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Fino alla tarda età repubblicana bastava la semplice volontà del magistrato per condannare a morte qualcuno, ma l’imputato poteva opporsi a questa decisione attraverso la "provocatio ad populum", «ricorso al popolo» che, limitando l’eccessivo imperium del magistrato, sospendeva il suo giudizio e rinviava tutto ai comizi centuriati, che decidevano al suo posto. Questo diritto non fu applicato, per esempio, al caso di Catilina e dei suoi congiurati.
I Romani ricorrevano alla pena di morte e si distinguevano per la grande varietà di esecuzioni.
I traditori potevano essere puniti anche con la precipitazione dalla rupe Tarpea, una roccia che si affacciava su un precipizio del Campidoglio.
La rupe Tarpea
Nella pena del sacco, detta anche Poena Cullei, i colpevoli venivano frustati a sangue e rinchiusi vivi dentro un sacco impermeabile insieme a un cane, un gallo, una vipera e una scimmia. Il sacco veniva successivamente gettato in mare o in un corso d'acqua.
GLI ANIMALI
Gli studiosi, per molto tempo, hanno cercato di comprendere la simbologia di questi animali. Si ha però un ipotesi sulla vipera:si diceva che ˜i figli della stessa, per l'impazienza di uscire dal ventre materno, le aprissero il fianco uccidendola. La vipera, come il parricida, uccideva chi l'aveva generata. La scelta del gallo,del cane e della scimmia non è alquanto facile da comprendere.
L'uso del sacco impermeabile, invece, si spiega in questo modo: poichè il parricida era considerato un mostro, bisognava evitare che il suo cadavere contaminasse la natura. Il sacco serviva a isolarlo dall'aria,dalla terra e dall'acqua.In più, prima della cucitura del sacco, il condannato doveva indossare zoccoli di legno per non contaminare il suolo e la sua testa veniva avvolta in un cappuccio di pelle di lupo, per segnalare che egli non apparteneva più al genere umano.
IL SACCO
La passeggiata ignominosa
La passeggiata ignominosa era una tortura simile alla vera e propria decapitazione, dove il condannato veniva legato con le mani dietro la schiena e gli assistenti del magistrato lo frustavano e lo pugnalavano. Alla fine il condannato veniva decapitato dal boia.
Questo metodo consisteva nel legare strettamente il condannato a una forca, un legno a forma di Y nella cui biforcazione veniva bloccato il collo. Si procedeva quindi alla fustigazione, una punizione corporale che prevede l'uso di verghe.
Questa pena di morte veniva adoperata per reati di alto tradimento e anche per chi avesse violato la verginità di una vestale o per chi fosse un autore di malefici.
Il rogo era un genere di esecuzione capitale molto antica. Già le dodici tavole stabilivano che gli incendiari dovessero essere legati, frustrati e bruciati vivi.
Come abbiamo visto, la legge romana prevedeva una grande varietà di esecuzioni capitali: la decapitazione, la fustigazione a morte, il rogo, la precipitazione della rupe Tarpea, la pena del sacco e molte altre.
In età repubblicana la crocefissione era una pena riservata solo agli schiavi,ma solo nella prima età imperiale, si aggiunse ai castighi previsti dalla legge per gli uomini liberi. Tale pena, successivamente venne abolita dall'imperatore cristiano Costantino nel IV sec. d.C, in segno di rispetto per la passione di Gesù.
Nel Vicino Oriente e in Grecia, invece, fu applicato un supplizio alquanto originale. La croce era composta da due legni separati: la parte verticale detta STIPES (palo), era solitamente fissata al suolo in modo permanente. La parte orizzontale detta PATIBULUM, veniva caricata sulle spalle del condannato che la portava fino alla destinazione finale. Come di consuetudine, il condannato prima di essere giustiziato, doveva essere frustato a sangue.
LA PENA DI MORTE OGGI
In alcuni ordinamenti giuridici è prevista per le sole colpe più gravi come l'omicidio e l'alto tradimento; in altri si applica anche ad altri crimini violenti, come la rapina o lo stupro, o legati al traffico di droga; in alcuni paesi infine è prevista per reati d'opinione come l'apostasia o per orientamenti e comportamenti sessuali come l'omosessualità o l'incesto.
La pena di morte è stata abolita o non è applicata nella maggioranza degli stati del mondo[1] mentre è ancora in vigore in altri come per esempio la Cina, la Bielorussia, l'India, il Giappone e gli Stati Uniti d'America.
LA GIUSTIZIA
INTRODUZIONE
Con l’espressione diritto romano si indica l’insieme delle norme che hanno costituito l’ordinamento giuridico romano per circa tredici secoli, dalla data convenzionale della fondazione di Roma fino alla fine dell’impero Giustiniano .
L’importanza storica del diritto romano si riflette ancora oggi in una lista di termini legali latini e si definisce un sistema applicato nella maggior parte dell’Europa occidentale fino alla fine del XVIII secolo.
Nella Roma repubblicana non esisteva la figura del giudice di professione. La giustizia era amministrata da consoli, pretori e dittatori, cioè quei magistrati dotati di imperium, quel potere che obbligava chiunque a rispettare gli ordini importanti. La maggior parte delle cause penali era affidata ai pretori e si svolgeva nel Foro e nelle aule giudiziarie adiacenti. Il senato si occupava dei crimini più gravi come l’alto tradimento.
LA MAGISTRATURA
La magistratura nell'antica Roma indicava ogni carica pubblica per lo più elettiva e temporanea. Questa espressione in seguito ha disegnato una specifica funzione pubblica, quella dei magistrati preposti alle amministrazioni della giustizia. Con l'età Repubblicana si afferma il sistema magistratuale , il quale era fondamento costituzionale dello stato, assieme al Senato e alle assemblee popolari.
La giustizia a Roma era affidata al pretore; in un primo momento c’era un magistrato unico, in seguito i pretori divennero due: il praetor urbanus si occupava di cause riguardanti i cittadini romani, mentre il praetor peregrinus di quelle riguardanti le controversie tra Romani e stranieri.
Com' era fatto un tribunale
Le cause si discutevano nel Foro, in strutture lignee all’aperto chiamate tribunalia. Il praetor sedeva sulla sella curulis e ai suoi lati sedevano i giudici. Più in basso c’erano i banchi dove sedevano i contendenti, i loro garanti, i sostenitori e i clienti. Gli accusati e il loro seguito si presentavano in genere vestiti a lutto. Tutt’intorno si sistemava il pubblico, disposto a corona in più file concentriche. Gli accusati potevano essere consigliati da esperti di questioni giuridiche (advocati) ed erano difesi da avvocati chiamati patroni.
Il processo
Le cause riguardanti le controversie private erano sottoposte alla giurisdizione civile (iurisdictio) e si svolgevano in due sezioni: la prima in iure davanti al magistrato, la seconda in iudicio davanti a un privato avente funzione di giudice. Il querelante (actor) esponeva le sue accuse (nominis delatio) contro un presunto reo e chiedeva al pretore un decreto per sottoporlo a processo, precisando il tipo di azione giudiziaria (actio) che intendeva promuovere nei suoi confronti. L’accusa doveva poi essere messa per iscritto e sottoscritta da altri eventuali accusatori che si fossero associati.
Il pretore, dopo avere ascoltato le due parti, decideva se si dovesse procedere: in caso affermativo, accusatore e accusato dovevano depositare una cauzione e quindi il pretore nominava i giudici. Alcuni di essi potevano essere ricusati dalle parti in causa. Al termine dell’istruttoria, che prevedeva anche l’ascolto dei testimoni, se non si giungeva a un accordo fra i contendenti, si svolgeva l’udienza pubblica in un giorno fissato dal pretore. la sentenza era emessa prima del tramonto. Era possibile ricorrere in appello e il pretore aveva la facoltà di annullare la sentenza per vizio di forma o per dolo.
Le cause di natura criminale riguardavano colpe commesse nei confronti dello Stato o dei beni pubblici ed erano divise anch’esse in due fasi: nella prima (in iure) l’accusatore chiedeva al presidente del tribunale (il pretore o un iudex quaestonis) l’autorizzazione per procedere contro qualcuno. Se si presentavano più accusatori per lo stesso caso, il pretore ricorreva a un’inchiesta preliminare per stabilire chi dovesse sostenere la causa. L’actor esponeva le sue accuse e procedeva all’interrogatorio dell’accusato. Se questi non ammetteva la propria colpevolezza, era fissato un giorno per lo svolgimento del processo vero e proprio.
Nella seconda fase, dopo la chiamata delle parti, era formato il collegio giudicante e quindi l’accusatore esponeva le imputazioni in un discorso che non si poteva interrompere. Seguivano le repliche della difesa e quindi l’altercatio, cioè il dibattito su singoli punti. Erano quindi esaminate le prove, si ascoltavano i testimoni e si valutavano gli indizi. Al termine del dibattimento, che poteva durare anche diversi giorni, i giudici emettevano il verdetto con voto segreto. La sentenza era irrevocabile. Se l’accusato era assolto poteva citare l’accusatore per calunnia.
La legislatura è un periodo in cui un dato organo legislativo è in carica e svolge il proprio mandato elettorale. Ha una durata elettorale, salvo un limite massimo fisaato dalla legge. Una legislatura ha inizio in seguito a elezioni o al momento della procamlazione degli eletti o della cerimoia di insegnamento in una data prestabilita o alla prima seduta utile dell'organo. IL termine legislatura si apllica per convenzione al solo mandato degli organi legislativi collettivi.
Nell’Antica Roma l’esercizio dell’avvocatura era una funzione civile, a cui ci si dedicava gratuitamente, mirando sì al vantaggio che ne vieniva in considerazione, in autorità e in prestigio nella vita politica, ma non per denaro.Una legge del 204 a.C., la lex Cincia, faceva esplicito di accettare denaro per aver difeso una causa; questo aspetto quindi non fu mai osservato come un'esercitazione illegale.
Cicerone,celebre personaggio romano nonché avvocato
Si deve poi tener conto di un’altra differenza: oggi l’avvocato che ha la fiducia del cliente, lo consiglia sulla causa da intraprendere e se ne assume la difesa,mentre, nell'antica Roma chi studiava l’aspetto giuridico della controversia e indicava quale poteva essere il miglior modo d’impostare una causa era generalmente una persona diversa da quella che assiste la parte nel processo: l’uno era il iuris consultus, il giureconsulto che dava pareri, l’altro era l’orator, l'avvocato che interveniva nel giudizio accanto al cliente e “tratta” la causa
Il nome della legge di solito proviene dalla gens del magistrato proponente (console per la lex comitialis, il tribuno della plebe per gli scita plebis), declinato alla forma femminile, perché in latino legge (lex, legis, nominativo plurale leges) è una parola di genere femminile. Quando una legge è redatta da due consoli, vengono indicati entrambi i nomi, con il nome del più anziano scritto per primo. Alcune leggi in elenco sono state emanate dopo la caduta dell'Impero romano d'Occidente (476 d.C.). Tuttavia esse sono state fortemente influenzate dalle leggi romane promulgate precedentemente.
LE LEGGI
I personaggi che hanno contribuito al diritto e alla giustizia dell'antica Roma sono tanti, tra cui Cicerone, Giustiniano, Gaio e Modestino.
PERSONAGGI IMPORTANTI
Gaio è stato un giurista romano.
La sua eccezionale fama tra gli studiosi del diritto romano e del diritto in generale è dovuta al ritrovamento nel 1816 di un manoscritto contenente le Istituzioni, opera in quattro libri (o commentari) che il giurista aveva predisposto a fini didattici e che fotografa con impareggiabile nitidezza il quadro del diritto romano classico. Si tratta dell'unica opera del periodo classico ad esserci pervenuta direttamente, senza il tramite (e le interpolazioni) dei giuristi giustinianei.
Ulpiano
Domizio Ulpiano è stato un politico e giurista romano, considerato uno dei maggiori esponenti della dottrina giuridica romana. Egli formulò e sistemò molte norme del diritto amministrativo, diritto civile romano dell'epoca, che rimangono tutt'oggi a fondamento del diritto moderno e materia di studio nelle facoltà di giurisprudenza. Ulpiano è uno dei cinque giuristi che hanno avuto più considerazione nel periodo imperiale. Inoltre, le sue opere furono ampiamente impiegate nella redazione del Digesto di Giustiniano.