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Aristotele ritiene che la natura sia il regno del divenire, cioè del movimento e del mutamento;
La fisica (o filosofia seconda) aristotelica, in quanto scienza della natura, è dunque essenzialmente una scienza del divenire, di ciò che cambia, si modifica, si genera e si distrugge.
Il divenire è un dato riconoscibile presente nella nostra esperienza sensibile e oggetto di conoscenza genuina.
Egli considera il divenire una trasformazione in cui qualcosa cambia e qualcosa invece rimane invariato, la realtà, perciò, è composta di enti soggetti al mutamento. Vi è sempre qualcosa che rimane invariato: un sostrato che , con la sua relativa stabilità, garantisce la realtà e la conoscibilità del divenire. La nozione di "sostrato" permette ad Aristotele di salvaguardare la possibilità di un'indagine scientifica del mondo naturale.
Il divenire è un fenomeno sfaccettato che può presentarsi in vari modi. Aristotele individua quattro modi fondamentali:
1. Il mutamento di qualità o alterazione
2. Il mutamento di quantità che può consistere sia nella crescita sia nella diminuzione
3. Il mutamento di luogo o spostamento
4. L'inizio dell'esistenza di un individuo, o generazione, e la fine dell'esistenza di un individuo, o corruzione.
Come si può osservare, in tutti i casi di mutamento è esclusa l'eventualità della transizione dall'essere al non essere e, viceversa, dal non essere all'essere: ciò che avviene in qualsiasi cambiamento è il passaggio da un modo di essere a un altro, e in particolare dal modo di essere della potenza a quello dell'atto.
Per Aristotele tutti i cambiamenti che avvengono nel mondo sono in ultima analisi causati dagli spostamenti, cioè i cambiamenti di posizione spaziale, i "movimenti"; ogni cambiamento si può ricondurre a movimenti spaziali o "locali". Il movimento locale, a sua volta, può essere fondamentalmente di tre tipi:
1. movimento rettilineo dall'alto verso il basso (dal cielo verso il centro del cosmo)
2. movimento rettilineo dal basso verso l'alto (dal centro del mondo verso l'alto)
3. movimento circolare.
I primi due tipi di movimento caratterizzano le sostanze terrestri, le quali hanno come sostrato materiale i quattro elementi naturali acqua, aria, terra e fuoco o una loro combinazione.
Questi elementi si muovono con moto rettilineo e hanno come fine il raggiungimento del loro luogo naturale, cioè una specifica collocazione spaziale che è determinata dal loro peso: la terra, l'elemento più presente, tende ad andare verso il basso; gli altri elementi l'acqua, l'aria e il fuoco, l'elemento più leggero tendono verso luoghi naturali posti via via più in alto.
In questa concezione vi è l'intromissione della metafisica che rende tale fisica finalistica e qualitativa.
Il movimento circolare sulla Terra deriva dalla somma di più movimenti rettilinei.
Il terzo tipo di movimento, quello circolare, caratterizza invece la sostanze celesti, composte dal "quinto elemento" chiamato etere. Sostanze celesti risultano eterni, ingenerabili e incorruttibili, e si muovono esclusivamente, eternamente, di moto circolare uniforme.
Lo spazio è l'insieme dei "luoghi" occupati dai corpi, dove il luogo è sempre "luogo di qualche cosa", ossia la porzione dello spazio occupata dall'oggetto. Più precisamente, il luogo è la superficie immobile che circonda il corpo come suo limite, << il primo limite immobile del contenente >>. Il luogo deve essere immobile rispetto all'oggetto che contiene, altrimenti non si capirebbe come l'oggetto possa spostarsi. Quando osserviamo il movimento di un certo oggetto, ad esempio una civetta in volo, cogliamo anche uno sfondo immobile che la circonda, che non può essere una sostanza a sua volta, altrimenti la civetta non potrebbe muoversi; questo sfondo è soltanto l'insieme dei luoghi occupati via via dalla civetta nel suo volo.
Il tempo è invece definito da Aristotele come << il numero del mutamento secondo il prima e il poi >>. Quando osserviamo un mutamento, percepiamo le sue varie fasi secondo un ordine determinato da relazioni di precedenza e successione. Per Aristotele, il tempo è il nostro modo di ordinare i mutamenti che osserviamo, così come i numeri sono i nostri modi di contare ordinare le sostanze che osserviamo. In tal senso, ad esempio sono innanzitutto le sostanze con i loro mutamenti, mentre i numeri e il tempo riguardano il nostro modo di osservare e ordinare.
La realtà naturale per Aristotele è un unico processo di continuo mutamento, un processo temporalmente eterno che ha luogo nel cosmo, uno spazio privo di interstizi vuoti e finito.
Secondo Aristotele il vuoto, inteso come spazio i cui non c'è nulla, non esiste: dal momento che lo spazio è l'insieme dei "luoghi" occupati dai corpi, e il luogo è sempre "luogo di qualche cosa", non esiste luogo senza corpo. Allo stesso modo non esiste un vuoto che contenga il cosmo, perché quest'ultimo è ciò che contiene tutto.
Nel cosmo non c'è nulla di infinito in atto. L'infinito esiste soltanto in potenza: un caso limite di potenza, che non potrà mai completamente attualizzarsi, ad esempio l'insieme dei numeri, a cui è sempre possibile aggiungere unità senza arrivare al limite.
L'universo è eterno: non ha avuto principio e non avrà fine. In particolare, non avranno fine le specie che lo popolano, i vari tipi di animali e piante, compresa la specie umana: sebbene i singoli individui siano corruttibili e mortali, secondo Aristotele sulla Terra ci saranno sempre uomini, animali e piante.
L'universo aristotelico è concepito come un'enorme sfera (solido perfetto perché ogni punto della superficie è equidistante dal centro) al cui centro sta la Terra, circondata dalle sfere degli altri elementi più leggeri (acqua, aria e fuoco); oltre la sfera del fuoco vi sono le sfere concentriche dei cieli, fatti di etere e a cui sono fissati gli astri. Alla prima sfera celeste è fissata la Luna, alla seconda Mercurio, alla terza Venere, alla quarta il Sole, alla quinta Marte, alla sesta Giove, alla settima Saturno (Urano, Plutone e Nettuno non erano visibili a occhio nudo perciò non erano conosciuti). All'epoca di Aristotele non vi era distinzione tra pianeti, astri e satelliti. A un'ottava sfera sono fissati tutti gli astri che vediamo in cielo, quelli che Aristotele chiama "stelle fisse": tale sfera rappresenta il limite esterno dell'universo. Le stelle fisse rappresentano gli astri più lontani visibili a occhio nudo il cui movimento non era percepibile quindi si pensava fossero immobili. I movimenti eterni delle sfere celesti e degli atri avvengono indipendentemente da quello che accade sulla Terra; tuttavia, poiché tutto ciò che è contingente dipende da ciò che è eterno, i movimenti celesti influiscono sugli accadimenti terrestri, innanzitutto mediante il fenomeno del succedersi delle stagioni. Il moto circolare delle sfere celesti non ha un luogo verso il quale procedere e si ripete sempre uguale a sé stesso.
L'universo aristotelico è finito, sferico, geocentrico e dualistico, ovvero diviso in due regioni diverse. La regione terrestre o sublunare che comprende tutto ciò che è al di sotto della sfera della Luna e la regione celeste o sopralunare che si estende fino al cerchio delle stelle fisse.
Dal momento che nel cosmo aristotelico tutto quello che si muove è stato mosso e ogni movimento ha una causa, anche il moto circolare delle sfere celesti deve averla. La soluzione di Aristotele consiste in un motore immobile, il quale agisce come fine a cui tendere, come causa finale.
Aristotele introduce la nozione del motore immobile nella Metafisica.
«Poiché si è sopra detto che le sostanze sono tre, due fisiche ed una immobile: ebbene, dobbiamo parlare di questa e dobbiamo dimostrare che necessariamente esiste una sostanza eterna ed immobile. Le sostanze, infatti, hanno priorità rispetto a tutti gli altri modi di essere, e, se fossero tutte corruttibili, allora sarebbe corruttibile tutto quanto esiste. Ma è impossibile che il movimento si generi o si corrompa, perché esso è sempre stato.»
Dio è la causa prima di ogni movimento: egli infatti è "motore" perché è la meta finale a cui tutto tende, "immobile" perché causa incausata, essendo già realizzato in se stesso come «atto puro». La caratteristica del suo essere "puro" dipende dal fatto che in Dio, come atto finale compiuto, non vi è la minima presenza della materia, la quale è soggetta a continue trasformazioni e quindi a corruzione.
Conoscere la cosmologia aristotelica è importante poiché prevale per 2000 anni e per l'avvento della rivoluzione scientifico-astronomica.
Nell'universo di Aristotele tutto sembra avere il suo ordine, non c'è spazio per il disordine e il caos, e al centro vi è l'uomo. Questo spiega perché questa concezione si è profondamente radicata e perché è stato tanto difficile demolirla. Tale concezione viene accettata facilmente in quanto era la più vicina al senso comune in mancanza di conoscenze scientifiche.