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Transcript

SIMPOSIO

ANDREA NIFOSI',

VITTORIO PELLICCIA

FLAVIO PICCIONE

FRANCESCO IACONO

INTRODUZIONE AL SIMPOSIO

Il simposio era la seconda parte del banchetto dei Greci e dei Romani, nella quale i commensali bevevano seguendo la prescrizione del simposiarca, cantavano carmi conviviali, recitavano poesie, assistevano a trattenimenti vari e conversavano.

Incontro riservato ai soli uomini di condizione libera, le uniche donne erano le "Etere". un'altra figura molto significativa era il "Pais Eromenos" ,fanciullo il cui compito era mescere il vino, ed essere oggetto di attenzioni sessuali.

Quando e Dove

Nell’VIII secolo a.C. in tutta la Grecia si sviluppò l’abitudine e l’usanza di frequentare e praticare il Simposio. Prima di allora le famiglie aristocratiche si riunivano fra di loro e cenavano insieme ma seduti con dei piccoli sgabelli. Questa usanza di banchettare seduti è propria dell’epoca dei poemi omerici, dal XIII secolo all’VIII secolo a.C. A partire dall’VIII secolo a.C. nelle città ioniche si sviluppò il Simposio.

Modalità di svolgimento

ACT 1

Giochi

Oltre al bere e al conversare, i convitati si dedicavano a vari intrattenimenti ludici, in genere indovinelli ed enigmi, attestati in considerevole numero: il lessicografo greco Giulio Polluce (II secolo d.C.), nel suo Onomastiko arriva ad enumerarne addirittura cinquantadue.

Il gioco più diffuso, ampiamente testimoniato da pitture e vasi, era il kottabos (Kòttabos o Cottabo). Esso consisteva nello scagliare le ultime gocce di vino rimaste nella tazza (làtax o latàghe) a colpire dei piattelli (plàstinghes) collocati su un'asta di bronzo (rhàbdos kottabikè). A volte i piattelli erano posati in equilibrio precario e il successo consisteva nell'andare a segno con la goccia facendoli cadere gli uni sugli altri con un sonoro clangore.

La kylix veniva appoggiata al polso con una presa imperniata sull'indice. La proiezione del liquido, da posizione quasi sdraiata, era accompagnata da un calibrato gesto di lancio il cui successo doveva richiedere una notevole destrezza se Sofocle, non a caso, arriva a riferire come tra i Siculi fossero in molti ad andar fieri più di un successo al kòttabos che di un riuscito lancio di giavellotto.

ACT 2

Le etere e la musica

Vi erano giovani donne, appositamente convocate, che suonavano l'aulòs e danzavano: le etere, le uniche donne ammesse al simposio. La musica aveva un ruolo importante nella convivialità simposiaca. Oltre all'aulòs si suonava la lira o, spesso, la cetra. Sulle raffigurazioni vascolari compaiono più raramente il crotalo e piccoli tamburi.

A cantare e suonare non erano solo i musicisti ma spesso, a turno, gli stessi convitati, che si esibivano in uno nei già citati skòlia. I canti conviviali, nati a Lesbo nel VII secolo a.C. ma diffusisi presto in tutta la Grecia, finirono per diventare un vero e proprio genere letterario, non di sola matrice aulica, ma anche di impronta popolare. I canti popolari andarono a costituire un vasto corpus, la cui esistenza si reggeva sulla tradizione orale, ma che non disdegnavano nemmeno di cimentarsi in danze ed acrobazie, a volte mostrando, anche a causa dei fumi alcolici, una perizia e una destrezza non sempre impeccabili, come evidenziato dalle posture scomposte immortalate in alcuni vasi.

Chi non sapeva suonare sottolineava il ritmo del suo canto segnando il tempo con ramoscelli, di alloro o di mirto, gli àisakoi.

A volte musica e danze erano animate da piccole compagnie professionali di acrobati, danzatori musicisti e citaredi, appositamente scritturate.

Etimologia

La parola simposio deriva dal greco "syn-posis" ossia bere insieme, infatti il ruolo del simposio era proprio quello di riunire i vari membri dell'eteria bevendo e discutendo su temi quali: la politica, l'amore e la filosofia

Il Mito di Dioniso

Si narra che Èra, stanca degli amori adulterini di Zeus, assunse le sembianze di Bèroe, la vecchia nutrice di Sèmele, e così camuffata si presentasse alla giovane, consigliandole di chiedere al suo amante di mostrarsi a lei in tutto il suo fulgore. L’incauta fanciulla seguì il consiglio della falsa Bèroe, e così Zeus, avendo imprudentemente promesso alla donna che avrebbe accondisceso a qualsiasi sua richiesta, si vide costretto ad esaudirla. Le conseguenze furono fatali, perché Sèmele, alla vista del re degli dèi in tutta la sua tremenda potenza, stramazzò al suolo, folgorata dai dardi infuocati che da lui si sprigionarono. Poiché la giovane era incinta, Zeus si affrettò a strapparle il bimbo dal grembo, che era soltanto al sesto mese, e se lo cucì subito in una coscia, tenendovelo fino al compimento dei nove mesi, allo scadere dei quali Dioniso venne fuori dalla coscia del padre vivo e perfettamente formato. Così, secondo la leggenda, Dioniso era il dio nato due volte, il figlio due-volte-nato di Zeus. Orfano della madre, Zeus lo affidò ad Ermes, che lo consegnò al re di Orcòmeno, Atamànte, e alla sua seconda moglie Ino, affinché lo allevassero, prescrivendo loro di travestirlo da fanciulla per sottrarlo alla vendetta di Èra. Questa infatti, volendo a tutti i costi la morte del frutto della relazione axtraconiugale del marito, non si lasciò ingannare dai depistaggi di Zeus e fece impazzire sia la nutrice di Dioniso, Ino, che il coniuge, Atamànte.

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