la loro roccaforte di Castel Campo chiusa in una morsa fra Castel Spine e Castel Restor (entrambi proprietà dei signori di Arco); nel corso del XV secolo la minaccia proviene dai Lodron, desiderosi di espandersi verso Nord. Nel contesto della guerra tra Venezia e Milano, Castel Restor viene dapprima occupato dal Gattamelata, capitano della Serenissima, e poi espugnato e distrutto da Paride Lodron. Una volta ricostruito, mantiene le sue funzioni difensive fino al XVIII secolo, quando viene convertito in edificio di caccia.

Storia del castello

Struttura

Castel Restor doveva presentarsi originariamente con un impianto piuttosto simile alle altre fortificazioni dei conti d’Arco, quali il Castello di Drena e il Castello di Castellino: una torre quadrangolare circondata da una cinta muraria curvilinea.

Il complesso presenta un doppio sistema di mura con la cinta muraria esterna piú massiccia e a forma irregolare per adattarsi alla pendenza del terreno.

All'esterno delle mura dovevano essere presenti tre edifici e cinque o sei edifici all'interno .

La torre, con funzione di mastio, aveva un’altezza di circa quindici metri.

Le mura sono costituite da due muri contrapposti riempiti da materiale di contenimento come sassi e pietre, osservando bene si nota che le mura sono state innalzate in due tempi successivi.

CASTEL PIETRA

Tra la fine del XVIII e l'inizio del XIX secolo, Castel Pietra fu teatro di importanti battaglie combattute tra i francesi di Napoleone e gli austriaci. Nel 1796 Napoleone Bonaparte fece trasportare alcuni cannoni a metà del Cengio Rosso e le truppe austriache non poterono fare altro che arrendersi, non potendo difendersi da un bombardamento dall'alto.

L'origine esatta di Castel Pietra non è databile ma già nel XII secolo alcuni documenti citano "la Pietra", appellativo dato dagli abitanti del luogo al castello. Il nome richiama i macigni caduti in tempi remoti dal sovrastante Cengio Rosso, sui quali il maniero è stato costruito ed ampliato nei secoli, come avvenne per la parte gotica nel XIV secolo. È evidente al primo sguardo che la finalità è la difesa ed il controllo del territorio. L'importanza storica di Castel Pietra deriva soprattutto dalla posizione strategica: qui il fiume Adige formava una grande ansa e la Strada Imperiale passava nel punto più stretto della Vallagarina.

Storia del castello

Per molti anni e fino alla sconfitta definitiva di Venezia nei primi anni del XVI secolo il castello si è trovato al confine tra il Tirolo e la Repubblica di Venezia. La famosa battaglia di Calliano del 10 Agosto 1487 in cui le truppe veneziane comandate dal generale Sanseverino furono pesantemente sconfitte fu solo una di una lunga serie di combattimenti che vide Castel Pietra come protagonista. Il "murazzo", un possente muro che dal castello arrivava fino alla riva del fiume, bloccava il passaggio e solo dopo aver pagato il dazio si poteva passare dall'enorme portone che si trovava nel mezzo del muro.

Durante la Grande Guerra Castel Pietra fu severamente danneggiato nel lato est da alcune cannonate italiane sparate dal vicino fronte. Anche i bombardamenti della II Guerra Mondiale portarono distruzione: le bombe destinate alla vicina ferrovia colpirono invece un rifugio pieno di sfollati ubicato all'interno delle mura. Fortunatamente la solida struttura salvo' le persone che avevano cercato riparo al suo interno nonostante un parziale crollo.

Struttura e sale interne

La stanza è completamente affrescata e deve il suo nome alla probabile presenza di un tribunale nel breve periodo nel quale Castel Pietra ebbe una propria giurisdizione. Gli affreschi risalenti al XV secolo furono scoperti solo nel 1926 poichè ricoperti da uno spesso strato di calce che nei tempi passati serviva per disinfettare gli ambienti dopo le pestilenze. Il pavimento ed il soffitto in legno fanno da splendido contorno alle pareti affrescate.

Sala del Giudizio

Salone Cresseri de Breitenstein

Salone Cresseri de Breitenstein - Il salone è l'ambiente più grande del castello. Si trova nella parte gotica, costruita nella seconda metà del XV secolo, quando il Principe Vescovo di Trento affidò in feudo Castel Pietra alla famiglia Liechtenstein che provvide all'ampliamento della struttura medioevale.

La torre risale al secolo XIII; le sale all’interno mantengono ancora il pavimento originale in mattoni e il soffitto ligneo che dona un aspetto austero. Attorno ad essa si distribuiscono liberamente gli altri nuclei dell'edificio. Lo stile architettonico prevalente è quello gotico, ma non mancano caratteristiche tipicamente medioevali.

Torre

Gli affreschi

Video

SITOGRAFIA

http://www.castellideltrentino.it/I-castelli/Elenco-siti

https://www.visittrentino.info/it/guida/da-vedere/castelli/

https://it.wikipedia.org/wiki/

https://www.buonconsiglio.it/

https://www.museodellaguerra.it/visita/castello/

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