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a
L'Adelchi
Romanticismo e Tragedia
Manzoni prese posizione a fianco dei romantici
Contro le tre unità Aristoteliche alla base del teatro classico:
-tempo - spazio -azione
Conserva questa poiché è l'unica necessaria per poter rappresentare la storia
Il classicismo porta ad una forzatura della verità
Mitologia fonte di falsità ed idolatria
Immorale
(incesti, patricidi, stupri..)
Crea un nuovo genere letterario:
"dramma storico o tragedia cristiana"
Esempio di moralità
Deve rappresentare il
divenire degli eventi e delle problematiche psicologiche e sociali
Lo spettatore è attivo perché dovrà giudicare
Aiutato dal coro, che non serve per far incantare o immedesimare il pubblico,
ma per farlo pensare
Sviluppo della coscienza interiore
Non c'è più il fato
MA
La provvidenza (il disegno di Dio)
Non è una tragedia esasperata,
la sventura è provida:
Gli innocenti che pagano in vita, godranno di un riscatto del loro dramma dopo la morte
Condottiero che servì prima il duca di Milano, Filippo Maria Visconti.
Vistosi trascurato dal duca, passò al servizio della Repubblica di Venezia.
Battaglia di Maclodio (1427)
il conte libera alcuni suoi amici milanesi
Accusato di alto tradimento dal Senato veneziano, viene condannato a morte.
PERSONAGGI STORICI
Hayez nella Milano di Manzoni e di Verdi
PERSONAGGI INVENTATI
Alto grado di potere
Caduta in disgrazia
"Il Conte di Carmagnola", Heyez
Conforto nella fede cristiana
CONTRASTO TRA MORALE CRISTIANA E RAGION DI STATO
I motivi che indussero Manzoni a cimentarsi nella stesura di tragedie furono
Le parti più importanti di questa opera sono:
PREFAZIONE
CORO ATTO II
SCENA FINALE
"CANTUCCIO LIRICO"
endecasillabi sciolti, forma metrica analoga all'ode "Marzo 1821"
spazio riservato al poeta e la sua opinione
SENTIMENTO NAZIONALE
"Chi son essi? Alle belle contrade
Qual ne venne straniero a far guerra
Qual è quei che ha giurato la terra
Dove nacque far salva, o morir? –
D'una terra son tutti: un linguaggio
Parlan tutti: fratelli li dice
Lo straniero: il comune lignaggio
A ognun d'essi dal volto traspar.
Questa terra fu a tutti nudrice,
Questa terra di sangue ora intrisa,
Che natura dall'altre ha divisa,
E ricinta con l'alpe e col mar."
"S'ode a destra uno squillo di tromba;
A sinistra risponde uno squillo:
D'ambo i lati calpesto rimbomba
Da cavalli e da fanti il terren.
Quinci spunta per l'aria un vessillo;
Quindi un altro s'avanza spiegato:
Ecco appare un drappello schierato;
Ecco un altro che incontro gli vien.
Già di mezzo sparito è il terreno;
Già le spade rispingon le spade;
L'un dell'altro le immerge nel seno;
Gronda il sangue; raddoppia il ferir."
"Battaglia di Maclodio", 1590, Francesco Bassano, Palazzo Ducale
"Ahi sventura! sventura! sventura!
Già la terra è coperta d'uccisi;
Tutta è sangue la vasta pianura;
Cresce il grido, raddoppia il furor."
"Perché tutti sul pesto cammino
Dalle case, dai campi accorrete?
Ognun chiede con ansia al vicino,
Che gioconda novella recò?
Donde ei venga, infelici, il sapete,
E sperate che gioia favelli?
I fratelli hanno ucciso i fratelli:
Questa orrenda novella vi do."
"Ahi! Qual d'essi il sacrilego brando
Trasse il primo il fratello a ferire?
Oh terror! Del conflitto esecrando
La cagione esecranda qual è?
Non la sanno: a dar morte, a morire
Qui senz'ira ognun d'essi è venuto;
E venduto ad un duce venduto,
Con lui pugna, e non chiede il perché.
Ahi sventura! Ma spose non hanno,
Non han madri gli stolti guerrieri?
Perché tutte i lor cari non vanno
Dall'ignobile campo a strappar?
E i vegliardi che ai casti pensieri
Della tomba già schiudon la mente,
Ché non tentan la turba furente
Con prudenti parole placar?
Come assiso talvolta il villano
Sulla porta del cheto abituro
Segna il nembo che scende lontano
20. Sopra i campi che arati ei non ha;
Così udresti ciascun che sicuro
Vede lungi le armate coorti,
Raccontar le migliaja de' morti,
E la piéta dell'arse città.
Là, pendenti dal labbro materno
Vedi i figli che imparano intenti
A distinguer con nomi di scherno
Quei che andranno ad uccidere un dì;
Qui le donne alle veglie lucenti
De' monili far pompa e de' cinti,
Che alle donne diserte de' vinti
Il marito o l'amante rapì."
"Battaglia di Maclodio",
Giuseppe Gatteri
"Stolto anch'esso! Beata fu mai
Gente alcuna per sangue ed oltraggio?
Solo al vinto non toccano i guai;
Torna in pianto dell'empio il gioir.
Ben talor nel superbo viaggio
Non l'abbatte l'eterna vendetta;
Ma lo segna; ma veglia ed aspetta;
Ma lo coglie all'estremo sospir.
Tutti fatti a sembianza d'un Solo;
Figli tutti d'un solo Riscatto,
In qual ora, in qual parte del suolo,
Trascorriamo quest'aura vital
Siam fratelli; siam stretti ad un patto:
Maledetto colui che l'infrange,
Che s'innalza sul fiacco che piange,
Che contrista uno spirto immortal!"
CORO IN TEATRO
Rappresentazione del Piccolo Teatro di Milano,
regia di Lamerto Puggelli
Stagione 1989 - 1990
https://www.youtube.com/watch?v=JNE7cp9cX6U
(dal min 5:01)
Qui Manzoni rappresenta per l’ultima volta il trionfo del male nella Storia, temperato solo dalla fede che consola il Carmagnola prima di salire al patibolo.
Pregando riesce quindi a perdonare coloro che lo hanno accusato e rinchiuso e riesce a terminare la sua vita senza rabbia ma con serenità e pace.
Personaggi: Antonietta, Matilde, Gonzaga e il Conte
Testo della scena:
http://www.letteraturaitaliana.net/pdf/Volume_8/t339.pdf
"Il Conte di Carmagnola" non fu proprio un successo all’inizio,
non venne apprezzato né dal pubblico né dalla critica.
«Eroi troppo realistici»
«Feeble tragedy»
Silvio Pellico, scrittore, 1789/1854
Victor Chauvet, drammaturgo, 1788/1842
Henry Hart Milman, storico, 1791/1868
Johann Wolfgang Goethe (1749/1832) scrisse una difesa contro le critiche all'opera di Manzoni
Manzoni scrisse una lettera di ringraziamento:
A Giovanni Volfango Goethe
Milano, 23 gennaio 1821.
Per quanto screditati sieno i complimenti e i ringraziamenti letterarii, io spero ch’Ella non vorrà disgradire questa candida espressione d’un animo riconoscente. Se quando io stava lavorando la tragedia del Carmagnola, alcuno mi avesse predetto ch’essa sarebbe stata letta da Goethe, mi avrebbe dato il più grande incoraggiamento, e promesso un premio non aspettato. Ella può quindi immaginarsi ciò ch’io abbia sentito in vedere, ch’Ella si è degnata di osservarla tanto amorevolmente e di darne dinanzi al pubblico un così benevolo giudizio.
Ma, oltre il prezzo che ha per qualunque uomo un tal suffragio, alcune circostanze particolari l’hanno renduto per me singolarmente prezioso: e mi permetto brevemente di esporgliele, per motivare la mia doppia gratitudine.
Ritratto di Goethe, J.K. Stieler, 1828
Stendhal , scrivendo il 2 novembre 1819 al barone Adolphe de Mareste, sostenendo che Manzoni
«avait fait, ce printemps, deux actes fort longs sur la mort du général Carmagnola [...] Ces actes étaient faits pour être lus»
([Manzoni] ha composto, questa primavera, due atti molto lunghi sulla morte del generale Carmagnola [...] Questi atti erano fatti per la lettura).
L'opera andò in scena per la prima volta al Teatro Goldoni di Firenze nell'agosto 1828. La rappresentazione fu allestita dalla compagnia di Luigi Vestri.
Marie-Henri Beyle, anche conosciuto come Stendhal
L’Adelchi fu composto fra i 1820 e il 1822 e uscì, con la dedica alla moglie Enrichetta, presso l’editore milanese Ferrario.
Sia le Notizie storiche preliminari, sia il discorso sui Longobardi testimoniano che il Manzoni era interessato, sotto l’influenza degli storici liberali francesi e tedeschi, a rappresentare il
conflitto fra i barbari oppressori e il popolo latino oppresso
Autocritica
narra
diviso in
Le vicende di Adelchi, figlio dell'ultimo re dei Longobardi, Desiderio, che si svolgono tra il
772 e il 774, anno della caduta del regno longobardo per opera di Carlo Magno
5 atti e 2 cori
linguaggio
Lirico e colto
Per ragioni di Stato Ermengarda, figlia del re dei Longobardi Desiderio, viene ripudiata come sposa da Carlo Magno.
Per vendicarsi, Desiderio vuole fare incoronare dal Papa i figli di Carlomanno rifugiatisi presso di lui alla morte del padre.
Carlo Magno manda un ultimatum a Desiderio, il quale rifiuta e gli dichiara guerra.
Grazie al tradimento dei duchi longobardi l'esercito di Carlo Magno conquista Pavia e fa prigioniero Desiderio.. Ermengarda, che si era rifugiata presso la sorella Anselperga nel monastero di San Salvatore a Brescia, viene a conoscenza delle nuove nozze di Carlo Magno e,
in preda al delirio, muore.
Adelchi, che aveva prima cercato inutilmente di opporsi alla guerra contro i Franchi, combatterà poi fino alla morte. In fin di vita alla presenza di Carlo e del padre prigioniero, invoca, prima di morire, clemenza per il padre e lo consola per aver perduto il trono: non aver più alcun potere infatti non lo obbligherà più "a far torto o patirlo".
Ambientazione nel periodo più buio e barbarico dell'età medievale per i Romantici
Requisitoria sul dramma del potere con tutto ciò che ne consegue
Contrapposto alla figura del protagonista, presentato come
uomo di eccezionale levatura morale
Emergono temi centrali del pensiero manzoniano:
Le contraddizioni insite nella storia umana
La maledizione che grava
su chi esercita il potere e
la follia delle lotte fratricide.
https://online.scuola.zanichelli.it/letterautori-files/volume-2/pdf-online/27-manzoni.pdf
Ripreso dai modelli classici
rielaborato in
Cantucci per commentare le vicende
Adotta come attori del coro terze parti del racconto
Insegnanti del pubblico
Idea della storia dell'Italia, tra passato e presente
tra i barbari oppressori ed il popolo latino oppresso
Lezione di storia
Stile
Versi parisillabi doppi senari, accenti fissi
Monito ai patrioti contemporanei che si troveranno in situazioni simili
Cadenze regolari ed incalzanti, che danno l'impressione di una
marcia bellica
Stesso clima di tensione del 1821,
dopo la repressione violenta
degli Asburgo
Caratteri della ballata romantica
Registro elevato
Libertà e rispetto da conquistare con le proprie forze
Muovere il popolo verso il concetto di nazione
Sintassi semplice, con molte ripetizioni ed anafore che creano un crescendo, per un'impressione complessiva di una drammatica concitazione
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Meditazione personale dei popoli Itallici che assistono alla sconfitta dei loro Longobardi.
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E sopra i fuggenti, con avido brando,
Quai cani disciolti, correndo, frugando,
Da ritta, da manca, guerrieri venir:
Li vede, e rapito d’ignoto contento,
Con l’agile speme precorre l’evento,
E sogna la fine del duro servir.
Udite! Quei forti che tengono il campo,
Che ai vostri tiranni precludon lo scampo,
Son giunti da lunge, per aspri sentier:
Sospeser le gioie dei prandi festosi,
Assursero in fretta dai blandi riposi,
Chiamati repente da squillo guerrier.
Lasciar nelle sale del tetto natio
Le donne accorate, tornanti all’addio,
A preghi e consigli che il pianto troncò:
Han carca la fronte de’ pesti cimieri,
Han poste le selle sui bruni corsieri,
Volaron sul ponte che cupo sonò.
A torme, di terra passarono in terra,
Cantando giulive canzoni di guerra,
Ma i dolci castelli pensando nel cor:
Per valli petrose, per balzi dirotti,
Vegliaron nell’armi le gelide notti,
Membrando i fidati colloqui d’amor.
Dagli atrii muscosi, dai Fori cadenti,
Dai boschi, dall’arse fucine stridenti,
Dai solchi bagnati di servo sudor,
Un volgo disperso repente si desta;
Intende l’orecchio, solleva la testa
Percosso da novo crescente romor.
Dai guardi dubbiosi, dai pavidi volti,
Qual raggio di sole da nuvoli folti,
Traluce de’ padri la fiera virtù:
Ne’ guardi, ne’ volti confuso ed incerto
Si mesce e discorda lo spregio sofferto
Col misero orgoglio d’un tempo che fu.
S’aduna voglioso, si sperde tremante,
Per torti sentieri, con passo vagante,
Fra tema e desire, s’avanza e ristà;
E adocchia e rimira scorata e confusa
De’ crudi signori la turba diffusa,
Che fugge dai brandi, che sosta non ha.
Ansanti li vede, quai trepide fere,
Irsuti per tema le fulve criniere,
Le note latebre del covo cercar;
E quivi, deposta l’usata minaccia,
Le donne superbe, con pallida faccia,
I figli pensosi pensose guatar.
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Apostrofe agli Italici. Sprona a non illudersi che un popolo barbaro possa aiutarli ad avere libertà
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Gli oscuri perigli di stanze incresciose,
Per greppi senz’orma le corse affannose,
Il rigido impero, le fami durar;
Si vider le lance calate sui petti,
A canto agli scudi, rasente agli elmetti,
Udiron le frecce fischiando volar.
E il premio sperato, promesso a quei forti,
Sarebbe, o delusi, rivolger le sorti,
D’un volgo straniero por fine al dolor?
Tornate alle vostre superbe ruine,
All’opere imbelli dell’arse officine,
Ai solchi bagnati di servo sudor.
l forte si mesce col vinto nemico,
Col novo signore rimane l’antico;
L’un popolo e l’altro sul collo vi sta.
Dividono i servi, dividon gli armenti;
Si posano insieme sui campi cruenti
D’un volgo disperso che nome non ha.
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Esatto completamento femminile del fratello
Vittima di un amore sfortunato
La morte le fa' acquisire verginità interiore, collocandola tra gli oppressi
Così verrà amabilmente ricordata e non odiata
Portatrice delle colpe dei suoi cari
Eroina cristiana
Alta levatura morale
Grande spessore psiologico
20 strofe di 6 settenari
Meditazione sul destino di ogni uomo giusto
Si illude che Carlo tornerà a prenderla
e che il loro amore potrà continuare
(affranta dalla malattia d'amore)
Sulla terra non si può provare
altro che dolore ed umiliazione,
addirittura una regina
Alla notizia delle nuove nozze del marito, muore lentemante accompagnata dalle parole dell'autore
Piano piano il suo animo si libererà dalla passione terrena per elevarsi a Dio
Provida sventura
Purificata dalle sofferenze patite e dalle colpa di discendere da una stirpe di oppressori
Sparsa le trecce morbide
Sull’affannoso petto,
Lenta le palme, e rorida
Di morte il bianco aspetto,
Giace la pia, col tremolo
Sguardo cercando il ciel.
Cessa il compianto: unanime
S’innalza una preghiera:
Calata in su la gelida
Fronte, una man leggiera
Sulla pupilla cerula
Stende l’estremo vel.
Sgombra, o gentil, dall’ansia
Mente i terrestri ardori;
Leva all’Eterno un candido
Pensier d’offerta, e muori:
Fuor della vita è il termine
Del lungo tuo martir.
Tal della mesta, immobile
Era quaggiuso il fato:
Sempre un obblio di chiedere
Che le saria negato;
E al Dio de’ santi ascendere
Santa del suo patir.
Ahi! nelle insonni tenebre,
Pei claustri solitari,
Tra il canto delle vergini,
Ai supplicati altari,
Sempre al pensier tornavano
Gl’irrevocati dì;
Quando ancor cara, improvida
D’un avvenir mal fido,
Ebbra spirò le vivide
Aure del Franco lido,
E tra le nuore Saliche
Invidiata uscì:
Quando da un poggio aereo,
Il biondo crin gemmata,
Vedea nel pian discorrere
La caccia affaccendata,
E sulle sciolte redini
Chino il chiomato sir;
E dietro a lui la furia
De’ corridor fumanti;
E lo sbandarsi, e il rapido
Redir de’ veltri ansanti;
E dai tentati triboli
L’irto cinghiale uscir;
Ma come il sol che, reduce,
L’erta infocata ascende,
E con la vampa assidua
L’immobil aura incende,
Risorti appena i gracili
Steli riarde al suol;
Ratto così dal tenue
Obblio torna immortale
L’amor sopito, e l’anima
Impaurita assale,
E le sviate immagini
Richiama al noto duol.
Sgombra, o gentil, dall’ansia
Mente i terrestri ardori;
Leva all’Eterno un candido
Pensier d’offerta, e muori:
Nel suol che dee la tenera
Tua spoglia ricoprir,
Altre infelici dormono,
Che il duol consunse; orbate
Spose dal brando, e vergini
Indarno fidanzate;
Madri che i nati videro
Trafitti impallidir.
E la battuta polvere
Riga di sangue, colto
Dal regio stral: la tenera
Alle donzelle il volto
Volgea repente, pallida
D’amabile terror.
Oh Mosa errante! oh tepidi
Lavacri d’Aquisgrano!
Ove, deposta l’orrida
Maglia, il guerrier sovrano
Scendea del campo a tergere
Il nobile sudor!
Come rugiada al cespite
Dell’erba inaridita,
Fresca negli arsi calami
Fa rifluir la vita,
Che verdi ancor risorgono
Nel temperato albor;
Tale al pensier, cui l’empia
Virtù d’amor fatica,
Discende il refrigerio
D’una parola amica,
E il cor diverte ai placidi
Gaudii d’un altro amor.
Te, dalla rea progenie
Degli oppressor discesa,
Cui fu prodezza il numero,
Cui fu ragion l’offesa,
E dritto il sangue, e gloria
Il non aver pietà,
Te collocò la provida
Sventura in fra gli oppressi:
Muori compianta e placida;
Scendi a dormir con essi:
Alle incolpate ceneri
Nessuno insulterà.
Muori; e la faccia esanime
Si ricomponga in pace;
Com’era allor che improvida
D’un avvenir fallace,
Lievi pensier virginei
Solo pingea. Così
Dalle squarciate nuvole
Si svolge il sol cadente,
E, dietro il monte, imporpora
Il trepido occidente;
Al pio colono augurio
Di più sereno dì.
Personaggio realmente esistito
(ultimo principe dei longobardi)
Eroe romantico condannato
alla sofferenza a causa del dissidio tra reale e ideale
Cristiano di cuore nobile, si scontra con la malvagità del potere
Meditativo, chiuso nella propria interiorità
Qualunque suo sentimento buono e sincero viene oppresso dalla ragion di stato
Sopraffatto dal potere della sua stessa famiglia
Fine della tragedia, dramma storico diventa dramma spirituale
Testamento del padre al figlio
Prega per Carlo
invita il padre a rallegrarsi di non essere più re
Condizione cristologica
Purificazione cristiana
Non sei più nella schiera degli oppressori ma degli oppressi
Adelchi è stato ferito, viene portato al palazzo di Carlo magno, dal padre
Solo la morte fa comprendere il vero significato della vita
concezione pessimistica
Questi anni di prigionia saranno per lui i più felici
Non dovrà esercitare il potere
Non causerà nessun dolore
Frasi brevi ed incisive dove si cela la morale
Illustra la via della redenzione e della salvezza
Rifiuterà il principio
teorico alla base del
romanzo storico (1845):
la storia e la creazione fantastica (“il romanzesco”) sono infatti come l’olio e l’acqua, destinate a rimaner separate, a non potersi mai “fondere”.
Manzoni all’amico Fauriel, nel Novembre del 1821 (prima di accingersi alla revisione della tragedia):
Note Storiche che introducono l’opera (quindi dopo la stesura definitiva):
Dal momento che v’ho detto che la mia tragedia di Adelchi era terminata, salvo la revisione, bisogna che vi dica anche che non ne sono del tutto contento; e se in questa vita così breve si sacrificassero tragedie, questa non sfuggirebbe alla distruzione. Ho immaginato il carattere del protagonista su dati storici che ritenevo fondati [...]; ho fabbricato su questi dati; li ho estesi e mi sono accorto, quando il mio lavoro era ormai avanzato, che in esso non c’era niente di storico. Ne vien fuori un colore romanzesco che mal s’accorda con l’insieme e che sconcerta me stesso non meno che un lettore mal disposto. [...]. Vi dico tutto ciò per addolcire con un’umile confessione il difetto che vi farà la lettura di questo povero Adelchi”.
Per ciò che riguarda la parte morale, s’è cercato d’accomodare i discorsi dei personaggi all’azioni loro conosciute, e alle circostanze in cui si son trovati. Il carattere però d’un personaggio, quale è presentato in questa tragedia, manca affatto di fondamenti storici: i disegni d’Adelchi, i suoi giudizi sugli avvenimenti, le sue inclinazioni, tutto il carattere insomma è inventato di pianta [...] con una infelicità, che dal più difficile
e dal più malevolo lettore non sarà, certo, così vivamente sentita come lo è dall’autore.
Nel 1820 il poeta e drammaturgo francese Jean Joachim Victor Chauvet pubblica un articolo sulla rivista letteraria “Lycée Français” sulla tragedia Il conte di Carmagnola
Apprezza l'opera ma critica l'assenza delle due unità aristoteliche di spazio e tempo (azione in un unico giorno e in un unico ambiente), ciò comporta poca organicità nell'opera.
Due mesi dopo Manzoni scrive la lettera, ma la pubblica solo nel 1823, dopo molte revisioni, a Parigi, in appendice all'Adelchi e al Conte di Carmagnola.
"È una tentazione a cui è difficile resistere, quella di spiegare la tua opinione a un uomo che sostiene l'opinione opposta con grande intelligenza e cortesia, con una grande conoscenza dell'argomento e una ferma convinzione. "
Ritratto di Alessandro Manzoni, Francesco Hayez
Unità d’azione: rappresentazione di un seguito di avvenimenti legati fra loro in modo naturale, non arbitrario.
"questa invenzione è quanto di più facile e di più volgare vi sia nel lavoro del pensiero, quanto1'esiga la minor riflessione e perfino la minore immaginazione. Infatti non c’è nulla di più comune delle creazioni di questo genere"
L’unità è intrinseca ai fatti, non deve essere data da regole estrinseche quali le unità.
per questo
La poesia che si fonda sulla pura immaginazione è la più comune e la più facile, perché non richiede sforzi intellettuali.
Il sistema storico (sistema romantico) rinuncia alle due unità e segue il corso naturale delle vicende con i loro propri personaggi.
Si basa sulla verità.
"I poeti greci attingevano i soggetti, insieme a tutte le circostanze importanti, alle tradizioni nazionali. Non inventavano i fatti; li accoglievano nella forma tramandata dai contemporanei: accettavano, rispettavano la storia come gli
individui,i popoli,i tempi l’avevano fatta."
" [...]invece tutti i grandi monumenti della poesia hanno per base avvenimenti dati dalla storia o, che è lo stesso a questo riguardo, che sono stati un tempo considerati storia."
Le unità costringono ad inventare circostanze per dare verosimiglianza all'azione, concentrata dalle unità stesse su un ritmo non naturale.
"poiché l'arte teatrale compie nuovi passi nel vasto campo della storia, avremo più opportunità di notare gli svantaggi della regola di due unità;"
"L'essenza della poesia non consiste nell'inventare fatti […]"
Prende in esame il romanzesco:
Aristotele, copia romana (I-II secolo d.C.) di un originale in bronzo di Lisippo. Parigi, Museo del Louvre
"[…] lo scoglio del genere romanzesco è rappresentato dal falso. Il pensiero degli uomini si manifesta con maggiore o minore chiarezza attraverso le loro azioni e i loro discorsi; ma anche quando si parte da questa larga e solida base raramente si giunge alla verità nella rappresentazione dei sentimenti umani. "
"Perché questa unità (di azione) esista nel dramma, è necessario," dici, "che, dal primo atto, la posizione e i disegni di ciascun personaggio siano determinati."
Parte della critica di Chauvet, citata da Manzoni nella lettera.
Chauvet sottolinea la necessità che l'azione sia seguita dalle altre due unità di tempo e spazio.
"Anche così ammetteremmo questa necessità, a mio avviso, non ne è seguita la necessità di adottare la regola di due unità. Possiamo benissimo annunciare tutto ciò nell'esibizione dell'opera teatrale, inserire tutti i semi dello sviluppo dell'azione, e tuttavia dare all'azione una durata fittizia molto considerevole, ad esempio di tre mesi. "
"Ti darò solo un esempio, e non è in un teatro romantico che lo cercherò: è Sofocle che me lo fornisce"
Manzoni risponde confutando la necessità di adottare tutte e tre le unità aristoteliche.
"Certo, per essere interessato all'azione, lo spettatore deve conoscere la posizione di coloro che vi prendono parte; ma perché assolutamente dal primo atto? Se l'azione, in atto, fa conoscere i personaggi man mano che la conoscono in modo più naturale, ci saranno interesse, continuità, progressione e perché non unità?"
Far conoscere i personaggi un po' alla volta rende l'azione più naturale e continua.
"Ma quando Emone inizia a interessarsi all'azione, Sofocle lo annuncia e pubblica un momento dopo. Antigone è condannata, la moglie di Emone perirà; è chiamato dall'azione stessa e si mostra"
"Tanto nell’uno come nell’altro dramma un uomo uccide la donna che ama credendola infedele."
"Shakespeare si è preso tutto il tempo di cui aveva bisogno; e l’ha preso dalla storia stessa che gli ha fornito l’argomento. "
Shakespeare aderisce al sistema storico, per questo la vicenda è più credibile.
Othello e Desdemona,
Albrecht de Vriendt
"Jago è il cattivo genio del dramma; egli determina una parte delle vicende, e le avvelena tutte: rimuove o snatura tutte le riflessioni che potevano indurre Otello a riconoscere l’innocenza di Desdemona."
"In Otello, il crimine scorre naturalmente"
"Jago[...] rappresenta un mezzo indispensabile, per raggiungere la verisimiglianza."
"Bisognava che Orosmane, generoso e umano[...] pieno, la mattina, di fiducia e di stima per Zaira, la sera del giorno stesso fosse spinto a pugnalarla nella convinzione di essere da lei tradito. "
"Il poeta, non potendo, in così breve intervallo di tempo, accumulare i falsi indizi che nutrono lentamente i sospetti della gelosia, non potendo condurre per gradi l’animo di Orosmane [...]"
Voltaire ritratto da Maurice Quentin de La Tour (1737–1740 circa)
ha dovuto far nascere la gelosia da un unico equivoco, senza curare l'aspetto psicologico e la forza crescente della gelosia.
"Quanto vi è nella Zaira di vero, di toccante, di poetico, è dovuto al bel talento di Voltaire; quanto invece nella sua trama è forzato e artificioso mi sembra debba attribuirsi, per gran parte, alla costrizione della regola delle due unità."
"Shakespeare spesso mescola la commedia con gli eventi più gravi."
"queste ragioni non mi hanno mai persuaso; e penso, come un bravo e fedele sostenitore del classico, che la miscela di due affetti opposti distrugge l'unità tipografica necessaria per produrre emozione e simpatia; o, per dirla più ragionevolmente, mi sembra che questa miscela, come è stata impiegata da Shakespeare, presenta questo svantaggio. Poiché è davvero e per sempre impossibile produrre un'impressione armonica e piacevole riunendo questi due mezzi"
"È questo l’errore che commettono, inventando i fatti, la maggior parte dei romanzieri. "
semplificazione delle passioni, che perdono profondità.
"Di conseguenza l’epiteto di romanzesco è stato designato ad indicare generalmente, per quel che riguarda i sentimenti e i costumi, quel tipo particolare di falsità, quel tono artificioso, quei tratti convenzionali che contraddistinguono i personaggi dei romanzi."
"Perché, in sostanza, cosa ci dà la storia? Avvenimenti noti, per così dire, solo esteriormente; ciò che gli uomini hanno fatto; "
Lo storico: tramanda testimonianze che riguardano la vita e le imprese di illustri personaggi, seguendo l'ordine naturale degli eventi.
"una delle facoltà più importanti della mente umana, è quella di afferrare, tra eventi, i rapporti di causa ed effetto, che li lega;"
Basandosi su questo presupposto, descrive il compito dello storico e quello del poeta:
Il poeta drammatico deve muoversi in modo analogo allo storico, rispettando il vero storico.
"Questo è il lavoro dello storico. Effettua, per così dire, negli eventi, l'ordinamento necessario per arrivare a questa unità di vista; lascia da parte tutto ciò che non ha nulla a che fare con i fatti più importanti; e, avvalendosi così della rapidità del pensiero, avvicina quest'ultimo il più vicino possibile l'uno all'altro."
"Il poeta sceglie, nella storia, eventi interessanti e drammatici, collegati così fortemente l'uno all'altro, e così debolmente con ciò che li ha preceduti e seguiti, che la mente, profondamente colpita dalla relazione che hanno tra loro, si divertono a formarne uno spettacolo unico e si impegnano con entusiasmo a cogliere il tutto esteso, tutta la profondità di questa relazione che li unisce, per svelare il più chiaramente possibile queste leggi di causa ed effetto che le governano."
"ma ciò che hanno pensato, i sentimenti
che hanno accompagnato le loro deliberazioni e i loro
progetti, i loro successi e insuccessi, i discorsi con i quali
hanno fatto e cercato di far prevalere le loro passioni e le loro
volontà su altre passioni e altre volontà, con i quali hanno
espresso la loro collera, effuso la loro tristezza, con i quali in
una parola, hanno manifestato la loro individualità, tutto ciò,
tranne pochissimo, è passato sotto silenzio dalla storia, e tutto ciò
forma il dominio della poesia."
Tuttavia il poeta è diverso dallo storico, perché il suo compito è rivelare la moralità e l'interiorità dei personaggi.
In questo sta la libertà del poeta di inventare.
Il genere drammatico recupera il significato morale della storia.
Il genere romanzesco si limita ad inventare fatti.
"Manifestare ciò che gli uomini hanno sentito, voluto e sofferto,
mediante ciò che hanno fatto, in questo consiste la poesia
drammatica; creare fatti per adattarvi dei sentimenti, è il grande
compito dei romanzi."
La storia dell'umanità è la manifestazione della volontà di Dio nel corso dei secoli.
Per Manzoni la poesia tragica deve interpretare i fatti storici nel loro significato profondo.
La poesia fa emergere i momenti in cui il destino e le scelte individuali si intrecciano misteriosamente con il disegno divino.
Lo spettatore deve essere portato a riflettere e dare un giudizio morale su ciò che vede.
Affinché ciò avvenga, lo spettatore deve "prendere distanze" dalla vicenda, non immedesimarsi e appassionarsi troppo.
quindi
"Facendoci partecipare a eventi che non ci interessano come attori, di cui siamo solo testimoni, può aiutarci a prendere l'abitudine di fissare i nostri pensieri su queste idee calme e grandi che svaniscono e scompaiono."
La tensione emotiva viene interrotta attraverso i cambiamenti di scena.
Nel 1823 il Marchese Cesare Taparelli d’Azeglio, pubblica La Pentecoste sulla rivista Amico d’Italia, e la invia a Manzoni, assieme ad una lettera in cui sottolinea la debolezza delle idee romantiche, predicendo quindi al Romanticismo vita breve.
Manzoni gli risponde privatamente con la lettera sul Romanticismo, importante perché spiega con chiarezza quali siano le proposte del gruppo dei Romantici lombardi riuniti intorno al Conciliatore, riguardo all'arte e alla letteratura.
Marchese Cesare Taparelli d'Azeglio
Due parti:
John William Waterhouse, Apollo e Dafne
"l’uso della favola è idolatria"
"la parte morale era fondata nell’amore, nel rispetto, nel desiderio delle cose terrene, delle passioni, de’ piaceri portato fino all’adorazione, nella fede in quelle cose come se fossero il fine, come se potessero dare la felicità, salvare"
La mitologia è in declino:
“La mitologia non è morta certamente, ma la credo ferita mortalmente; tengo per fermo che Giove, Marte e Venere faranno la fine che hanno fatto Arlecchino, Brighella e Pantalone, che pure avevano molti feroci e taluni ingegnosi sostenitori.”
l’arte deve fornire insegnamenti morali e civili, aprire la mente e proporre temi legati alla realtà e all’esperienza quotidiana
“La poesia e la letteratura in genere debba proporsi l’utile per iscopo, il vero per soggetto, l’interessante per mezzo. E che in ogni argomento debba cercare di scoprire e di esprimere il vero storico e il vero morale, non solo come fine, ma come più ampia e perpetua sorgente del bello.”
Deriva dall’interpretazione della realtà alla luce del Vangelo.
Lo scrittore deve arricchire la storia con il vero poetico
“Proponendo[...]il vero, l’utile, il buono, il ragionevole, concorre se non altro con le parole, che non è poco, allo scopo della religione”