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La tomba viene vista non solo più come messaggio che travalica la successione del tempo. Per questo il poeta passa dalle tombe degli uomini grandi , il cui ricordo dura nei secoli.
Foscolo insiste in particolare sul fatto che le tombe dei grandi stimolano i caratteri più virtuosi a continuare la loro opera. Visitando le sepolture di personaggi illustri si tende ad imitare il loro buon esempio. L’invito dell’ autore è quindi a ritrovare la dignità dei grandi ideali trasmessi dalle personalità del passato grazie al valore della tomba.
A egregie cose il forte animo accendono 151
L’urne de’ forti, o Pindemonte; e bella
E santa fanno al peregrin la terra
Che le ricetta. Io quando il monumento
Vidi ove posa il corpo di quel grande 155
Che, temprando lo scettro a’ regnatori,
Gli allor ne sfronda, ed alle genti svela
Di che lagrime grondi e di che sangue;
E l’arca di colui che nuovo Olimpo
Alzò in Roma a’ Celesti; e di chi vide 160
Sotto l’etereo padiglion rotarsi
Più Mondi, e il Sole irradiarli immoto,
Onde all’Anglo che tanta ala vi stese
Sgombrò primo le vie del firmamento: 165
Le tombe dei magnanimi spingono gli animi
nobili a grandi imprese, o Pindemonte;
e rendono agli occhi del forestiero bella e santa
la terra che le accoglie. Io quando vidi la tomba
dove riposa il corpo di quel grande
che, insegnando ai principi il buon governo,
lo priva delle sue parvenze di gloria, e svela alle genti
come esso si fondi sulle lacrime e sul sangue;
e la tomba di colui che a Roma innalzò
un nuovo Olimpo per gli dei; e quella di colui che
vide sotto la volta celeste ruotare
diversi pianeti, e il Sole illuminarli rimanendo immobile,
cosicché sgombrò per primo le vie del cielo
all’inglese che così largamente vi spaziò col suo ingegno.
Te beata, esclamai, per le arie rasserenanti
Le tombe dei grandi accendono l’animo di coloro che sono ricettivi e potenzialmente grandi (ha quindi una concezione elitaria) e rendono la terra “bella e santa” allo straniero.
Michelangelo: "colui che novo Olimpo / alzò in Roma a' Celesti". Descrive Michelangelo come il costruttore della cupola di S.Pietro,descritta in termini neoclassici(Olimpo),parla poi di Galileo come colui che aprì la strada a Newton.
Te beata, esclamai, per le arie rasserenanti
e piene di vita, per le acque
che dai suoi gioghi l’Appenino fa scendere a te!
La luna, rallegrata dalla tua aria tersa
riveste di una luce limpida i tuoi colli,
festosi durante la vendemmia, e le valli circostanti
popolate di case e di uliveti
mandano al cielo mille profumi di fiori.
E tu per prima, Firenze, hai udito il carme che
confortò lo sdegno del ghibellino esule,
e tu hai dato i genitori e la lingua a quel dolce
labbro di Calliope [Petrarca], che spiritualizzando
con un velo candidissimo l'Amore, che
tanto in Grecia quanto a Roma era cantato il modo sensuale,
lo restituì nel grembo di Venere celeste;
te beata gridai, per le felici 165
aure pregne di vita, e pe’ lavacri
che da’ suoi gioghi a te versa Apennino!
Lieta dell’aer tuo veste la Luna
di luce limpidissima i tuoi colli
per vendemmia festanti, e le convalli
popolate di case e d’oliveti 171
mille di fiori al ciel mandano incensi:
e tu prima, Firenze , udivi il carme
che allegrò l’ira al Ghibellin fuggiasco ,
e tu i cari parenti e l’idïoma
desti a quel dolce di Calliope labbro ,
che Amore in Grecia nudo e nudo in Roma
d’un velo candidissimo adornando,
rendea nel grembo a Venere Celeste 179
Dante Alighieri all'interno dei sepolcri viene definito ghibellin fuggiasco per il seguenti motivi:
Per alcuni invece è un riferimento al canto X della divina commedia.
Ma più beata che in un tempio accolte 180
Serbi l’Itale glorie, uniche forse
Da che le mal vietate Alpi e l’alterna
Onnipotenza delle umane sorti,
Armi e sostanze t’invadeano, ed are
E patria, e, tranne la memoria, tutto. 185
Che ove speme di gloria agli animosi
Intelletti rifulga ed all’Italia,
Quindi trarrem gli auspici. E a questi marmi
Venne spesso Vittorio ad ispirarsi,
Irato a’ patrii Numi; errava muto 190
Ove Arno è più deserto, i campi e il cielo
Desîoso mirando;
ma più beata ancora, perché adunate in un solo tempio
conservi le glorie italiane, le uniche forse
da quando le Alpi mal difese e il procedere alterno
della Storia delle sorti umane, volute dal destino,
ti privavano di armi, ricchezze, altari,
patria, di tutto fuorché la memoria.
Perché se un giorno una speranza di gloria
splenderà per gli Italiani più coraggiosi e per l’Italia,
noi da questi sepolcri trarremo l’ispirazione ad agire.
E a queste tombe venne spesso a cercare l’ispirazione Vittorio Alfieri,
adirato con i numi tutelari della patria; andava in silenzio
dove l’Arno è più solitario, contemplando
smanioso i campi e il cielo;
Considerato il maggiore poeta tragico del 700 Alfieri raccontò di sè nella Vita, autobiografioa la cui redazione fu iniziata intorno al 1790, nato nel 1749 da una nobile famiglia Alfieri frequentò l'accademia militare di torino come voleva la consuetudine per un giovane della sua condizione sociale, abbandonò poi la carriera militare e viaggiò molto in tutta europa facendo un'intensa vita di società.
Dopo aver approfondiito la conoscenza dei classici nel 1744 scrisse la tragedia Antonio e Cleopatra ottenendo un grande successo, tra il 1776 e il 1777 soggiornò in toscana dove conobbe luisa stolberg contessa d'albany alla quale si legò sentimentalmente sempre nel 1777 scrisse il trattato della Tirannide in cui diede espressione alla propria avversione per ogni forma di tirannia.
Tra il 1776 e il 1777 scrisse Antigone, Agamennone e Oreste, tra il 1777 e il 1779 videro la luce le cosìdette tragedie della libertà: Virginia, Timoleone e La congiura dei pazzi, nel 1782 scrisse la Merope e la tragedia Saul considerata il suo capolavoro.
Parafrasi (versi 192-201)
e poi che nullo 192
Vivente aspetto gli molcea la cura,
Qui posava l’austero; e avea sul volto
Il pallor della morte e la speranza.
Con questi grandi abita eterno: e l’ossa 196
Fremono amor di patria. Ah sì! da quella
Religïosa pace un Nume parla:
E nutrìa contro a’ Persi in Maratona
Ove Atene sacrò tombe a’ suoi prodi,
La virtù greca e l’ira. 201
ma poiché
nessun essere vivente placava il suo tormento,
qui quell’uomo austero trovava riposo; e sul volto aveva al contempo
il pallor della morte e la speranza.
Con questi grandi abita in eterno: e i suoi resti
fremono di amor di patria. Ah, sì! Da quella religiosa
pace si sente provenire la voce di un nume:
e alimentò la virtù e il furore guerriero dei Greci
a Maratona contro i persiani, dove Atene
consacrò le tombe ai suoi eroi coraggiosi.
201
205
Il navigante
che attraversò quel mare, costeggiando l’isola di Eubea,
vedeva attraverso l’immensa oscurità un balenio
d’elmi e di spade cozzanti, vedeva i roghi funebri
mandar fuori fuoco e vapore, vedeva
scintillanti armi di ferro e fantasmi di guerrieri
cercare la battaglia; e fra l’orrore della notte silenziosa
si diffondeva nei campi il tumulto
delle schiere combattenti, il suono delle trombe
e l’incalzare dei cavalli che accorrevano
scalpitanti sugli elmi dei moribondi,
il loro pianto, e i canti dei vincitori, e quello delle Parche.
Il navigante
che veleggiò quel mar sotto l’Eubea,
vedea per l’ampia oscurità scintille
balenar d’elmi e di cozzanti brandi,
fumar le pire igneo vapor, corrusche
d’armi ferree vedea larve guerriere
cercar la pugna; e all’orror de’ notturni
silenzi si spandea lungo ne’ campi
di falangi un tumulto e un suon di tube
e un incalzar di cavalli accorrenti
scalpitanti su gli elmi a’ moribondi,
e pianto, ed inni, e delle Parche il canto.
210
Battaglia di Maratona
Le Signore del Fato
Queste divinità venivano chiamate anche Moire, nella mitologia greca, in virtù della loro influenza sul fato umano (infatti μοῖρα in greco antico significa “destino”).
si pensava che esistesse un’unica divinità, ma in seguito si sviluppò una differente versione secondo la quale erano esistite tre Moire (o Parche) tutte e tre figlie di Zeus e di Themis (personificazione dell’ordine e della giustizia) o di Ananke (personificazione della potenza del destino)
Come annota lo stesso Foscolo sono le dee che tramite il loro canto vaticinavano le sorti degli uomini nascenti e morenti