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Transcript

Souto, Cioruta, Scali, Toffoli, Rohit

Valore storico delle tombe

Dei Sepolcri

v. 151-212

La tomba viene vista non solo più come messaggio che travalica la successione del tempo. Per questo il poeta passa dalle tombe degli uomini grandi , il cui ricordo dura nei secoli.

Foscolo insiste in particolare sul fatto che le tombe dei grandi stimolano i caratteri più virtuosi a continuare la loro opera. Visitando le sepolture di personaggi illustri si tende ad imitare il loro buon esempio. L’invito dell’ autore è quindi a ritrovare la dignità dei grandi ideali trasmessi dalle personalità del passato grazie al valore della tomba.

Parafrasi

A egregie cose il forte animo accendono 151

L’urne de’ forti, o Pindemonte; e bella

E santa fanno al peregrin la terra

Che le ricetta. Io quando il monumento

Vidi ove posa il corpo di quel grande 155

Che, temprando lo scettro a’ regnatori,

Gli allor ne sfronda, ed alle genti svela

Di che lagrime grondi e di che sangue;

E l’arca di colui che nuovo Olimpo

Alzò in Roma a’ Celesti; e di chi vide 160

Sotto l’etereo padiglion rotarsi

Più Mondi, e il Sole irradiarli immoto,

Onde all’Anglo che tanta ala vi stese

Sgombrò primo le vie del firmamento: 165

Le tombe dei magnanimi spingono gli animi

nobili a grandi imprese, o Pindemonte;

e rendono agli occhi del forestiero bella e santa

la terra che le accoglie. Io quando vidi la tomba

dove riposa il corpo di quel grande

che, insegnando ai principi il buon governo,

lo priva delle sue parvenze di gloria, e svela alle genti

come esso si fondi sulle lacrime e sul sangue;

e la tomba di colui che a Roma innalzò

un nuovo Olimpo per gli dei; e quella di colui che

vide sotto la volta celeste ruotare

diversi pianeti, e il Sole illuminarli rimanendo immobile,

cosicché sgombrò per primo le vie del cielo

all’inglese che così largamente vi spaziò col suo ingegno.

Te beata, esclamai, per le arie rasserenanti

Le tombe dei grandi

Le tombe dei grandi accendono l’animo di coloro che sono ricettivi e potenzialmente grandi (ha quindi una concezione elitaria) e rendono la terra “bella e santa” allo straniero.

Michelangelo: "colui che novo Olimpo / alzò in Roma a' Celesti". Descrive Michelangelo come il costruttore della cupola di S.Pietro,descritta in termini neoclassici(Olimpo),parla poi di Galileo come colui che aprì la strada a Newton.

Riferimenti

Parafrasi (165-179)

Te beata, esclamai, per le arie rasserenanti

e piene di vita, per le acque

che dai suoi gioghi l’Appenino fa scendere a te!

La luna, rallegrata dalla tua aria tersa

riveste di una luce limpida i tuoi colli,

festosi durante la vendemmia, e le valli circostanti

popolate di case e di uliveti

mandano al cielo mille profumi di fiori.

E tu per prima, Firenze, hai udito il carme che

confortò lo sdegno del ghibellino esule,

e tu hai dato i genitori e la lingua a quel dolce

labbro di Calliope [Petrarca], che spiritualizzando

con un velo candidissimo l'Amore, che

tanto in Grecia quanto a Roma era cantato il modo sensuale,

lo restituì nel grembo di Venere celeste;

te beata gridai, per le felici 165

aure pregne di vita, e pe’ lavacri

che da’ suoi gioghi a te versa Apennino!

Lieta dell’aer tuo veste la Luna

di luce limpidissima i tuoi colli

per vendemmia festanti, e le convalli

popolate di case e d’oliveti 171

mille di fiori al ciel mandano incensi:

e tu prima, Firenze , udivi il carme

che allegrò l’ira al Ghibellin fuggiasco ,

e tu i cari parenti e l’idïoma

desti a quel dolce di Calliope labbro ,

che Amore in Grecia nudo e nudo in Roma

d’un velo candidissimo adornando,

rendea nel grembo a Venere Celeste 179

Firenze

Dante

Dante Alighieri all'interno dei sepolcri viene definito ghibellin fuggiasco per il seguenti motivi:

  • Per l'orientamento politico.
  • Per la pena che subì.

Per alcuni invece è un riferimento al canto X della divina commedia.

Parafrasi (180-192)

Ma più beata che in un tempio accolte 180

Serbi l’Itale glorie, uniche forse

Da che le mal vietate Alpi e l’alterna

Onnipotenza delle umane sorti,

Armi e sostanze t’invadeano, ed are

E patria, e, tranne la memoria, tutto. 185

Che ove speme di gloria agli animosi

Intelletti rifulga ed all’Italia,

Quindi trarrem gli auspici. E a questi marmi

Venne spesso Vittorio ad ispirarsi,

Irato a’ patrii Numi; errava muto 190

Ove Arno è più deserto, i campi e il cielo

Desîoso mirando;

Alfieri , il tradimento e il fato

ma più beata ancora, perché adunate in un solo tempio

conservi le glorie italiane, le uniche forse

da quando le Alpi mal difese e il procedere alterno

della Storia delle sorti umane, volute dal destino,

ti privavano di armi, ricchezze, altari,

patria, di tutto fuorché la memoria.

Perché se un giorno una speranza di gloria

splenderà per gli Italiani più coraggiosi e per l’Italia,

noi da questi sepolcri trarremo l’ispirazione ad agire.

E a queste tombe venne spesso a cercare l’ispirazione Vittorio Alfieri,

adirato con i numi tutelari della patria; andava in silenzio

dove l’Arno è più solitario, contemplando

smanioso i campi e il cielo;

Considerato il maggiore poeta tragico del 700 Alfieri raccontò di sè nella Vita, autobiografioa la cui redazione fu iniziata intorno al 1790, nato nel 1749 da una nobile famiglia Alfieri frequentò l'accademia militare di torino come voleva la consuetudine per un giovane della sua condizione sociale, abbandonò poi la carriera militare e viaggiò molto in tutta europa facendo un'intensa vita di società.

Dopo aver approfondiito la conoscenza dei classici nel 1744 scrisse la tragedia Antonio e Cleopatra ottenendo un grande successo, tra il 1776 e il 1777 soggiornò in toscana dove conobbe luisa stolberg contessa d'albany alla quale si legò sentimentalmente sempre nel 1777 scrisse il trattato della Tirannide in cui diede espressione alla propria avversione per ogni forma di tirannia.

Tra il 1776 e il 1777 scrisse Antigone, Agamennone e Oreste, tra il 1777 e il 1779 videro la luce le cosìdette tragedie della libertà: Virginia, Timoleone e La congiura dei pazzi, nel 1782 scrisse la Merope e la tragedia Saul considerata il suo capolavoro.

Vittorio Alfieri

Parafrasi (versi 192-201)

e poi che nullo 192

Vivente aspetto gli molcea la cura,

Qui posava l’austero; e avea sul volto

Il pallor della morte e la speranza.

Con questi grandi abita eterno: e l’ossa 196

Fremono amor di patria. Ah sì! da quella

Religïosa pace un Nume parla:

E nutrìa contro a’ Persi in Maratona

Ove Atene sacrò tombe a’ suoi prodi,

La virtù greca e l’ira. 201

Virtù greca

ma poiché

nessun essere vivente placava il suo tormento,

qui quell’uomo austero trovava riposo; e sul volto aveva al contempo

il pallor della morte e la speranza.

Con questi grandi abita in eterno: e i suoi resti

fremono di amor di patria. Ah, sì! Da quella religiosa

pace si sente provenire la voce di un nume:

e alimentò la virtù e il furore guerriero dei Greci

a Maratona contro i persiani, dove Atene

consacrò le tombe ai suoi eroi coraggiosi.

Parafrasi (versi 201-212)

201

205

Il navigante

che attraversò quel mare, costeggiando l’isola di Eubea,

vedeva attraverso l’immensa oscurità un balenio

d’elmi e di spade cozzanti, vedeva i roghi funebri

mandar fuori fuoco e vapore, vedeva

scintillanti armi di ferro e fantasmi di guerrieri

cercare la battaglia; e fra l’orrore della notte silenziosa

si diffondeva nei campi il tumulto

delle schiere combattenti, il suono delle trombe

e l’incalzare dei cavalli che accorrevano

scalpitanti sugli elmi dei moribondi,

il loro pianto, e i canti dei vincitori, e quello delle Parche.

Il navigante

che veleggiò quel mar sotto l’Eubea,

vedea per l’ampia oscurità scintille

balenar d’elmi e di cozzanti brandi,

fumar le pire igneo vapor, corrusche

d’armi ferree vedea larve guerriere

cercar la pugna; e all’orror de’ notturni

silenzi si spandea lungo ne’ campi

di falangi un tumulto e un suon di tube

e un incalzar di cavalli accorrenti

scalpitanti su gli elmi a’ moribondi,

e pianto, ed inni, e delle Parche il canto.

Il navigante d'Eubea

210

Battaglia di Maratona

  • Siamo nell’ambito della prima Guerra Persiana
  • combattuta nel 490 a.C.
  • La battaglia prende il nome dal luogo in cui si svolse: una piccola piana affacciata sul mare a circa 40 chilometri da Atene.
  • Termina con la vittoria dell' esercito greco

La Battaglia di Maratona

Le Signore del Fato

Parche

Queste divinità venivano chiamate anche Moire, nella mitologia greca, in virtù della loro influenza sul fato umano (infatti μοῖρα in greco antico significa “destino”).

si pensava che esistesse un’unica divinità, ma in seguito si sviluppò una differente versione secondo la quale erano esistite tre Moire (o Parche) tutte e tre figlie di Zeus e di Themis (personificazione dell’ordine e della giustizia) o di Ananke (personificazione della potenza del destino)

Come annota lo stesso Foscolo sono le dee che tramite il loro canto vaticinavano le sorti degli uomini nascenti e morenti

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