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Cartesio nacque nel 1596 a La Haye da una famiglia della piccola nobiltà
Nel 1628 Cartesio si stabilì in Olanda, dove rimase fino al 1649, componendo le sue opere maggiori
Nel 1649 Cartesio decise di accettare l’invito della regina Cristina di Svezia, trasferendosi a Stoccolma per esporle personalmente la sua filosofia
Cartesio muove la propria riflessione filosofica a partire dalla ricerca di un metodo in grado di permettere, senza indugi, la distinzione del vero dal falso
Per giungere a un metodo universale, in grado di adattarsi a tutti i campi teoretici e pratici, Cartesio recupera il modo di procedere rigorosamente deduttivo della matematica, sganciando così il sapere umano dalle incertezze della quotidiana esperienza umana
Le quattro regole del metodo cartesiano sono:
1. Evidenza:
2. Analisi:
3. Sintesi:
4. Enumerazione - revisione:
La prima regola del metodo pone come criterio di ogni conoscenza certa la chiarezza e la distinzione (evidenza), al di là della quale stanno solo conoscenze probabili o congetture
Le regole del metodo, secondo Cartesio, si possono applicare a tutte le scienze. Dall'unità della ragione deduce l'unità del sapere e da essa l'unità del metodo, valido quindi per tutti.
Ma che cosa garantisce l’esistenza dell’evidenza?
Per rintracciare almeno un elemento assolutamente evidente è necessario sospendere l’assenso in merito a qualsiasi proposizione che non risponda alle caratteristiche individuate (chiarezza e distinzione), rifiutando tutto ciò in cui possa insinuarsi il dubbio
La teorizzazione del dubbio metodico si articola secondo le seguenti tappe:
1. È necessario dubitare dei sensi, poiché essi talvolta ingannano
2. È necessario dubitare dell’esistenza del nostro corpo e di tutta la realtà esterna, poiché le percezioni che si provano da svegli possono essere identiche a quelli che si provano in sogno, quando si percepiscono eventi indipendentemente da uno stimolo della realtà esterna
3. È necessario dubitare anche delle certezze matematiche, poiché è possibile che esista un genio maligno che usa la sua potenza per illuderci
Di tutto, dunque, si può dubitare (dubbio iperbolico), tranne del fatto stesso di dubitare, ossia del fatto che si possa pensare che un determinato elemento sia vero o falso
Avendo trovato nell'evidenza l'indubitabile, Cartesio trova la regola generale per ogni ulteriore verità
Già ai tempi di Cartesio, attorno alla riflessione sul cogito esplode una discussione particolarmente accesa
Antoine Arnauld accusa il ragionamento cartesiano di configurarsi come un circolo vizioso:
All'obiezione di Arnauld, Cartesio risponde affermando che la certezza del cogito va intesa in maniera del tutto particolare, come auto-evidenza esistenziale che il soggetto ha di se stesso
Secondo Pierre Gassendi, invece, il cogito ergo sum sarebbe semplicemente la conclusione di un sillogismo abbreviato:
Derivando da qualcosa di "più originario", tuttavia, esso non può essere considerato un principio assoluto
A Gassendi Cartesio ribadisce la cifra originaria del cogito:
Secondo Thomas Hobbes, infine, Cartesio avrebbe avuto il torto di pretendere di pronunciarsi su come l’io esista, estendendo una sua attività all'interezza:
Cartesio replica a questa obiezione affermando che, a differenza del passeggiare, ossia di un’attività accidentale, il pensare rappresenta per l’uomo un’attività essenziale
Il pensiero, inoltre, essendo un atto, esige un soggetto che sta sotto e che, da esso, viene definito in modo essenziale
Anche Agostino - per articolare la propria critica nei confronti dello scetticismo - muove dal dubbio
Agostino, inoltre, fonda la verità nella certezza interiore, concepita come una traccia dell’illuminazione divina nell’anima umana
Cartesio, invece, interpreta la certezza interiore come una prova della capacità della ragione umana di arrivare, con le proprie forze, a una verità indubitabile
Anche dopo l’intuizione del cogito ergo sum, il mondo esterno resta oggetto di dubbio
Come trovare un ponte verso la realtà? Esiste un principio primo necessario capace di garantire l’esistenza del mondo esterno e l’inesistenza di un genio maligno ingannatore?
Per poter estendere la certezza oltre il "cogito" è necessario eliminare l'ipotesi del genio maligno e vedere se ad esso è possibile sostituire un Dio buono che non ci inganna.
Cartesio inizia la sua ricerca partendo dai contenuti presenti nella mente: le IDEE.
Ne distingue tre tipologie:
Il rapporto tra le idee e la realtà è, però, dubbio : non ne garantisce la validità. Per questo Cartesio necessita di un punto fermo dal quale partire, che dia validità alle idee: individua in questo punto Dio, inteso come la giustificazione metafisica delle certezze umane.
Per trovare un medium tra la res cogitans e la res extensa, tra il pensiero e la materia, Cartesio muove dalla dimostrazione dell’esistenza di Dio
Ogni uomo ha in sé l’idea di un essere infinito e perfetto
Noi siamo imperfetti, ma abbiamo l'idea di perfezione.
L’idea di un essere perfetto è l’idea di un essere la cui essenza comprende l'esistenza: se gli mancasse non sarebbe perfetto
Una volta dimostrata l’esistenza di Dio, Cartesio può eliminare l’ipotesi estrema del genio maligno, responsabile di ingannare gli uomini sulla realtà del mondo esterno
Secondo Cartesio le idee possono essere:
Se esiste Dio, da dove deriva l’errore?
L’universo creato da Dio è governato da leggi, impresse dall’azione divina, necessarie e immutabili
La realtà viene spiegata sulla base della materia dotata di estensione e del movimento, entrambe cretate da Dio (che ha creato la res extensa e le ha conferito il moto)
Tale sistema è definito meccanicismo, in opposizione al finalismo.
Il suo meccanicismo è una forma di determinismo, egli infatti non ammette spontaneità nella natura, ma solo oggettiva necessità causale.
La materia è estensione e si identifica con lo spazio fisico che occupa, con lo spazio geometrico.
Il mondo è quindi una grande sostanza estesa e continua.
Cartesio pertanto nega il vuoto che considera un'idea contraddittoria (sarebbe, a suo parere, come ammettere un'estensione senza materia).
La res extensa è inoltre indefinita, senza limiti (ma non infinita, perchè l'infinità spetta solo a Dio), ma non aumenta, nè diminuisce, solo cambia forma. Inoltre è uniforme e continua.
La fisica per Cartesio è interamente riconducibile alla geometria.
Il suo sistema semplice e rigorosamente meccanicistico che ci offre un'immagine unitaria della natura inteso come universo materiale, retto da leggi meccaniche.
L’universo descritto da Cartesio, dunque, appare come una grande macchina, un congegno organizzato, messa in moto da Dio, ma poi capace di autogovernarsi con le leggi da Lui stesso impresse (un perfetto orologio)
Nell’ordine meccanicistico dell’universo rientra anche il corpo umano, il quale, essendo formato di materia estesa, è sottoposto alle leggi naturali
L’anima coincide con la res cogitans, è invece una sostanza di per sé autonoma, indipendente dal corpo, sottratta dunque al meccanicismo delle leggi naturali
Accanto alla sostanza pensante, la res cogitans, si deve ammettere, come si è visto, una sostanza corporea, la res extensa
La realtà è dunque concepita come dualistica, composta da due sostanze con caratteristiche fra loro opposte
Cartesio, prendendo atto dell’esistenza di un dualismo metafisico tra res cogitans e res extensa, caratterizzato dall’indipendenza delle cose esterne dal pensiero e sul rapporto tra le idee della mente e il mondo esterno
Il dualismo costituisce un nodo problematico del sistema cartesiano.
Per trovare un mediatore tra res cogitans e res extensa, Cartesio formula la teoria della ghiandola pineale (corrisponderebbe all'epifisi, unica componente non simmetrica nel nostro cranio), sede del cogito:
È sufficiente ipotizzare l'esistenza della ghiandola pineale per comprendere il rapporto tra res cogitans e res extensa, due realtà ontologicamente differenti?
Sembra un po' riduttivo e ingenuo, risolvere il problema del rapporto fra due sostanza costitutivamente differenti facendole solo interagire in una ghiandola. Inoltre, come può l'anima (che non è una sostanza estesa) che non è dotata di una forza meccanica muovere il corpo (che è una sostanza estesa)?
Un rischio della riflessione cartesiana è dunque quello di una deriva solipsistica: il cogito, bastando a se stesso, può chiudersi in se stesso e rifiutare di aprirsi a ciò che non è altrettanto evidente ovvero il mondo e l’alterità?
In ambito pratico, Cartesio distingue nell’anima:
Le impressioni e le sensazioni, a suo parere non sono altro che movimenti impressi dalle cose esterne ai nervi, e trasmessi poi attraverso la vibrazione dei nervi stessi, alla ghiandola pineale. Questo stimolo meccanico provocherà la fuoriuscita degli "spiriti vitali" (di natura corporea) che attraverso i condotti nervosi metteranno in moto le varie parti del corpo.
Secondo Cartesio, la forza dell’anima consiste nel vincere le emozioni, mentre la sua debolezza nel lasciarsi dominare proprio dalle affezioni.
L'anima deve governarle e controllarle in modo che non provochino danni, esercitando a lungo l'abitudine a moderarsi e ad evitare gli eccessi.
Nonostante vadano dominate, le emozioni non sono essenzialmente nocive
Una volta individuato il nuovo metodo, sarebbe stato necessario ricostruire, sulla base di questo, l’edificio del sapere.
È evidente che Cartesio distingue due domini diversi, ossia l’uso della vita e la contemplazione della verità
1. Obbedire alle leggi e ai costumi del Paese, conservando la religione tradizionale e regolandosi in tutto secondo le opinioni più moderate e più lontane dagli eccessi
2. Mantenere un atteggiamento risoluto e determinato una volta presa una decisione
3. Cercare di vincere se stessi piuttosto che la fortuna, cambiando i propri pensieri/desideri più che l’ordine del mondo