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Salvatore Quasimodo nasce a Modica (Ragusa) il 20 agosto 1901. Durante
l’infanzia vaga da un paese all’altro della Sicilia orientale, perché il padre fa il
capostazione. Nel 1908, il catastrofico terremoto di Messina, cambia la vita del
futuro poeta: il padre è incaricato di riorganizzare la stazione: non c’erano ancora i
container e quindi i vagoni fungevano da abitazioni. In questa città Quasimodo si
diploma all’Istituto Tecnico e intanto pubblica poesie su alcune riviste simboliste
locali. Nel 1919 è a Roma, per studiare ingegneria. Frequenta anche corsi di Latino
e Greco. Lavora come disegnatore tecnico, magazziniere, geometra.
Nel 1941 Quasimodo ricevette la cattedra di Italiano al Conservatorio “Giuseppe
Verdi” di Milano, insegnamento che terrà fino all’anno della sua morte.
Nel 1942 uscì la raccolta "Ed è subito sera", che è una sintesi antologica oltre che un
bilancio del primo decennio della sua produzione poetica: fu un best seller, cosa
rarissima per la poesia.
Quasi a sorpresa, imponendosi su poeti ritenuti più illustri, riceve nel 1959
il premio Nobel.
La sua prima raccolta di poesie, il tema principale è la Sicilia.
La seconda raccolta di poesie; queste sono poesie ermetiche.
E' una raccolta di poesie, sono un tentativo di ritrovare le origini edeniche dell'uomo nella propria terra.
Specchio, è una lirica di Salvatore Quasimodo e scritta nel 1942.
ed/ ec/co/ sul/ tron/co senario piano
si/ rom/po/no/ le/ gem/me settenario piano
un/ ver/de/ più/ nuo/vo/ del/l'/er/ba decasillabo piano
che/ il/ cuo/re/ ri/po/sa: settenario piano
il/ tron/co/ pa/re/va/ già/ mor/to, novenario piano
pie/ga/to/ sul/ bo/tro senario piano
E/ tut/to/ mi/ sa/ di/ mi/ra/co/lo; novenario sdrucciolo
e/ so/no/ quel/l'/ac/qua/ di/ nu/be decasillabo piano
che/ og/gi/ ri/spec/chia/ nei/ fos/si novenario piano
più/ az/zur/ro il/ suo/ pez/zo/ di/ cie/lo decasillabo piano
quel/ ver/de/ che/ spac/ca/ la/ scor/za novenario piano
che/ pu/re/ sta/not/te/ non/ c'/e/ra. decasillabo piano
vv 1-2 (debole); vv 3-4 (debole); vv 8-9 (debole); vv 9-10 (debole); 11-12 (forte)
Riassunto e contenuto:
Quasimodo osserva come, la resurrezione miracolosa della natura in primavera, assomigli tanto alla ressurrezione di tutti gli uomini dopo un periodo buio.
PARAFRASI:
Ed adesso sul tronco
si rompono i germogli:
che sono di un verde più acceso dell'erba che calma solo a guardarla:
il tronco sembrava già morto,
era piegato sul fossato.
E tutto mi sembra un miracolo;
e sono quell'acqua piovana
che oggi riflette nei fossi
il cielo azzurro sopra di lei,
quel muschio che spacca la corteccia
che eppure stanotte ancora non c'era.
Utilizzando il verbo "rompere", il poeta vuole rappresentare al meglio, nella scrittura, il vigore della vita che si riaccende.
Durante la seconda guerra mondiale, Quasimodo riflette sulla sofferenza e sulle similitudini tra l'oscurità di un tale periodo e la vita: la luce, come per miracolo, fa sempre ritorno; un po' come la natura si risveglia in primavera.
Quasimodo si dimostra stupito riflettendo su come, nonostante la natura sembri definitivamente morta durante l'inverno, poi in primavera, come per miracolo, riesca sempre a rinascere.
La poesia è intitolata specchio perche ciò che tutti gli anni avviene durante la primavera, viene "rispecchiato"
negli uomini, che riescono a rinascere anche dopo lunghi e cupi periodi.
Gli accenti ritmici cadono sulle stesse sillabe in ogni verso.
Sono presenti alcuni enjabement in tutta la poesia (in seguito li elencheremo)
Il ritmo in conclusione pare lento.
Il nostro mondo sembra diviso in due fazioni: quella di chi associa la guerra alla pazzia e si ritiene grande pacifista; e quella di chi invece provoca le guerre, combattendole senza preoccuparsi eccessivamente delle sfortunate persone che vivono proprio nei territori colpiti.
Questi battaglieri li potremmo definire senza scrupoli, senza cuore; eppure, ogni volta che glielo viene chiesto sanno giustificare, anche se a modo loro, le crudeli azioni compiute.
E la verità, per quanto possa sembrarci scomoda, è che loro in parte sono giustificati.
Prima di scatenare odio contro queste affermazioni, si provi a pensare per esempio all’economia: tutto è regolato, e si basa, su cose astruse; d’altra parte, se non fosse così il sistema impazzirebbe, e noi non potremmo vivere con i nostri comodi.
Ma il concetto potrebbe ancora essere sfuggente, dunque ci tengo a fare un altro esempio:
immaginiamo una persona (potrebbe benissimo essere uno di noi), che desidera avere una carriera di successo; per riuscire a raggiungere questo obiettivo dovrà certamente dedicare molto tempo e impegno al lavoro. Nonostante ciò, non sarà lui a sopportare tutte le fatiche necessarie; questo suo successo non sarà raggiunto infatti esclusivamente grazie a lui, ma anche grazie alla guerra, e alla schiavitù di altre persone. Se in futuro tu sarai considerato più importante di “altri”, vuol dire che ci saranno delle persone che stanno peggio degli “altri”. Questo concetto, anche se inizialmente potrebbe sembrare strano, è necessario per forzare un equilibrio senza la quale nel mondo non potrebbe esserci ordine!
Quindi la guerra è giusta? No, ma purtroppo è necessaria nel mondo sbagliato in cui viviamo. Ad essere sbagliata invece, sempre e in qualsiasi mondo, è la violenza.
Questa non può essere giustificata tanto semplicemente, associandola alla guerra e dunque al precedente concetto di equilibrio. La violenza è un acido molto potente: corrode le persone che fa soffrire e espandendosi rapidamente ci porterà tutti, prima o poi, a provare l’indesiderato, vero dolore. Questo vuol dire che prima o poi tutti saremo destinati a diventare un combustibile utilizzato per mantenere felice un gruppo sempre più ristretto di favoriti, che vivono appunto, grazie al mantenimento dell’equilibrio.
Noi siamo abituati però a pensare: “La violenza… bah… tanto tocca sempre le stesse persone, non è una cosa di cui mi devo preoccupare”. Questa affermazione è totalmente sbagliata: prima o poi, le persone che soffrono si ribelleranno da questa oppressione (o cadranno a causa di essa), quindi il mirino del cacciatore si sposterà su un'altra preda, e non importa quanto questa pensi di essere protetta dall’ambiente circostante: verrà comunque abbattuta.
In conclusione, possiamo affermare con decisione quanto la violenza sia sbagliata: mantiene vivo un equilibrio che va contro tutti noi. D’altra parte, invece, la guerra non è sbagliata: è necessaria; il cervello non si deve dunque evolvere per eliminarla, almeno non prima di essersi impegnato a sufficienza per cambiare il sistema.