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L'Odissea

È il poema omerico che narra del complesso ritorno da Troia a Itaca di Odisseo, e per questo fa parte dei nòstoi, ovvero i racconti dei ritorni in patria degli eroi sopravvissuti alla guerra di Troia.

La struttura del componimento è irregolare, dal momento che presenta diversi flashback e un parallelismo tra le vicende di Odisseo e del figlio Telemaco.

Il proemio

Il proemio

Come nell'Iliade, il poema inizia con un'invocazione alla Musa, affinchè ispiri l'autore nella composizione dell'opera, ma al contrario di esso il proemio è più lungo e vi si trova un maggior quantitativo di anticipazioni.

Il poeta chiede infatti a Calliope, musa della poesia, di assisterlo nella narrazione delle vicende dell’eroe Odisseo, reduce dalla guerra di Troia, che tenta di fare ritorno in patria.

Odisseo

La sua figura di eroe è caratterizzata diversamente rispetto a quella di Achille o Ettore: Odisseo è infatti legato alla dea Atena grazie alla sua astuzia e intelligenza. Viene inoltre definito polytropos, ovvero "multiforme", a indicare la capacità dell'uomo di affrontare situazioni diverse grazie alla sua abilità di modificare il proprio comportamento a seconda delle necessità.

Odisseo

Compare di persona soltanto nel quinto libro del poema, mentre si trova bloccato sull'isola di Ogigia insieme alla ninfa Calipso, mentre nei brani precedenti viene semplicemente nominato dai cari che lo credono ormai morto.

Gli dèi

Gli dèi

La maggior parte delle divinità si dimostra favorevole al ritorno di Odisseo in patria: Ermes avverte Calipso di lasciar partire l'eroe, e in seguito gli fornisce un antidoto alla magia di Circe, mentre Eolo gli regala un otre di venti in modo da favorirgli la navigazione. Atena invece, divinità alla quale l'uomo è particolarmente legato, appare in diverse occasioni sotto mentite spoglie, sia per incitare Telemaco a partire alla ricerca del padre, sia per guidare Odisseo stesso verso il palazzo di Alcinoo.

Al loro contrario, Poseidone contribuisce ad ostacolare il suo viaggio dopo che l'eroe ha accecato suo figlio Polifemo.

Telemaco

Figlio di Odisseo, re di Itaca, e di Penelope, il giovane è nato poco prima della partenza del padre per la spedizione contro Troia. È da questo che deriva il suo nome: «Tele-maco», ovvero «colui che combatte lontano», allude appunto alla condizione del padre, che si trova in un luogo distante dalla patria per partecipare ad una guerra.

I primi quattro libri dell'Odissea sono noti come Telemachia, poichè narrano le vicende del ragazzo che, giovane e inesperto, si ritrova a fronteggiare gli uomini che desiderano sposare la madre e sfruttano senza ritegno le ricchezze del padre, ritenuto ormai morto.

Una volta consigliato da Atena, Telemaco effettua una presa di coscienza e parte in segreto alla ricerca del padre, visitando le corti di Nestore a Pilo e di Menelao a Sparta, alla ricerca di informazioni.

Penelope

Penelope

La donna attese per vent'anni il ritorno di Ulisse, crescendo da sola il piccolo Telemaco ed evitando di scegliere uno tra i Proci, che desideravano sposarla, anche grazie allo stratagemma della tela: di giorno tesseva il sudario per Laerte, padre di Ulisse, mentre di notte lo disfaceva. Avendo promesso ai Proci che avrebbe scelto il futuro marito al termine del lavoro, rimandava all'infinito il momento della scelta. L'astuzia di Penelope, tuttavia, durò meno di quattro anni a causa di un'ancella traditrice che riferì ai Proci l'inganno.

Fin dall'inizio, le azioni di Penelope la inquadrano come moglie legata al ricordo del marito e alla speranza del suo ritorno: Penelope viene infatti posta come la donna onesta e fedele per eccellenza, in contrapposizione con Clitemnestra, sposa infedele e assassina.

I Proci

I Proci sono dei giovani nobili provenienti da Itaca o dai territori vicini, che aspiravano al trono di Odisseo contendendosi la mano della sua sposa Penelope, dimorando così per anni nella sua reggia sfruttando i vari beni e possedimenti.

Al suo ritorno, Ulisse si presenta sotto mentite spoglie vestendosi da mendicante e prevale sui Proci in una gara di tiro con l'arco organizzata da Penelope per scegliere definitivamente il futuro sposo: solo Ulisse infatti si dimostra capace di tendere l'arco e centrare il bersaglio.

I Proci

Quindi, con lo stesso arco, l'eroe inizia la strage dei Proci, aiutato dai servitori fedeli Eumeo e Filezio, dal figlio Telemaco e dalla dea Atena. Questi eliminano a uno a uno tutti i pretendenti e i traditori itacesi; soltanto l'aedo Femio e l'araldo Medonte, rimasti fedeli al re di Itaca, vengono risparmiati.

L'incontro con i Feaci

Durante la narrazione, Alcinoo è l'unico ad accorgersi del suo pianto e per questo ordina al cantore di fermarsi e chiede a Odisseo il suo nome e da dove provenga. Dopo aver ascoltato i suoi racconti, i Feaci accettano dunque di fornirgli una nave per aiutarlo a tornare in patria.

L'incontro con i Feaci

Dopo il suo incontro con Nausicaa, Atena rende Odisseo invisibile agli occhi delle persone, per poi comparire sottoforma di ragazza e mostrargli la strada per giungere al palazzo di Alcinoo, il re, e Arete, la regina, alla quale gli consiglia di rivolgersi per prima.

Una volta entrato nella reggia, Odisseo rimane abbagliato dalla sua ricchezza e dal suo splendore; il giardino del palazzo è definito locus amoenus, ovvero "luogo incantevole", come l'isola di Calipso.

All'interno del palazzo, Odisseo viene accolto, e gli viene offerto un banchetto allietato dai canti dell'aedo Demodoco, al quale l'eroe richiede di narrare le vicende della distruzione di Troia.

Nella terra dei Ciclopi

Lasciati i Lotofagi, Odisseo e i suoi compagni arrivano durante la notte all'isola delle capre; il giorno successivo cacciano dopo aver notato la ricchezza del luogo, mentre il secondo giorno Odisseo sprona i compagni ad esplorare il territorio, portandosi dietro un otre di vino molto forte come dono, in caso avessero incontrato qualche civile.

I Ciclopi vengono presentati come degli esseri vioenti e privi di leggi, che si dedicano solo alla pastorizia. Il gruppo, giunto presso una grotta, non vi trova quindi abitanti ma solo formaggi e strumenti da pastore, che i compagni di Odisseo propongono di rubare e portare alla nave.

Non appena torna Polifemo, chiede agli uomini chi siano e da dove provengano, quindi Odisseo - che dice di chiamarsi Nessuno - richiede l'ospitalità, ma il ciclope lo schernisce, dopodichè afferra un paio dei compagni dell'eroe e li mangia.

Nella terra dei Ciclopi

Questa scena si ripete il mattino seguente, dopodichè Polifemo conduce le greggi al pascolo: nel frattempo Odisseo medita vendetta.

Una volta cenato, Odisseo offre al ciclope il vino non diluito in modo da farlo ubriacare, e non appena esso si addormenta, insieme ai suoi compagni lo acceca con un palo arroventato. Polifemo, urlando che "Nessuno l'ha accecato", chiede aiuto agli ignari compagni che lo invitano a pregare il padre Poseidone.

In seguito, all'alba, Odisseo lega i compagni al ventre delle pecore presenti nella grotta, che il ciclope tocca solo sul dorso, prima di farle uscire. L'eroe, aggrappato ad un montone, esce per ultimo e slega i compagni, che velocemente raggiungono le navi. Una volta in mare l'eroe urla a Polifemo che il suo vero nome è Odisseo e Polifemo, dopo aver scagliato un masso, maledice l'uomo e chiede a Poseidone di ostacolargli il ritorno in patria.

Circe

Circe

Quando Odisseo giunge sull'isola, dopo un paio di giorni invia in ricognizione parte del suo equipaggio, sotto la guida di Euriloco. Questi, arrivati presso l'abitazione della maga, la sentono cantare e la chiamano, fidandosi a seguirla nel palazzo. Circe gli offre quindi un ricco banchetto, e gli uomini si ritrovano trasformati in bestie.

Euriloco, rimasto all'esterno poichè diffidente, osserva la scena e torna ad avvertire Odisseo, che si arma e si avvia verso la casa; all'esterno di essa gli appare Ermes, che gli fornisce un antidoto per la magia della donna. A questo punto si ripete la scena dell'accoglienza ma la maga non riesce a trasformare l'eroe, capendo quindi che - come le era stato predetto - si tratta di Odisseo.

Successivamente l'eroe la fa acconsentire a stringere un patto di non belligeranza, così le ancelle del palazzo si prendono cura di lui e anche dei compagni, una volta liberati, che poi vi soggiorneranno per un anno intero.

Circe è una maga figlia del titano Elios e della ninfa Perseide, ed è quindi sorella di Perse, Eete e Pasifae.

La sua dimora si trova nell'isola Eea, ed è un palazzo circondato da un bosco, abitato da varie bestie selvatiche, che l'Odissea ci dice non essere altro che degli uomini sotto l'effetto dei suoi sortilegi.

Scilla, Cariddi e le Sirene

La nave di Odisseo, lasciata Eea, procede sull'acqua sospinta da una brezza favorevole suscitata da Circe. Ad un tratto, quando si trova nei pressi degli scogli delle Sirene, il vento cala improvvisamente. L'eroe riferisce quindi ai compagni le predizioni della maga, e spiega loro quale stratagemma dovranno mettere in atto per resistere alle tentazioni provocate dal canto di quelle creature: essi avranno le orecchie tappate dalla cera, e soltanto lui ascolterà le voci delle Sirene, ma legato con nodi robusti all'albero della nave.

Scilla, Cariddi e le Sirene

Superata l'isola delle Sirene, Odisseo ha davanti a sé due possibili rotte. La prima, pericolosissima, passa presso le Rupi Erranti, dalle quali non era mai tornata nessuna nave. L'altra rotta, invece, conduce a due scogli contrapposti: l'uno è la sede di un mostro, Scilla, che possiede diverse teste che usa per strappare via dalla nave i marinai; presso l'altro si trova Cariddi, un gorgo che ingoia ed erutta tre volte al giorno le acque del mare, divorando sia uomini che navi.

Odisseo ordina al timoniere di tenere la seconda rotta e di mantenersi lontano da Cariddi, tacendo inoltre quanto ha saputo da Circe a proposito di Scilla, in modo da non spaventare i compagni: si illude infatti di poterli difendere con le armi e di evitare che il mostro dalle sei teste gli ingoi altrettanti uomini, come la maga ha predetto.

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