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Lavoro interdisciplinare storia-arte-letteratura italiana.

Prof.Nocerino

4G

PRIMA GUERRA D'INDIPENDENZA

Carlo Alberto dichiarò guerra all'Austria nel marzo 1848, dando cosi inizio alla prima guerra d'indipendenza, a cui aderirono il regno delle Due Sicilie, la Toscana e lo Stato pontificio, che inviarono reparti regolari e volontari. La prima fase della guerra (29 marzo-9 agosto) fu favorevole al Piemonte. Dopo una serie di al torie la Lombardia, Parma e Modena furono annesse al Piemonte. In seguito alla defezione degli alleati, l'esercito piemontese subi una pesante sconfitta a Custoza, che convinse Carlo Alberto a siglare l'armistizio di Salasco (9 agosto 1848). Nel frattempo, però, la scintilla indipendentista era scoccata: a Roma un moto insurrezionale mise in fuga il papa e dette vita alla Repubblica romana (febbraio 1849), il cui governo fu affidato a un triumvirato. Anche in Toscana fu cacciato il granduca e creato un governo provvisorio. Piemonte infranse allora l'armistizio. La seconda fase della guerra (12-24 marzo 1849) fu brevissima: Carlo Alberto, definitivamente sconfitto a Novara (23 marzo 1849), abdicò in favore di Vittorio Emanuele II, il quale firmò l'armistizio di Vignale. Nel frattempo la Spagna, l'Austria, il regno delle Due Sicilie e la Francia repubblicana aiutarono il papa a rientrare a Roma: nel luglio 1849 la Repubblica romana si arrese e i francesi entrarono in città, ristabilendo il potere pontificio. Il 22 agosto anche Venezia si arrese e tornò sotto il dominio asburgico

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LA SITUAZIONE ITALIANA DOPO IL '48

L'insuccesso della prima guerra d'indipendenza provocò la dura reazione di tutti i regnanti della penisola, che sospesero le costituzioni concesse nel 48, a eccezione del regno di Sardegna, dove Vittorio Emanuele II assegnò la presidenza del Consiglio al moderato Massimo d'Azeglio. Tuttavia il rifiuto da parte del Parlamento di approvare trattato di pace con l'Austria firmato il 6 agosto del 1849, che prevedeva per il Piemonte il pagamento di una forte indennità di guerra, costrinse il re a sciogliere l'assemblea e indire nuove elezioni, invitando i sudditi, con il proclama di Moncalieri, a scegliere uomini politicamente più responsabili. La nuova Camera dei deputati, composta da una maggioranza moderata, permise la firma del trattato. Dopo la pace d'Azeglio varò le leggi Siccardi (1850) eliminando privilegi feudali della Chiesa. Nel frattempo entrava a far parte del governo il moderato di destra Camillo Benso conte di Cavour (1810-1861), il quale strinse un'alleanza (connubio) con Urbano Rattazzi, esponente della sinistra liberale, per creare una solida maggioranza parlamentare. Quando il governo d'Azeglio si dimise nel 1852, il re affidò l'incarico di formare un nuovo governo a Cavour, che ispirò la sua politica economica al liberismo più moderno, incentivando l'impresa privata tramite riforme che ne agevolassero le iniziative: infrastrutture, riforma fiscale, snellimento della burocrazia, politica scolastica, legislazione sociale, modernizzazione dell'agricoltura, potenziamento e ampliamento delle industrie. Si creò invece un clima di tensione tra Stato e Chiesa quando fu promulgata, nel 1855 La "legge dei conventi", che sopprimeva gli ordini religiosi contemplativi. In politica estera Cavour si adoperò per dare maggior prestigio al Piemonte in ambito internazionale, con lo scopo di risolvere la questione dell'unità d'Italia per via diplomatica.

IL PROGETTO DI CAVOUR PRENDE FORMA

L'occasione fu fornita dalla guerra di Crimea (1853-1856), combattuta da Francia e Inghilterra a sostegno dell'Impero ottomano contro la Russia, che intendeva espandersi nei Balcani. Cavour inviò truppe piemontesi a sostegno dell'esercito anglo-francese, partecipando cosi al congresso di pace di Parigi (1856), dove pote porre la "questione italiana" all'attenzione delle potenze europee. Intanto si faceva sempre più palese il fallimento delle iniziative mazziniane. La spedizione di Pisacane nel regno di Napoli, con lo scopo di dar vita a una rivolta contro i Borboni, come anche i moti insurrezionali di Genova e di Livorno furono soffocati sul nascere (1857). Tali esiti negativi rafforzarono l'ipotesi monarchica, che assegnava al regno sabaudo un ruolo di guida nel processo di unificazione dell'Italia. Nel gennaio 1858 l'attentato a Napoleone III da parte del mazziniano Fe- lice Orsini provocò grande tensione tra Parigi e Torino. Tuttavia l'incontro a Plombières tra Napoleone III e Cavour creò le premesse per la firma un trattato con cui la Francia si impegnava a intervenire a fianco del Piemonte, se l'Austria lo avesse attaccato. Non restava quindi che indurre l'Austria a dichiarare guerra.

LA SECONDA GUERRA D'INDIPENDENZA

Nel 1856 Cavour decise di chiedere aiuto alle potenze europee, senza ottenere niente. Intanto il governo piemontese ottenne dei contatti con NapoleoneIII , il quale accolse molto positivamente l'idea di un espansione francese ai danni dell'impero asburgico. In base ad un trattato di alleanza l'Italia sarebbe stata divisa in tre regni: uno settentrionale(Piemonte, Lombardia , Veneto ed Emilia Romagna) con a capo i Savoia; uno centrale (Toscana e Stato della Chiesa, esclusa Roma che sarebbero stati sotto il dominio pontificio) e uno meridionale che coincideva territorialmente con il regno delle due Sicilie. In cambio la Francia avrebbe avuto i territori di Nizza e Savoia, ma il vero obiettivo di Napoleone era quello di porre a capo del regno centrale il proprio parente, il figlio Murat.

Cavour per aprire le ostilità con l'Austria ordinò un paio di manovre ai confini del Lombardo-Veneto. Cosi l'Austria inviò un ultimatum in cui chiedeva la smobilitazione bellica. Il rifiuto franco-piemontese diede inizio alle ostilità. L'esercito franco-piemontese sconfisse ripetutamente gli austriaci nelle battasi Magenta, solforino e San Martino, ma poi Napoleone decise di porre fine alla guerra per colpa degli alti osti umani e finanziari. Cosi Napoleone l'11 luglio firmo con gli austriaci l'armistizio di Villafranca, in base al quale l'Austria cedeva al Piemonte la Lombardia, ma restava in possesso delVeneto.

Male armati e mal equipaggiati, i garibaldini, riuscirono tuttavia a respingere le forze borboniche, e Garibaldi proclamò la fine del potere Borbonico in Sicilia. Ma il 20 Luglio presso Milazzo le forze Borboniche furono sconfitte.

Intanto in Sicilia cresceva la tensione sociale nell'isola, e i contadini occupavano i grandi latifondi, e ci fu una grande delusione, quando i liberatori avviarono una serie di riforme, e ci furono delle ribellioni.

Il 20 Agosto Garibaldi sbarcava sulle coste della Calabria per affrontare l'esercito borbonico. L'11 settembre le forze Piemontesi entrarono in Umbria e nelle Marche e dopo aver battuto l'esercito pontificio continuarono a marciare verso sud, mentre Garibaldi infliggeva sconfitte alle truppe Borboniche nella battaglia del Volturno. Il 17 Marzo 1861, la prima assemblea nazionale proclamò Vittorio Emanuele II re d'Italia " per grazia di Dio e volontà della nazione".

Fare gli italiani

"Fatta l'Italia rimanevano da fare gli italiani".

Lo storico Pasquale Villari, ministro della pubblica istruzione, disse che "una nazione civile è quella che ha le scuole le quali, mentre istruiscono fortificano l'intelligenza e formano tutto l'uomo".

Nella scuola si insegnava la nazione: si scopriva che l'Italia aveva una lingua comune, una letteratura, una storia fatta di personaggi eroici e di eventi chiave. "Fare gli italiani voleva dire innanzitutto far nascere un senso di appartenenza". Così la scuola in poco tempo determinò la diminuzione dell'analfabetismo, la diffusione della lingua italiana e l'avvicinamento alla cultura.

Cuore e Pinocchio

Anche la lettura contruibuì alla formazione dell giovane nazione italiana. Nel 1883 fu pubblicato a Firenze Pibnocchio di carlo Colloidi, mentre nel 1886 uscì a Milano il romanzo Cuore di Edmondo De Amicis. Cuore è il diario di un bambino di terza elementare, mentre pinocchio rappresenta il percorso di formazione e di trasformazione del protgonista da burattino a bambino, inoltre rappresenta la realtà delle classi più povere, infatti il personaggio impara ad essere bambino e uomo attraverso il lavoro. Altrettanto stava succedendo anche all'Italia, come commentò Alberto Asor Rosa anche la nazione è bambina e va educata.

Una lingua per l'Italia

Al momento dell'unità d'Italia, la lingua italiana(cioè il dialetto fiorentino) era usata solo da una minoranza: la maggioranza parlava solo il dialetto. In questo periodo prevalse la posizione di Alessandro Manzoni che vedeva l'unificazione come un valore: tutta l'Italia doveva parlare il fiorentino e il compito più grande era affidato alla scuola.

Gli insegnati furono trasferiti in regioni diverse da quelle di origine, si diffusero vocabolari e manuali per il corretto uso della lingua.

Arte: Hayez

La scena è ambientata in un vago interno medievale. Si tratta dell'androne di un castello, di cui sono messi in rilievo tre gradini, a destra della tela, e l'estesa parete lapidea; la superficie di quest'ultima occupa omogeneamente quasi tutto lo sfondo del dipinto, e di fatto viene interrotta solo da un varco archiacuto gotico, introdotto da una sottile colonnina, e da una bifora che si staglia in alto a destra, appena accennata in quanto tagliata dal margine superiore del quadro. Ebbene, in quest'ambientazione medievaleggiante si sta consumando un appassionato quanto sensuale bacio tra due giovani amanti, in un clima di romantica sospensione. L'uomo ha un ruolo attivo nell'amplesso, trattenendo saldamente tra le mani il capo e il viso dell'amata; al contrario, quest'ultima si abbandona languidamente alle effusioni, limitandosi a stringere le spalle dell'amato con il braccio sinistro. Rapiti in un'estasi d'amore, i due corpi si compenetrano appassionatamente, con il busto dell'uomo che asseconda il flessuoso corpo della compagna, arcuato dinanzi a una passione così travolgente.

Il bacio è sì molto sensuale, ma non è molto tranquillo. L'uomo, infatti, poggia la gamba sinistra sul primo gradino della scalinata, lasciando emergere l'elsa di un pugnale dal mantello: quest'instabilità fisica manifesta un certo nervosismo, come se il bacio fosse mosso non da un semplice anelito sentimentale, bensì da un'imminente dipartita, trasformando questo romantico gesto in uno straziante commiato. I toni melodrammatici sono esasperati dalla presenza di una figura in penombra in posizione tergale, dietro il varco archiacuto: le interpretazioni sono molteplici, tanto che si è pensato che si possa trattare di un uomo intento a spiare furtivamente la scena, di un congiurato che attende il congedo del suo sodale dall'amata per cominciare la loro azione, anche se più probabilmente non è nient'altro che una semplice domestica.[10]

Coriolano Emanuela

Indolfi Rosy

Prisco Micae...

Coriolano Emanuela

Indolfi Rosy

Prisco Micaela

IV G

Prof:Nocerino

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