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Longobardi a Benevento

Rosanna Mongillo 2C1

I Longobardi nel 571 fondarono a Benevento un Ducato, di cui Arechi II fu il principe più importante e conosciuto. Protetto dalla sua potenza e dalla posizione appartata, il Ducato si mantenne incolume davanti alla minaccia dei Franchi e lo stesso Carlo Magno fu costretto ad arrestarsi ai suoi confini. Nel corso di cinque secoli, la città vide il fiorire di attività culturali e accrebbe il suo prestigio fino a diventare capitale della Langobardia Minor.

I segni più rilevanti della presenza longobarda in città sono rappresentati dalla chiesa e dal chiostro di Santa Sofia, dal complesso di Sant’Ilario e dalla Cinta Muraria.

Il Ducato di Benevento (poi anche Principato) costituì l'estrema propaggine meridionale del dominio longobardo in Italia e insieme al Ducato di Spoleto costituirono quella che venne chiamata Langobardia Minor.

Formalmente soggetta al dominio dei pontefici romani (Ducato romano), che con i loro possedimenti nelle regioni centrali la tagliavano fuori dal resto dell'Italia longobarda, Benevento fu sostanzialmente indipendente fin dal principio della fondazione del ducato. I suoi destini furono strettamente legati alla corona reale longobarda solo durante il regno di Grimoaldo e dei sovrani succeduti a Liutprando. Dopo la caduta del regno, tuttavia, il dominio beneventano rimase l'unico dei territori longobardi a mantenere de facto la propria indipendenza per quasi trecento anni, malgrado la divisione dei suoi territori subita nell'851.

Le circostanze della costituzione del ducato sono ancora dibattute fra gli storici. La data di fondazione rimane infatti controversa poiché le notizie in proposito contrastano con i tempi della discesa dei Longobardi in Italia, che secondo alcuni sarebbero stati presenti nel Mezzogiorno ben prima della completa conquista della pianura padana. In ogni caso, la fondazione del ducato si fa risalire al 576 e i Longobardi sarebbero quindi giunti soltanto in seguito, intorno al 590. Quello che è certo è che il primo duca fu Zottone, comandante di un'orda di soldati che stava discendendo la Penisola lungo le coste della Campania. Il ducato fu costituito subito come entità statale indipendente, ma ben presto Zottone fu costretto a sottomettersi all'autorità regia costituita nell'Italia settentrionale. Gli successe il nipote Arechi I, che con la sua ascesa al potere inaugurò l'adozione del principio di successione ereditaria, quasi inesistente nella cultura politica longobarda.

La sottomissione di Zottone alla corona non limitò più di tanto l'autonomia del ducato, che pur essendo parte del regno si mantenne essenzialmente indipendente. Eppure, tra Benevento e il resto del dominio longobardo esisteva una forte comunanza di radici: si condividevano la lingua, le leggi, la religione. In più, era in vita l'usanza per cui i duchi beneventani prendevano in mogli principesse della famiglia reale. Ma se da una parte esistevano innegabili tratti comuni, dall'altra rimaneva una lontananza geografica che ben presto si trasferì anche sul piano culturale. I duchi di Benevento e i sovrani di Pavia erano infatti separati da un vasto territorio che rispondeva ad alleanze con Roma o con Ravenna. L'autonomia culturale che si generò fu la naturale conseguenza di questo stato di cose. Nella chiesa di Benevento, ad esempio, si sviluppò e diffuse un particolare tipo di canto liturgico, il Canto beneventano, caratterizzato da uno stile e un andamento ritmico propri e da una sua fraseologia. Inoltre, mentre il canto gregoriano possedeva otto "modi", al beneventano ne bastavano due.

In questo ambito di autonomia si sviluppò anche la forma di scrittura detta beneventana, attraverso la quale veniva messo per iscritto il latino. Il canto beneventano resisté alla diffusione dei canti gregoriani fino all'XI secolo, quando fu proibito da papa Stefano IX.

Al contrario che nell'Italia settentrionale, la conquista della zona non fu frutto di un piano articolato come poté essere il trasferimento in massa dalla Pannonia. Nel meridione d'Italia si diressero soprattutto guerrieri, dedicati a razzie e ad assedi e formati in bande. Si erano recati lì come mercenari al servizio dei Bizantini nelle guerre greco-gotiche. Lo stesso Zottone potrebbe essere stato un capo di milizie mercenarie longobarde, forse parte integrante della guarnigione bizantina di Benevento. All'arretramento bizantino corrispose l'avanzata longobarda, ma non nella forma delle farae, bensì del comitatus, cioè di quel legame di fedeltà che legava i militi al capo e che in nuce contiene il futuro feudalesimo. Per conseguenza, l'influenza culturale nel meridione d'Italia fu più debole e, parallelamente, più semplice l'integrazione con le popolazioni vinte, numericamente maggioritarie, anche se socialmente emarginate. I corredi funerari confermano questo panorama.

Una delle prime incombenze dei nuovi conquistatori fu quella di ripristinare la cerchia difensiva della città. La residua popolazione di origine romana (di certo assai ridotta) fu confinata nella parte bassa della città, mentre i Longobardi si installarono nella zona collinare: i nuovi quartieri furono costruiti prevalentemente in legno. Come si era soliti fare a quei tempi, le emergenze monumentali romane furono convertite in elementi difensivi. In particolare, i nuovi conquistatori temevano che alcuni edifici, essendo rimasti al di fuori della cinta, con la loro mole, fungessero da avamposti per i nemici. Fu per questa ragione che essi costruirono la Torre della Catena, un fortilizio a base poligonale e di forma piramidale, costruito con ciottoli di fiume disposti ad opus incertum, laterizi e materiale di spoglio.

Fu nel 600, secondo la tradizione, che venne consacrata la cattedrale. La tecnica costruttiva, assai irregolare e con uso di pietre di spoglio, fa pensare che essa sia contemporanea alla cinta muraria

Nel 758 gli attriti fra i presidi meridionali e quelli settentrionali del dominio longobardo si acuirono. Le città di Spoleto e Benevento furono occupate per un breve tempo da re Desiderio, ma con la sconfitta di quest'ultimo e la conquista del regno longobardo da parte di Carlo Magno (774), il trono longobardo rimase vacante. Il duca Arechi II pensò di approfittare della situazione e tentare un colpo di mano per impossessarsi della corona. Ma l'impresa si rivelò ben presto impraticabile, soprattutto perché in questo modo Arechi avrebbe attirato su di sé l'attenzione dei Franchi, esponendosi a facili pericoli. Il duca non perse comunque l'occasione di innalzare la propria dignità e si fregiò del titolo di Principe, elevando il suo dominio a Principato. La sua ascesa dovette però interrompersi: nel 787 l'assedio di Salerno da parte di Carlo Magno lo costrinse a sottomettersi alla signoria dei Franchi.

Quando i longobardi conquistano Benevento, si insediano nella zona oggi definita “Trescene”, le cui stradine curvilinee testimoniano ancora oggi la sua formazione altomedievale. La stessa parola Trescene sarebbe di derivazione germanica.

Seguendo il loro protocollo tradizionale, i longobardi si posizionarono nella parte più alta della città, sia per questioni di difesa militare sia perché avevano l’abitudine di tenersi separati dalla popolazione autoctona e di edificare su zone vergini.

I longobardi rinsaldarono la cinta muraria cittadina, facendola diventare la più imponente del Sud Italia ed edificarono diversi edifici, dapprima di natura militare poi anche di natura abitativa, utilizzando i resti delle tombe romane che si trovavano lungo le strade di accesso alla città o che giacevano nelle “cave naturali” urbane, ovvero i monumenti romani, in abbondanza e in stato di degrado.

Questo fenomeno di spoliazione e riutilizzo di elementi architettonici romani è testimoniato dalla composizione del Mastio della Rocca dei Rettori (in particolare la parte esposta verso la attuale Villa Comunale), ma è ben visibile anche nei vicoli del Trescene, all’interno di edifici e mura di contenimento di vecchi giardini nobiliari.

Centro politico e culturale della città dei longobardi era il Sacrum Palatium, la Reggia dei Duchi, la sede della Corte Longobarda, che si trovava in quella che oggi si chiama ancora Piazza Piano di Corte. Oggi il Sacrum Palatium non esiste più, ma probabilmente si trovava al di sotto dell’attuale Palazzo Zamparelli, che domina la parte più alta della piazza.

Attorno alla corte furono erette diverse abitazioni nobiliari, riservate agli Arimanni, i nobili armati di sangue longobardo, tutte con giardino interno, alcuni dei quali sono ancora oggi annessi a ville private. Col tempo i giardini furono soppiantati da edifici più moderni, ma l’atmosfera medievale del quartiere è rimasta intatta.

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