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Con il termine doping si intende l'uso (o abuso) di particolari sostanze o medicinali con lo scopo di aumentare artificialmente il rendimento fisico e le prestazioni dell'atleta.
Il termine deriva dalla parola inglese "dope": essa, in principio, indicava una mistura di vino e tè bevuta regolarmente dagli schiavi americani per rimanere attivi e lavorare. II ricorso al doping è un'infrazione sia all'etica della scienza medica sia a quella dello sport, su cui si basano i principi del Fair Play:
1 Giocare per divertirsi.
2 Giocare con lealtà.
3 Rispettare le regole del gioco.
4 Rispettare i compagni di squadra, gli avversari, gli arbitri e gli spettatori.
5 Accettare la sconfitta con dignità.
6 Rifiutare il doping, il razzismo, la violenza e la corruzione.
7 Essere generosi verso il prossimo e soprattutto verso i più bisognosi.
8 Aiutare gli altri a resistere nelle difficoltà.
9 Denunciare coloro che tentano di screditare lo sport.
10 Onorare coloro che difendono lo spirito olimpico dello sport.
Hans Lilyenwall
Alle Olimpiadi di Roma del 1960, il ciclista danese Knud Enemark Jensen cade durante la 100 km a squadre ed entra in coma: all’inizio si pensò a un malore causato dalle forti temperature estive, ma l’autopsia chiarì che il ciclista danese aveva fatto uso di sostanze dopanti.
Qualche anno dopo la tragedia, nel 1967, il Comitato olimpico (CIO) decide di istituire una commissione medica e di iniziare i controlli antidoping nei successivi giochi, quelli invernali ed estivi del 1968.
E proprio a Città del Messico il CIO applica la prima squalifica per doping. Con lo svedese Hans LilJenwall, il quale sarà ricordato negli annali come il primo atleta nella storia dei Giochi olimpici ad essere escluso per uso di sostanze illegali: gareggiava nel pentathlon e fu trovato con una quantità eccessiva di alcool nel corpo. Lui si giustificò dicendo che aveva bevuto due birre per stemperare la tensione, ma dovette comunque restituire la medaglia. La squalifica di LilJenwall valse il bronzo alla squadra atletica della Svezia.
Se nelle civiltà antiche si faceva ricorso a funghi, piante e bevande stimolanti, con lo sviluppo della farmacologia e dell'industria farmaceutica si assiste nel XIX secolo ad una diffusione di sostanze quali alcool, stricnina, caffeina, oppio, nitroglicerina e trimetil (sostanza alla quale si deve la prima morte conosciuta per doping, quella del ciclista Linton nel 1886).
I regolamenti sportivi vietano il doping, regolamentando strettamente le tipologie e le dosi dei farmaci consentiti, e prescrivono l'obbligo per gli atleti di sottoporsi ai controlli antidoping, che si effettuano mediante l'analisi delle urine e in taluni casi anche del sangue.
Gli atleti che risultano positivi alle analisi vengono squalificati per un periodo più o meno lungo; nei casi di recidiva si può arrivare alla squalifica a vita.
La lista delle sostanze biologicamente e farmacologicamente attive che circolano negli spogliatoi e nelle palestre è molto lunga. Si possono raggruppare in tre categorie principali:
La EPO è una glicoproteina prodotta dal rene che agisce stimolando la proliferazione e la maturazione di globuli rossi. Il suo uso in medicina è relativo al trattamento dell´anemia nei pazienti con insufficienza renale cronica.
Il ricorso all´EPO comporta rischi non trascurabili per la salute dell'atleta, correlati all'aumento della viscosità del sangue e della pressione arteriosa, come ictus, trombosi e infarto del miocardio.
Nella pratica sportiva, l'utilizzo di steroidi anabolizzanti accresce lo sviluppo muscolare, potenziando la forza fisica e la resistenza allo sforzo. Gli effetti negativi includono tossicità a carico del fegato, degli apparati cardiovascolare e endocrino, sviluppo di tumori e disturbi psichiatrici.
Gli stimolanti (ad esempio amfetamine, cocaina, efedrina, pseudoefredina, caffeina) sono impiegati ad uso doping in quanto aumentano il livello di vigilanza, riducono il senso di fatica e possono aumentare l'agonismo e l'aggressività. Altri effetti negativi comprendono disturbi cardiovascolari fino ad aritmie anche mortali e veri e propri disturbi neurologici e psichiatrici.
"Disciplina della tutela sanitaria delle attività sportive e della lotta contro il doping"
Art. 1 (Tutela sanitaria delle attività sportive. Divieto di doping)
1. L’attività sportiva è diretta alla promozione della salute individuale e collettiva e deve essere informata al rispetto dei principi etici e dei valori educativi richiamati dalla Convenzione contro il doping, con appendice, fatta a Strasburgo il 16 novembre 1989, ratificata ai sensi della legge 29 novembre 1995, n. 522. Ad essa si applicano i controlli previsti dalle vigenti normative in tema di tutela della salute e della regolarità delle gare e non può essere svolta con l’ausilio di tecniche, metodologie o sostanze di qualsiasi natura che possano mettere in pericolo l’integrità psicofisica degli atleti.
2. Costituiscono doping la somministrazione o l’assunzione di farmaci o di sostanze biologicamente o farmacologicamente attive e l’adozione o la sottoposizione a pratiche mediche non giustificate da condizioni patologiche ed idonee a modificare le condizioni psicofisiche o biologiche dell’organismo al fine di alterare le prestazioni agonistiche degli atleti.
3. Ai fini della presente legge sono equiparate al doping la somministrazione di farmaci o di sostanze biologicamente o farmacologicamente attive e l’adozione di pratiche mediche non giustificate da condizioni patologiche, finalizzate e comunque idonee a modificare i risultati dei controlli sull’uso dei farmaci, delle sostanze e delle pratiche sopra indicati.
E´ quanto cita l´art. 1 della Legge 14 dicembre 2000, n. 376 che disciplina in Italia la tutela sanitaria delle attività sportive e della lotta contro il doping. Il doping è un reato penale, punito fino a tre anni di reclusione (che possono diventare di più se insorgono danni effettivi per la salute), se ad essere indotto ad assumere sostanze vietate per doping è un minorenne o se, a distribuire le sostanze, è un dipendente del CONI.
Solo in presenza di condizioni patologiche dell'atleta documentate e certificate da un medico e verificata
l´assenza di pericoli per la salute, è consentito un trattamento specifico con sostanze vietate per doping e la possibilità di partecipare ugualmente alle competizione sportiva. Ma anche in questo caso il trattamento deve rispondere a specifiche esigenze terapeutiche e la documentazione deve essere conservata e tenuta sempre a disposizione dall'atleta. Il controllo anti-doping vero e proprio sulle competizioni e sulle attività sportive spetta ad alcuni laboratori accreditati dal Comitato Internazionale Olimpico (CIO).
1. È istituita presso il Ministero della sanità la Commissione per la vigilanza ed il controllo sul doping e per la tutela della salute nelle attività sportive, di seguito denominata "Commissione", che svolge le seguenti attività:
a) predispone le classi di cui all’articolo 2, comma 1, e procede alla revisione delle stesse, secondo le modalità di cui all’articolo 2, comma 3;
b) determina, anche in conformità alle indicazioni del CIO e di altri organismi ed istituzioni competenti, i casi, i criteri e le metodologie dei controlli anti-doping ed individua le competizioni e le attività sportive per le quali il controllo sanitario è effettuato dai laboratori di cui all’articolo 4, comma 1, tenuto conto delle caratteristiche delle competizioni e delle attività sportive stesse;
c) effettua, tramite i laboratori di cui all’articolo 4, anche avvalendosi di medici specialisti di medicina dello sport, i controlli anti-doping e quelli di tutela della salute, in gara e fuori gara; predispone i programmi di ricerca sui farmaci, sulle sostanze e sulle pratiche mediche utilizzabili a fini di doping nelle attività sportive;
d) individua le forme di collaborazione in materia di controlli anti-doping con le strutture del Servizio sanitario nazionale;
e) mantiene i rapporti operativi con l’Unione europea e con gli organismi internazionali, garantendo la partecipazione a programmi di interventi contro il doping;
f) può promuovere campagne di informazione per la tutela della salute nelle attività sportive e di prevenzione del doping, in modo particolare presso tutte le scuole statali e non statali di ogni ordine e grado, in collaborazione con le amministrazioni pubbliche, il Comitato olimpico nazionale italiano (CONI), le federazioni sportive nazionali, le società affiliate, gli enti di promozione sportiva pubblici e privati, anche avvalendosi delle attività dei medici specialisti di medicina dello sport.
1. I produttori, gli importatori e i distributori di farmaci appartenenti alle classi farmacologiche vietate dal CIO e di quelli ricompresi nelle classi di cui all’articolo 2, comma 1, sono tenuti a trasmettere annualmente al Ministero della sanità i dati relativi alle quantità prodotte, importate, distribuite e vendute alle farmacie, agli ospedali o alle altre strutture autorizzate di ogni singola specialità farmaceutica.
2. Le confezioni di farmaci di cui al comma 1 devono recare un apposito contrassegno il cui contenuto è stabilito dalla Commissione, sull’involucro e sul foglio illustrativo, unitamente ad esaurienti informazioni descritte nell’apposito paragrafo "Precauzioni per coloro che praticano attività sportiva".
3. Il Ministero della sanità controlla l’osservanza delle disposizioni di cui al comma 2 nelle confezioni dei farmaci all’atto della presentazione della domanda di registrazione nazionale, ovvero all’atto della richiesta di variazione o in sede di revisione quinquennale.
4. Le preparazioni galeniche, officinali o magistrali che contengono principi attivi o eccipienti appartenenti alle classi farmacologiche vietate indicate dal CIO e a quelle di cui all’articolo 2, comma 1, sono prescrivibili solo dietro presentazione di ricetta medica non ripetibile. Il farmacista è tenuto a conservare l’originale della ricetta per sei mesi.
1. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da tre mesi a tre anni e con la multa da lire 5 milioni a lire 100 milioni chiunque procura ad altri, somministra, assume o favorisce comunque l’utilizzo di farmaci o di sostanze biologicamente o farmacologicamente attive, ricompresi nelle classi previste all’articolo 2, comma 1, che non siano giustificati da condizioni patologiche e siano idonei a modificare le condizioni psicofisiche o biologiche dell’organismo, al fine di alterare le prestazioni agonistiche degli atleti, ovvero siano diretti a modificare i risultati dei controlli sull’uso di tali farmaci o sostanze.
2. La pena di cui al comma 1 si applica, salvo che il fatto costituisca più grave reato, a chi adotta o si sottopone alle pratiche mediche ricomprese nelle classi previste all’articolo 2, comma 1, non giustificate da condizioni patologiche ed idonee a modificare le condizioni psicofisiche o biologiche dell’organismo, al fine di alterare le prestazioni agonistiche degli atleti ovvero dirette a modificare i risultati dei controlli sul ricorso a tali pratiche.
3. La pena di cui ai commi 1 e 2 è aumentata:
a) se dal fatto deriva un danno per la salute;
b) se il fatto è commesso nei confronti di un minorenne;
c) se il fatto è commesso da un componente o da un dipendente del CONI ovvero di una federazione sportiva nazionale, di una società, di un’associazione o di un ente riconosciuti dal CONI.
Diego Armando Maradona, doppia squalifica negli anni 90
Diego Armando Maradona, probabilmente il più grande calciatore di tutti i tempi, è stato squalificato due volte per doping. La prima volta nel 1991, quando fu trovato positivo alla cocaina: fu squalificato per due anni e l’episodio segnò la fine della sua carriera al Napoli. La seconda volta durante i mondiali di calcio del 1994, ai quali Maradona era arrivato dopo molte traversie fisiche e tecniche: giocò bene la prima partita, segnando anche un gol, ma fu trovato positivo all’efedrina, una sostanza stimolante, prima della fine del girone di qualificazione. La FIFA espulse Maradona dalla competizione.
Il ciclista italiano Marco Pantani, vincitore di un Giro d’Italia e di un Tour de France, fu escluso dal Giro del 1999 a causa di un valore di ematocrito nel sangue superiore alla soglia consentita. Pantani si trovava all’apice della sua carriera, un anno prima aveva vinto sia il Giro che il Tour: sarà sospeso per 15 giorni, trovandosi costretto a lasciare la gara, e non sarà mai squalificato per doping, per quanto gli alti valori di ematocrito, pericolosi per la salute, segnalassero la possibile assunzione di eritropoietina (EPO). L’episodio segnò la fine della carriera ad altissimi livelli di Pantani, che ebbe poi grandi problemi di depressione e morì il 14 febbraio del 2004 per un’overdose di cocaina.
E’ un uragano quello che si è abbattuto sull’atletica russa. La Commissione della Wada, l’agenzia mondiale antidoping presieduta dal canadese Dick Poound, ha presentato un report dai riscontri agghiaccianti. La Russia avrebbe praticato negli ultimi anni un vero e proprio doping di Stato creando un'organizzazione interamente votata alla manipolazione dei risultati. Chiesta anche la radiazione a vita di cinque atleti, tra cui i nomi più noti sono quelli dell’olimpionica degli 800 a Londra, Marya Savinova e della terza di quella gara, Ekaterina Poistogova. Chiesta la squalifica per due anni di tutti gli atleti russi. E quindi niente olimpiadi e niente europei.
Alle Olimpiadi di Rio 2016 la decisione di ammettere o meno gli atleti russi fu presa dalle singole federazioni sportive Mondiali, diverso invece il metro alle Paralimpiadi dove non è stato ammesso nessun atleta russo.
André Onana è stato sospeso per un anno: secondo l'Ajax, per aver assunto per errore un farmaco prescritto alla moglie. Il club fece ricorso al CAS (corte arbitrale dello sport). La particolare sostanza proibita era la furosemide, un diuretico presente anche nel lasix. La sua sospensione riguarda le partite di campionato olandese, Europa league, Coppa d'Africa che si giocherà tra gennaio e febbraio 2022.