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ARISTOTELE
I PRIMI ANNI
Aristotele nacque nel 384 a.C. a Stagira,
colonia greca in Tracia.
Come figlio del medico reale, risiedette nella
capitale del Regno di Macedonia, Pella.
Rimasto orfano, dovette trasferirsi dal tutore Prosseno ad Atarneo, cittadina dell'Asia Minore.
Prosseno, verso il 367 a.C., lo mandò ad Atene per studiare nell'Accademia fondata da Platone circa vent'anni prima, dove egli rimarrà fino alla
morte del suo maestro.
Aristotele non fu dunque mai un
cittadino di Atene, ma
un meteco.
Aristotele entrò nell'Accademia quando Platone
era ormai a Siracusa da un anno.
In questi anni, secondo l'impostazione didattica, iniziò studiando la matematica, per passare tre
anni dopo alla dialettica.
Fondò poi due scuole ad Asso e Mitilene,
entrambe battezzate come "sole ardenti
ai canoni platonici".
Nel 342, venne chiamato in Macedonia dal re
Filippo II perché faccia da precettore al
figlio Alessandro Magno.
Aristotele, intorno al 335 a.C., si trasferì
ad Atene e fondò una scuola
chiamata Peripato.
La scuola viene dunque finanziata dallo stesso Alessandro, alla morte del quale nel 323 a.C.
ad Atene si manifestò un forte
odio antimacedone.
Aristotele, guardato con ostilità per il suo legame con la corte macedone, fu accusato di empietà.
Egli lasciò allora Atene e con la famiglia
si rifugiò a Calcide in Eubea, la
città materna, dove morì
l'anno dopo.
La scuola di Atene
(di Raffaello)
Il corpus
Il corpus aristotelico, cioè il complesso delle sue opere a noi pervenute, è costituito dagli scritti esoterici (interni, cioè destinati alla sua scuola), mentre degli scritti essoterici (destinati al pubblico) restano pochi frammenti.
(così chiamata,
sembra, perchè
posta dopo i
libri di fisica)
(d'incerta autenticità)
Ateniesi
Mentre le sostanze immobili
sono l’oggetto della teologia, le sostanze in movimento percepibili dai sensi sono
l’oggetto della fisica.
La fisica è, secondo Aristotele, la seconda
scienza teoretica, subito
dopo la filosofia
prima.
I 5 ELEMENTI
I 5 ELEMENTI
Per Aristotele la Terra sarebbe formata da quattro principali elementi:
«Poiché la natura è principio di movimento e di cambiamento, e la nostra ricerca ha per oggetto la natura, non dobbiamo ignorare che cos’è il movimento. Se ignoriamo questo, infatti, anche la natura rimarrà per noi necessariamente sconosciuta». (Arist., Phys., III, 1, 200 b 12-15)
Il movimento secondo la quantità è detto “crescita” o “diminuzione” a seconda che proceda o si allontani dalla grandezza finale; quello secondo la qualità è detto “alterazione”; quello secondo il luogo, infine, si dice “traslazione”. Quest’ultimo è quello che comunemente chiamiamo movimento e che Aristotele considera primo e fondamentale.
Nel luogo naturale,se non intervengono cause esterne,i corpi si mantengono in quiete.
Violento
(contro natura)
Naturale
(secondo natura)
TERRA E ACQUA
centro dell'universo
ARIA E FUOCO
regioni superiori
QUIETE
possibile solo nel luogo naturale
Nel IV libro della Fisica, Aristotele tratta il problema del tempo.
Platone sosteneva che il tempo non esista, dato che è composto di passato e di futuro, di cui l'uno non esiste più quando l'altro non esiste ancora.
Egli invece sosteneva questa teoria:
Il tempo è moto che ammette
una numerazione.
Per Aristotele il tempo non è il mutamento delle cose, ma la misura del divenire, perciò non esiste senza le cose che mutano,poichè in un universo di entità immutabili la dimensione temporale non esisterebbe. Ogni misura presuppone una mente misurante capace di contare, la mente si configura come la condizione imprescendibile del tempo:
"Se è vero che nella natura delle cose soltanto l'anima o l'intelletto che è nell'anima, hanno la capacità di numerare, risulta impossibile l'esistenza del tempo senza quella dell'anima."
Fisica, IV, 14,223a
ETERNITÁ DEL MONDO
In quanto totalità perfetta e finita il mondo è eterno, non ha avuto principio e non avrà fine. All'eternità del mondo è congiunta l'eternità di tutti gli aspetti fondamentali e di tutte le forme sostanziali che lo costituiscono: sono eterne le specie animali, e in particolare la specie umana, la quale può subire alti e bassi nella sua storia sulla terra, ma è imperitura e ingenerata.
ETERNITÁ DEL MONDO
Lo spazio (πού) o il luogo (τόπος) sono qualificati come limiti nei confronti di altri oggetti.
Un bicchiere è il limite, lo spazio, dell'acqua che contiene; naturalmente il bicchiere e l'acqua possono esistere indipendentemente dai loro limiti, ma solo in quanto sostanza che essendo prima non può avere un limite.
Lo spazio e il luogo vengono percepiti
grazie al movimento.
Senza lo spazio non esisterebbe il movimento, ma senza movimento non è pensabile lo spazio.
Ragione per cui, è necessario negare
l'esistenza del vuoto, inteso come
essere non dipendente da
alcun corpo.
L’universo fisico è secondo Aristotele perfetto, unico, finito ed eterno. Esso è perfetto perché non manca di nulla. Ma se il mondo è perfetto è anche finito. Infinito significa infatti incompiuto; il mondo, non mancando di nulla, è dunque finito, ogni cosa esiste infatti in uno spazio e ha un limite estremo. La sfera delle stelle fisse segna perciò i limiti dell’universo, limiti al di là dei quali non c’è spazio. Poiché nessuna linea può protrarsi al di là del suo diametro, concludiamo che non possono esistere altri mondi al di là del nostro.
Secondo la teoria geocentrica elaborata da Aristotele e successivamente deifinita da Tolomeo, il Sistema Solare è una grande sfera al centro dell’Universo, e la Terra, piatta e immobile,
è situata al centro di questa sfera. Attorno ad essa ruotano su
una serie di sfere concentriche il Sole, la Luna e gli altri pianeti ;
il tutto è circondato dall’ultima sfera, quella delle stelle fisse,
che segna il confine dell’Universo. L’Universo dunque è immaginato pieno e finito.
La logica analitica è un metodo di ragionamento con valore universale.
Un sillogismo è la struttura elementare base del ragionamento dimostrativo o apodittico.
Per esempio:
Tutti gli uomini sono mortali
Socrate è un uomo
Socrate è mortale
(P)
(p)
(c)
Le proposizioni
Proposizioni
Le dieci categorie
Le proposizioi inoltre si presentano come unioni di più termini che Aristotele
divide in categorie.
Categorie
1. sostanza
2. qualità
3. quantità
4. relazione
5. luogo
6. tempo
7. stato
8. possesso
9. attività
10. passività
Metafisica
L'opera più vasta e complessa del corpus aristotelico è sicuramente la Metafisica.
Il tiolo "μετά τα Φυσικά", cioè "dopo gli scritti di fisica", non risale però allo stesso Aristotele.
Alcuni lo attribuiscono ad Andronico, altri ad Eudemo di Rodi, allievo del filosofo.
La Metafisica non ha una struttura organica, anzi sembra più un assemblaggio di scritti che coprono un arco di circa
25 anni.
Tuttavia presenta una sostanziale coerenza ideologica e
contenutistica.
Sapienza = σοφία
Esperienza = ἐμπειρία
Arte = τέχνη
Scienza = ἐπιστήμη
Meraviglia = θαυμάζειν
Tutti gli uomini per natura
tendono al sapere.
Segno ne è l’amore per le sensazioni: infatti, essi amano le sensazioni per se stesse e, piú di tutte, amano la
sensazione della vista.
Ed il motivo sta nel fatto che la vista ci
fa conoscere piú di tutte le altre
sensazioni e ci rende manifeste numerose differenze
fra le cose.
Inoltre, noi riteniamo che
nessuna delle sensazioni sia
sapienza [σοφία].
Infatti, se anche le sensazioni sono per eccellenza gli strumenti di conoscenza [γνῶσις], non ci dicono, però, il perché di nulla:
non dicono, per esempio, perché il fuoco è caldo, ma solamente segnalano il fatto che
esso è caldo.
Noi riteniamo che il sapere sia proprio
piú all’arte che all’esperienza, e giudichiamo più sapienti coloro che posseggono l’arte [ τέχνη ] di coloro che posseggono la sola esperienza.
Gli empirici sanno il puro dato di
fatto, ma non il perché di esso;
invece gli altri conoscono
il perché e la causa.
In generale poi, il carattere che distingue chi sa rispetto a chi non sa, è l’essere capace
di insegnare:
per questo noi riteniamo che l’arte sia soprattutto la scienza
[ ἐπιστήμη ] e non
l’esperienza.
Ora, chi prova un senso di dubbio e di
meraviglia riconosce di non sapere;
E' per questo che anche colui che ama il mito è, in certo qual modo, filosofo: il mito, infatti, è costituito da un insieme di cose che destano meraviglia.
Cosicché, se gli uomini hanno filosofato per liberarsi dall’ignoranza, è evidente che ricercarono il conoscere solo al fine di sapere e non per
conseguire qualche utilità pratica.
Μαρτυρεῖ δὲ αὐτὸ τὸ συμβεβηκός· σχεδὸν γὰρ πάντων ὑπαρχόντων τῶν ἀναγκαίων καὶ πρὸς ῥᾳστώνην καὶ διαγωγὴν ἡ τοιαύτη φρόνησις ἤρξατο ζητεῖσθαι.
Δῆλον οὖν ὡς δι' οὐδεμίαν αὐτὴν ζητοῦμεν χρείαν ἑτέραν, ἀλλ' ὥσπερ ἄνθρωπος, φαμέν, ἐλεύθερος ὁ αὑτοῦ ἕνεκα καὶ μὴ ἄλλου ὤν, οὕτω καὶ αὐτὴν ὡς μόνην οὖσαν ἐλευθέραν τῶν ἐπιστημῶν· μόνη γὰρ αὕτη αὑτῆς ἕνεκέν ἐστιν.
Quanto è accaduto lo attesta: infatti quando era già disponibile quasi tutto ciò che occorreva per vivere sia per la comodità sia il benessere, comiciò ad essere ricercato il pensiero stesso.
È, dunque, evidente che la ricerchiamo senza avere scopi estranei, ma, come diciamo libero un uomo che vive per se stesso e non è asservito ad altri, così consideriamo libera questa scienza, tra tutte: solo essa, infatti, è per se stessa
La ricerca del bene individuale e del bene collettivo sono rispettivamente oggetto dell'etica e della politica.
Il corpus Aristotelico comprende tre scritti riguardanti l'etica:
Per quanto riguarda la politica invece scrisse la Politica e le Costituzione degli Ateniesi.
Etica
Il pensiero di Aristotele sul destino ultraterreno non è molto chiaro; tuttavia l'assenza di un'escatologia lascia intendere che egli non credesse in un'immortalità personale.
L'etica dunque è finalizzata al raggiungimento dell'εὐδαιμονία, il fine comune a tutti, attraverso la pratica
delle virtù.
Fondamentale è poi la βίος
θεωρητικός, raggiungibile
soltanto dai filosofi.
Secondo Aristotele l'uomo è principalmente ragione, ma ammette anche l'esistenza di una parte vegetativa, non razionale che da voce ai desideri;
le virtù etiche dominano questi aspetti della natura umana, mentre le virtù dianoetiche riguardano la parte più
elevata dell'anima.
Le virtù etiche sono abitudini di comportamento acquisite allenando
la ragione a dominare sugli impulsi,
attraverso la ricerca del «giusto mezzo»
fra estreme passioni, e sono:
Aristotele identifica la giustizia con la
virtù stessa poichè è il rispetto della legge dello Stato che riguarda tutta la vita morale dei cittadini; inoltre la la distingue in:
ristabilisce l'equità violata.
Le virtù dianoetiche sono proprie della parte razionale dell’anima e secondo Aristotele sono gerarchicamente superiori rispetto a quelle morali.
Le virtù dianoetiche sono cinque:
L’attività spirituale dell’uomo è triplice e consiste nel creare (ποιεῖν), operare (πράσσειν), conoscere (ϑεωρεῖν): al creare corrisponde la virtù dell’arte, all’operare la prudenza, al conoscere il
sapere e l’intelletto.
Quest'opera raccoglie la trattazione più compiuta dell’etica aristotelica; l’indagine deve chiarire quale sia il fine della vita dell’uomo e quali i mezzi mediante i quali ottenerlo. L'intento di Aristotele è dunque quello di precisare in che cosa consista esattamente εὐδαιμονία e, smentendo convinzioni erronee, afferma che essa non vada ricercata nel piacere
o nella ricchezza, bensì nell'ἔργον,
l'attività pratica dell'uomo.
Il giusto mezzo e la felicità
Il giusto mezzo e la felicità
Δεήσει δὲ καὶ τῆς ἐκτὸς εὐημερίας ἀνθρώπῳ ὄντι· οὐ γὰρ αὐτάρκης ἡ φύσις πρὸς τὸ θεωρεῖν, ἀλλὰ δεῖ καὶ τὸ σῶμα ὑγιαίνειν καὶ τροφὴν καὶ τὴν λοιπὴν θεραπείαν ὑπάρχειν.Οὐ μὴν οἰητέοv γε πολλῶν καὶ μεγάλων δεήσεσθαι τὸν εὐδαιμονήσοντα, εἰ μὴ ἐνδέχεται ἄνευ τῶν ἐκτὸς ἀγαθῶν μακάριον εἶναι· οὐ γὰρ ἐν τῇ ὑπερβολῇ τὸ αὔταρκες οὐδ' ἡ πρᾶξις, δυνατὸν δὲ καὶ μὴ ἄρχοντα γῆς καὶ θαλάττης πράττειν τὰ καλά· καὶ γὰρ ἀπὸ μετρίων δύναιτ' ἄν τις πράττειν κατὰ τὴν ἀρετήν· ἱκανὸν δὲ τοσαῦθ' ὑπάρχειν· ἔσται γὰρ ὁ βίος εὐδαίμων τοῦ κατὰ τὴν ἀρετὴν ἐνεργοῦντος.
Καὶ Σόλων δὲ τοὺς εὐδαίμονας ἴσως ἀπεφαίνετο καλῶς, εἰπὼν μετρίως τοῖς ἐκτὸς κεχορηγημένους, πεπραγότας δὲ τὰ κάλλισθ' καὶ βεβιωκότας σωφρόνως· ἐνδέχεται γὰρ μέτρια κεκτημένους πράττειν ἃ δεῖ.
Chi è uomo avrà bisogno anche della prosperità esteriore: la natura umana, infatti, non è di per sé sufficiente per il contemplare, ma c'è anche bisogno che il corpo sia in salute, che ci siano cibo e la restante cura. Certo non bisogna pensare che colui che sarà felice avrà bisogno di molte e grandi cose, se non è possibile essere beati senza i beni esteriori: non sono nell’eccesso, infatti, l’autosufficienza e l’azione, ma è possibile compiere belle azioni anche non avendo il comando di terra e mare; infatti anche con mezzi misurati uno potrebbe agire secondo virtù; è sufficiente infatti questo: sarà felice la vita di colui che agisce secondo la virtù.
Anche Solone definì bene gli uomini felici sono stati in giusta misura forniti di beni esteriori, che hanno continuato a compiere le azioni più belle e a vivere saggiamente. Infatti anche coloro che sono forniti di beni misurati possono compiere ciò che si deve.
Politica
Per Aristotele l’uomo è un animale politico, ovvero un animale sociale il cui naturale luogo di vita è la πόλις. Il saggio vive nella città, dove ha famiglia, amici e schiavi; tale integrazione sociale contribuisce alla sua εὐδαιμονία.
La πόλις è, dunque, sia compimento sia condizione dell’εὐδαιμονία del cittadino.
Aristotele identifica 3 forme di governo possibili:
A ciascuna di esse corrisponde una degenazione, : tirannia, oligarchia, democrazia. Nonostante una certa predilezione per la πολιτεία, Aristotele crede che l’importante sia raggiungere determinati scopi: il benessere materiale, la fioritura morale e l’εὐδαιμονία dei cittadini. La cultura greca è per Aristotele
l’ideale di civiltà, e la πόλις è
l’ideale di stato.
ἐπεὶ δὲ πολιτεία μὲν καὶ πολίτευμα σημαίνει ταὐτόν, πολίτευμα δ’ ἐστὶ τὸ κύριον τῶν πόλεων, ἀνάγκη δ’ εἶναι κύριον ἢ ἕνα ἢ ὀλίγους ἢ τοὺς πολλούς, ὅταν μὲν ὁ εἷς ἢ οἱ ὀλίγοι ἢ οἱ πολλοὶ πρὸς τὸ κοινὸν συμφέρον ἄρχωσι, ταύτας μὲν ὀρθὰς ἀναγκαῖον εἶναι τὰς πολιτείας, τὰς δὲ πρὸς τὸ ἴδιον ἢ τοῦ ἑνὸς ἢ τῶν ὀλίγων ἢ τοῦ πλήθους παρεκβάσεις.
Poichè costituzione vuol dire lo stesso che governo, e il governo è l'auotità dello Stato, è necessario che il sovrano sia o uno o pochi o i molti, quando o l'uno o i pochi o i molti governano per il bene comune, queste costituzioni necessariamente sono rette, mentre quelle che badano all'interesse di uno odi pochi o della massa sono deviazioni.
Deinde aut uni tribuendum est aut delectis quibusdam aut suscipiendum est multitudini atque omnibus. Atque hoc loquor de tribus his generibus rerum publicarum non turbatis atque permixtis, sed suum statum tenentibus.
quae genera primum sunt in iis singula vitiis quae ante dixi, deinde habent perniciosa alia vitia; nullum est enim genus illarum rerum publicarum, quod non habeat iter ad finitimum quoddam malum praeceps ac lubricum.
Il governo quindi deve essere affidato o ad un uomo solo o ad uomini scelti; oppure deve essere assunto da tutto il popolo.Intendo riferirmi a quelle tre forme di governo, che non siano turbate e corrotte, ma conservino un loro stabile equilibrio.
Ma ognuna di esse, presa singolarmente, ha in sé i difetti dei quali ho parlato prima; ed è inoltre esposta ad altri rischi e pericoli, poiché tutte possono rapidamente e bruscamente degenerare in una forma peggiore.
L'obiettivo di Aristotele era ricostituire l'unità del reale e, per riuscirvi, affermò che le cose sono sintesi unitaria di materia = ὓλη
e di forma = ɛἶδoς.
Quindi, anche l'essere ed il divenire risultano conciliabili fra di loro, dato che la coppia materia-forma è come quella di
δὺvαμις = potenza / ἐvὲργɛια = atto
l'essere è solamente il passaggio dalla pura potenzialità della materia alla determinazione della forma.
Dunque l'universo è in continuo movimento e quest'ultimo deve avere un'origine: Dio, Atto Puro e Motore immobile.
Dio
Questa divinità è pura attività contemplativa, essa non può trovare un qualcosa di intellegibile più elevato di se stessa
da qui la defizione di "vὸησις voὴσεως" = pensiero di pensiero.
Pensiero di pensiero
Da ciò deriva la visione di un universo che tende a Dio e che da questa forza di attrazione trae il suo stesso movimento. Infatti, l'immagine della divinità come Vita perfetta e infinito Amore che, secondo la celebre espressione dantesca, Dio "muove 'l sole e l'altre stelle" (Paradiso XXXIII, 145), è appagata dalla sua stessa esistenza.
Dio come Motore Immobile e Pensiero di Pensiero
(Metafisica, 12, 1072a-1072b 30)
Dio come Motore Immobile e Pensiero di Pensie...
(1072a) [...] C'è qualcosa che sempre si muove di moto continua, e questo è il moto circolare; cosicché il primo cielo deve essere eterno. Pertanto, c'è anche qualcosa che muove. E poiché ciò che è mosso e muove è un termine intermedio, deve esserci, per conseguenza, qualcosa che muova senza essere mosso e che sia sostanza eterna ed atto [...] infatti, è il pensiero il principio della volontà razionale. E l'intelletto è mosso dall'intelligibile; e la serie positiva degli opposti e per se stessa intelligibile; e in questa serie la sostanza ha il primo posto, e, ulteriormente, nell'ambito della sostanza, ha il primo posto la sostanza che è semplice ed è in atto [...]
(1072b) Che, poi, il fine si trovi fra gli esseri immobili, lo dimostra la distinzione: fine significa: qualcosa a vantaggio di cui e lo scopo stesso di qualcosa; nel secondo di questi significati il fine può trovarsi fra gli esseri immobili, nel primo significato no. Dunque <il primo motore> muove come ciò che è amato, mentre tutte le altre cose muovono essendo mosse. [...] Da un tale Principio, dunque, dipendono il cielo e la natura. Ed il suo modo di vivere è il più eccellente: è quel modo di vivere che a noi è concesso solo per breve tempo. E in quello stato egli è sempre. A noi questo è impossibile, ma Lui non è impossibile, poiché l'atto del suo vivere è piacere. [...] Ora, il pensiero che è pensiero per sé, ha come oggetto ciò che è di per sé più eccellente. [...] L'intelligenza è, infatti, ciò che è capace di cogliere l'intelleggibile e la sostanza, ed è in atto quando li possiede. Pertanto, più ancora che quella capacità, è questo possesso ciò che di divino ha l'intelligenza; e l'attività contemplativa è ciò che c'è di più piacevole e di più eccellente. [...] Ed Egli è anche vita, perché l'attività dell'intelligenza è vita, ed Egli è appunto quella attività. E la sua attività che sussiste di per sé, è vita ottima ed eterna. Diciamo, infatti, che Dio è vivente, eterno e ottimo; cosicché a Dio appartiene una vita perennemente continua ed eterna: questo, dunque, e Dio.
Dante nella Divina Commedia ha saputo trasformare in poesia la visione aristotelica del divino. Egli tenta di descrivere l'immagine della divinità, così come ha potuto contemplarla alla fine del suo viaggio attraverso l'oltremondo.
Il dio aristotelico diviene il Dio cristiano uno e trino, il Padre che genera il Figlio
e il cui amore verso di Lui assume la forma
dello Spirito Santo.
Divina Commedia, Paradiso Canto XXXIII
Nella profonda e chiara sussistenza
dell'alto lume parvermi tre giri
di tre colori e d'una contenenza;
e l'un da l'altro come iri da iri
parea reflesso, e 'l terzo parea foco
che quinci e quindi igualmente si spiri.
Oh quanto è corto il dir e come fioco
al miio concetto! E questo, a quel ch'i' vidi,
è tanto, che non basta a dicer 'poco' .
O luce etterna che sola in te sidi,
sola t'intendi, e da intelletta
e intendente te ami e arridi!
Divina Commedia, Paradiso Canto XXXIII
Nel suo profondo vidi che s'interna,
legato con amore in un volume
ciò che per l'universo si squaderna:
sustanze e accidenti e lor costume,
quasi conflati insieme, per tal modo
che ciò ch'i' dico è un semplice lume.
La forma universal di questo nodo
credo ch'i' vidi, perché più di largo,
dicendo questo, mi sento ch'i' godo.
...
Così la mente mia, tutta sospesa,
mirava fissa, immobile e attenta,
e sempre di mirar facìesi accesa.
A quella luce cotal si diventa,
che volgersi da lei per altro aspetto
è impossibil che mai si consenta;
però che 'l ben, ch'è del volere obietto,
tutto s'accoglie in lei, e fuor di quella
è defettivo ciò ch'è lì perfetto.
...
Egli distingue due mondi:
Nel suo sistema cosmologico:
Una sezione della parte dedicata al mondo della natura è costituita da opere di argomento biologico e psicologico. Nonostante gli inevitabili errori, sono ammirevoli alcune intuizioni ed il tentativo di classificazione del regno animale.
Quanto all'anima:
Le idee non sono dunque innate come voleva Platone, ma frutto di esperienza
Aristotele fu di fatto, nel corso del tempo, un punto di riferimento non solo in ambito filosofico ma anche
scientifico e matematico. Il termine Aristotelismo sta ad indicare sia la dottrina di Aristotele, sia le correnti
filosofiche dei suoi discepoli.
Culla dell'aristotelismo nell'antichità fu la scuola peripatetica che prolungò e sviluppò i suoi interessi fisico-naturalistici.
La Scolastica medievale tuttavia segnò la vittoria dell'aristotelismo in Occidente.
Con la dissoluzione della Scolastica inizia la decadenza dell'aristotelismo occidentale ma soprattutto il
platonismo dell'Umanesimo e l'affacciarsi di un
nuovo empirismo sancirono la fine
dell'aristotelismo come
dottrina viva.
Assente dalla patristica sia greca sia latina in cui domina il platonismo, l'aristotelismo conobbe uno dei momenti di maggiore splendore presso gli Arabi.
Avicenna e Averroè
Anche Dante Alighieri lo ricorda
nella Divina Commedia:
"Poi ch'innalzai un poco più le ciglia,
vidi 'l maestro di color che sanno
seder tra filosofica famiglia.
Tutti lo miran, tutti onor li fanno"
[Inferno, Canto IV]
Dante
Dialogo sui massimi sistemi del mondo
Galileo
Uno degli esempi più evidenti della progressiva rivalutazione della filosofia aristotelica è l'opera di Galileo Galilei, fisico, astronomo, filosofo e matematico italiano, considerato il padre della
scienza moderna.
In questo scritto Galileo presenta le sue nuove e innovative teorie, totalmente in contrasto con la precedente concezione dell'Universo, ovvero quella Aristotelico-Tolemaica.
Contro l'ipse dixit
SIMP. Signori, io voglio che voi sappiate che questa disputa dell'origine de i nervi non è miga cosí smaltita e decisa come forse alcuno si persuade.
SAGR. Né sarà mai al sicuro, come si abbiano di simili contradittori; ma questo che voi dite non diminuisce punto la stravaganza della risposta del Peripatetico, il quale contro a cosí sensata esperienza non produsse altre esperienze o ragioni d'Aristotile, ma la sola autorità ed il puro ipse dixit.