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I PERSONAGGI

ODISSEO

MASCHILI

Odisseo

Odisseo, o Ulissse nella mitologia romana, compare per la prima volta nell'Iliade, anch'essa di Omero. Qui, dopo 10 anni di guerre tra Achei e Troiani, riesce a portare i primi alla vittoria attraverso l'inganno del cavallo di Troia.

Nell' Odissea, che ruota attorno alla figura dell'eroe, si narrano le vicende accadutegli dopo la guerra di Troia nel viaggio di ritorno (Nostos) verso ltaca. Il viaggio dura 10 anni ed è costituito da 12 tappe: ognuna di queste porta Ulisse a confontarsi con un ostacolo da superare, quasi sempre utilizzando la sua furbizia.

Ulisse è figlio di Anticlea e di Laerte, dal quale ha ereditato il regno di Itaca. Da parte materna è quindi pronipote di Ermes.

Ulisse si vanta di discendere per via paterna direttamente da Giove, in quanto il padre di Laerte, cioè suo nonno paterno Arcesio, sarebbe stato figlio di Giove.

Sposo di Penelope, è il padre di Telemaco e, secondo molte tradizioni, di Telegono, avuto con la maga Circe.

Il suo nome può significare "Colui che Odia", in riferimento ai Proci, e "Colui che è odiato", in riferimento a tutti i personaggi che lo ostacolano durante il suo viaggio di ritorno.

Già dall'Iliade Odisseo si distingueva dagli altri eroi per la sua intelligenza e scaltrezza.

Infatti è:

  • Astuto
  • Curioso e Assetato di Conoscenza
  • Saggio
  • Prudente
  • Rispettoso degli Dei
  • Eroe più umano

Il personaggio di Ulisse è visto anche come portatore di quella Hybris, o tracotanza, tipica dell'uomo che vuole superare gli dei e i limiti della conoscenza.

Ne parla anche Dante nel XXVI canto dell'Inferno, dove racconta la storia di Ulisse che, tornato ad Itaca, sceglie di ripartire per oltrepassare coi compagni le Colonne d'Ercole, spingendosi così oltre i confini consentiti all'uomo e andando infine incontro alla morte.

Telemaco

Telemaco è il figlio di Odisseo e Penelope ed era appena nato quando il padre partì per andare a combattere nella guerra di Troia.

Ha vent'anni e cerca delle informazioni sul padre, così si reca a Pilo e a Sparta, su consiglio di Atena.

A Pilo Nestore lo accoglie benevolmente ma non gli sa dire a niente, mentre Menelao, re spartano, gli rivela che Odisseo è ancora vivo.

I primi quattro libri, che parlano appunto della ricerca di Telemaco, si chiamano Telemachia.

Alla fine, al ritorno del padre a Itaca, Atena permette a Telemaco di riconoscere l'identità del padre (XVI-XVIII libro), e aiuta quest'ultimo nella vendetta contro i Proci (XXII libro).

TELEMACO

Laerte

Laerte è un personaggio della mitologia greca, noto per essere uno degli Argonauti e il padre di Ulisse. Secondo alcune fonti secondarie successive a Omero, il padre di Ulisse era Sisifo, che violentò la madre di Ulisse, Anticlea, prima che sposasse Laerte.

Laerte era figlio di Arcesio, o Arcisio e di Calcomedusa. Dal bisnonno Deioneo (figlio di Eolo e padre di Cefalo) derivava l'appartenenza alla stirpe di Deucalione.

Vive lontano dalla Reggia di Itaca e soffre per la lunga assenza del figlio.

Al ritorno di Odisseo ad Itaca ha difficoltà a riconoscelo. Fu solo grazie al racconto circa il frutteto che gli aveva dato in dono che lo riconobbe.

Nel XXIV libro Odisseo lo riporta alla reggia.

LAERTE

Eumeo

Eumeo nasce in un'isola chiamata Siria, dal re di una delle due città che vi si trovavano. Ancora giovanissimo fu fatto schiavo da Laerte, padrone che si dimostrò molto benevolo nei suoi confronti. Eumeo dà informazioni sulle sue origini nel corso del canto XV dell'Odissea, interrogato da Odisseo che gli si presenta sotto le mentite spoglie di un mendicante.

Il migliore e il più fedele tra i servi di Odisseo è il guardiano dei porci. È un personaggio modesto, nonostante egli abbia sangue reale nelle vene, e soffre la lontananza del padrone, con la conseguente rovina del palazzo. Non ha moglie né figli.

Eumeo, fedele ad Odisseo, lo accoglie ad Itaca quando quest'ultimo ha le sembianze di un vecchio mendicante cretese (XIV libro).

Eumeo lo porta alla Reggia dove Odisseo incontra di nuovo il suo cane Argo che lo riconosce e muore subito dopo (XVI-XVIIIlibro).

Aiuta l'eroe a sconfiggere i Proci (XXII libro).

Eumeo è l'esatto opposto etico di questi ultimi: egli custodisce e difende la proprietà del padrone.

EUMEO

Alcinoo

Alcinoo è il re dei Feaci, che abitano l'isola di Scheria, e il padre di Nausicaa.

Ospita con grande generosità Odisseo nella sua reggia quando naufraga sull'isola dopo una tempesta scatenata da Poseidone (VI-VII libro).

E' qui che, durante un banchetto, l'aedo Demodoco canta l'inganno del cavalo e Odisseo, commuovendosi, rivela la sua identità e comincia a raccontare i suoi viaggi sottoforma di flashback (VIII-IX libro).

Una volta apprese le sue disavventure, gli fornì una nave per riprendere il viaggio (XIII libro).

ALCINOO

I Proci

I Proci sono nobili arroganti che vogliono prendere in sposa Penelope, la moglie di Odisseo, per poter prendere il posto sul trono.

Guidati da Antinoo, il più rozzo di tutti, occupano la reggia di Itaca e sperperano le ricchezze e gli avere di Odisseo.

L'eroe si vendicherà di loro al suo ritorno, aiutato da Eumeo, Telemaco, il figlio, e sostenuto da Atena (XXII libro), dopo che nessuno dei Proci era riuscito a superare la sfida indetta da Penelope, ovvero quella di riuscire a tendere l'arco del marito e di centrare con una freccia gli anelli di dodici scuri (XX-XXI libro). Solo Odisseo ce la fa, senza rivelare la sua identità e dopo, tornando sè stesso, dà inizio alla strage.

I PROCI

Eolo

Eolo è il re dei venti, che dona ad Odisseo un vaso continente tutti i venti contrari alla rotta verso Itaca. I compagni, curiosi, aprono il vaso e scatenano una tempesta terribile (X libro).

Secondo l'Odissea e i principali mitografi è un essere umano, non una divinità, a cui Zeus ha affidato la custodia dei venti, ma alcuni autori successivi lo annoverano tra gli dei.

EOLO

Tiresia

Tiresia è un indovino della mitologia greca, figlio di Evereo, della stirpe degli Sparti, e della ninfa Cariclo. Tiresia ebbe una figlia, Manto, anche lei indovina.

Quando Circe lascia partire Odisseo, gli consiglia di scendere nell'Ade per incontrare l'indovino (X libro).

Questo gli rivela che deve sopportare molte altre sofferenze prima di riuscire a tornare in patria (XI libro).

Nell'Ade Odisseo incontra altri eroi Achei che avevano combattuto con lui nella guerra di Troia, come Agamennone e Achille, (oltre alla madre Aticlea).

TIRESIA

FEMMINILI

Le donne nell'Odissea partecipano molto di più rispetto all'Iliade e un'altra differanze è proprio che in questo poema le donne hanno una caratterizzazione psicologica.

Penelope

PENELOPE

Penelope è figlia di Icario e di Policaste (o di Peribea), moglie di Ulisse, regina di Itaca, madre di Telemaco, Poliporte e Arcesilao. Discendeva da parte di padre dall'eroe Perseo (Icario era suo nipote) ed era cugina di Elena.

Prende il nome da un mito riguardante la sua infanzia: quando nacque fu gettata in mare per ordine del padre e venne salvata da alcune anatre che, tenendola a galla, la portarono verso la spiaggia più vicina. Dopo questo evento, i genitori la ripresero con loro e le diedero il nome di Penelope ("anatra"). Tuttavia per alcuni il nome è connesso all'evento della tela che la vide protagonista nell'Odissea, che dal greco si dice pēné.

E' intelligente e astuta perchè riesce ad ingannare i Proci che vogliono la sua mano. Difatti, promette loro che ne prenderà uno in marito una volta che avrà finito di tessere la sua tela, così ci lavora durante il giorno e la disfa di notte.

Odisseo, arrivato a Itaca, travestito da mendicante rassicura la moglie che lui era vivo e che sarebbe tornato presto in patria. La donna lo ringrazia ma gli risponde che ormai aveva perso le speranze (XIX libro).

Quando Odisseo torna ad Itaca e compie la vendetta contro i Proci, Penelope non è ancora sicura che sia veramente lui. Ne ha la certezza però grazie alla prova del letto nuziale, del quale solo lei e il marito erano a conoscenza. Così i due, finalmente ritrovati, passano tutta la notte, addirittura allungata per volere di Atena, a raccontarsi del vent'anni passati separati (XXIII libro).

Euriclea

Originaria di Itaca e figlia di Ops, fu acquistata dal re Laerte per venti buoi e rimase accanto a lui come seconda moglie. Fu la nutrice di Odisseo e la custode fedele della sua casa.

Quando Ulisse tornò ad Itaca sottoforma di un mendicante, lei lo riconosce per una cicatrice provocata da un cinghiale durante una caccia mentre lo lavava (XIX libro).

Euriclea stava per svelare la sua identità a Penelope, moglie di Ulisse, ma lui le impedisce di dirlo e viene aiutato dalla dea Atena e difendere la propria identità per tenerla nascosta. Sempre Euriclea tentò di svelare i nomi delle ancelle che si erano compromesse coi Proci affinché fossero messe a morte da Ulisse, ma egli lo impedisce poiché era un compito degli dei.

EURICLEA

Anticlea

Anticlea è la figlia di Anfitea e di Autolico, quindi nipote di Ermes.

Anticlea è la madre di Odisseo e moglie di Laerte.

Ella è morta a causa del dolore straziante causato dall'assenza del figlio.

L'eroe la incontra dopo che Circe gli consiglia di scendere nell'Ade per incontrare l'indovino Tiresia.

ANTICLEA

Circe

Circe è figlia del Titano Elios e di Perseide, di conseguenza è sorella di Perse, Eete e Pasifae; è la maga che vive sull'isola Eèa.

Quando Odisseo approda qui con le sue navi, lui e i suoi compagni si dividono in due gruppi per andare in esplorazione. Il gruppo in cui non stava Odisseo trova la casa della maga, che li fa entrare e, grazie a una pozione, li trasforma tutti in maiali tranne uno che, cauto, non era entrato e si era affrettato a chiamare gli altri.

Odisseo, grazie all'aiuto del dio Ermes, non viene trasformato e costringe Circe a far tornare umani i suoi compagni. La maga lo fa e, innamoratasi dell'eroe, lo tiene con sè per un anno. Dopodichè, al momento della sua ripartenza, gli consiglia di scendere nell'Ade a parlare con l'indovino Tiresia, che gli dice che dovrà affrontare molte altre sofferenze prima di tornare in patria (X libro).

CIRCE

Calipso

Calipso è una ninfa figlia di Atlantee di Pleione, oppure di Oceano, e della titanide Teti. Da Odisseo partorì i figli Nausitoo e Nausinoo.

Vive sull'isola Ogigia.

Il suo nome deriva dal verbo greco kalùpto, «nascondere» o «coprire».

Odisseo ci arriva naufrago e da solo dopo che i suoi compagni hanno mangiato le vacche sacre al dio del Sole, che poi li uccide tutti.

Calipso, innamoratasi di lui, lo tiene con sè per sette anni sperando di sposarlo.

Dopo il concilio celeste però, gli dei decidono di far ripartire l'eroe e mandano Ermes a riferire la decisione divina alla ninfa (V libro).

Ella, costretta, lo lascia partire, ma lo aiuta anche dandogli consigli e portandogli le scorte utili per il viaggio.

CALIPSO

Nausicaa

Nausicaa è la figlia del re dei Feaci, Alcino, e della regina Arete. Il suo nome, in greco antico, significa "colei che brucia le navi".

Vive sull'isola di Scheria.

Accoglie gentilmente Odisseo quando questo naufraga sull'isola e lo porta nella reggia (VI-VII libro).

Infatti l'eroe era ripartito dall'isola di Calipso e, dopo diciasette giorni di navigazione, Poseidone, infuriato con lui per avergli accecato il figlio Polifemo, scatena una tremenda tempesta (V libro).

NAUSICAA

World War II, also known as the Second World War, was a global war that lasted

DIVINITA'

Le divinità nell'Odissea non partecipano tanto attivamente e frequentemente quanto nell'Iliade. Apparte il concilio celeste, che decide che Odisseo deve ripartire per rientrare in patria, ci sono solo due divinità che partecipano veramente.

Atena

ATENA

Atena è la dea protetrice di Odisseo, del quale apprezza soprattutto l'intelligenza e la scaltrezza.

Secondo la mitologia, la dea Atena è figlia di Zeus e Metis ed è nata dal cervello di Zeus. Si racconta che il dio avesse inghiottito Metis, la dea dell'astuzia, mentre era incinta della dea. La motivazione era attribuita a una profezia, secondo la quale Metis avrebbe partorito una figlia e un figlio e che quest'ultimo sarebbe stato potente da spodestare Zeus stesso. Dopo averla inghiottita, il dio cominciò ad avvertire un forte mal di testa, perciò chiese a Efesto, dio del fuoco, di aprirgli la fronte con un colpo d'accetta. Dalla ferita uscì la dea Atena: adulta, bellissima, con un'elmo d'oro e un giavellotto; Zeus ne è molto orgoglioso. Per quanto riguarda la profezia, Metis rimase nello stomaco di Zeus e il figlio non fu mai partorito.

Atena, conosciuta come Minerva nella mitologia romana, è considerata dea della guerra, della saggezza, dell'intelligenza e della strategia, inoltre è bellissima e si distingue per il suo notevole coraggio. Uno dei suoi epiteti più importanti è Pallade, che significa lanciatrice d'asta.

Atena protegge infatti gli eroi che si basano sull'intelligenza e la strategia; la dea aspira a far trionfare la giustizia. Per questo motivo, i guerrieri che combattevano con l'ingengo bìvenivano protetti dalla dea, quelli che invece combattevano per crudeltà e per il gusto del sangue erano protetti da Ares, dio della guerra.

La dea ha dato il suo nome alla celebre città di Atene, che al tempo era la più bella città di tutta la Grecia.

Atena aiuta Odisseo a farlo ripartire dall'isola di Calipso, consiglia al figlio i luoghi nei quali cercare le informazioni sul padre, trasforma l'eroe in un mendicante quando deve nascondere la sua identità per sconfiggere i Proci e lo sostiene durante la sua vendetta contro i Proci.

Poseidone

POSEIDONE

Poseidone, Nettuno nella mitologia romana, è il dio del mare, dei cavalli e, come "Scuotitore della terra", dei terremoti; è figlio di Crono e Rea, in genere ritenuto il fratello maggiore di Zeus.

Visto che la figura di Poseidone è in stretta relazione sia con il mare che con i cavalli e considerando la lontananza dal mare delle zone in cui abitavano gli antichi indoeuropei, alcuni studiosi ritengono che Poseidone originariamente nasca come un dio-cavallo e che solo in seguito sia stato assimilato alle divinità acquatiche orientali quando i popoli greci mutarono la loro fonte di sostentamento principale passando dalla coltivazione della terra allo sfruttamento del mare con la pesca e i commerci marittimi.

La leggende dice che Crono divorava i suoi figli alla nascita. Questo per evitare di cadere vittima della profezia che lo condannava ad essere spodestato dai propri eredi. Ma Rea, moglie di Crono, stufa di vedersi divorare tutti i figli, alla nascita dell’ultimo, Zeus, mise in atto uno stratagemma. Sostituì il piccolo con un sasso e lo copri con delle fasce affinché il marito non scoprisse l’inganno e lo divorasse.

Una volta cresciuto Zeus poté affrontare Crono e liberare tutti i suoi fratelli costringendo il padre ad espellerli da suo ventre rigettandoli. A sorte si divisero i vari regni e Poseidone divenne così il Dio dei Mari. In età adulta, Poseidone, prese in moglie Alia, la quale partorì sei figli maschi ed una figlia femmina di nome Rodo.

Il simbolo del dio è il tridente e gli animali a lui sacri sono il cavallo (creato da lui dalle onde del mare), il toro e il delfino.

Nell'Odissea Poseidone ostacola Ulisse perchè quest'ultimo ha accecato con un inganno il figlio, il ciclope Polifemo.

Durante il suo viaggio, Odisseo incontra creature fantastiche (Polifemo, le sirene e Scilla e Cariddi), delle popolazioni remote ed esotiche (Ciconi, Lotofagi, Lestrigoni) e esseri dotati di poteri magici (Circe).

CREATURE

FANTASTICHE

Ciconi

I Ciconi erano una popolazione che viveva nel sud-est della Tracia, affacciata sul Mar Egeo. In origine facevano parte del grande gruppo dei Traci, ma finirono poi per costituire un regno autonomo.

Nel IX libro Odisseo racconta che la prima tappa del suo viaggio è Ismara, capitale del regno dei Ciconi, per cercare le provviste necessarie per il viaggio. Il re e i suoi uomini saccheggiano e distruggono la città uccidendo molti guerrieri Ciconi e facendo prigioniere le loro donne.

Ulisse fa irruzione anche nella casa di un vecchio di nome Marone, ma dopo essersi reso conto che si tratta di un sacerdote si astiene dal fargli del male. Marone dunque gli regala Ulisse oggetti preziosi e dodici anfore di vino, con un otre che l'eroe usa in seguito per far ubriacare il ciclope Polifemo.

Ulisse dice ai suoi uomini di affrettarsi, ma invece essi si fermano a consumare le carni e il vino di cui avevano fatto bottino. Sono sorpresi da un esercito cicone, radunatosi per contrattaccare.

Le donne dei Ciconi scappano mentre Odisseo è costretto a salpare dopo aver perso sei uomini per ognuna delle sue dodici navi.

Il viaggio presso la terra dei Ciconi è l'unica tappa del nòstos di Odisseo in un luogo reale.

CICONI

Lotofagi

I Lotofagi ("mangiatori di loto") sono un popolo mitico presente nell'Odissea.

Il loro paese dovrebbe essere sulle coste della Cirenaica. Un luogo individuato in Djerba, nel sud tunisino. Diverse carte nautiche antiche riportano l'isola col nome di Lotophagitis.

Nel IX libro, Odisseo approda presso questo popolo dopo nove giorni di tempesta, che ha colto lui e i suoi uomini presso Capo Malea, spingendoli oltre l'isola di Citera.

I Lotofagi accolgono bene i compagni di Odisseo e gli offrono il dolce frutto del loto, unico loro alimento che però aveva la caratteristica di far perdere la memoria (oblio). Così l'eroe deve imbarcare i compagni a forza e prendere subito il largo per evitare che tutto l'equipaggio, cibandosi di loto, dimentichi la patria e voglia fermarsi in quella terra.

LOTOFAGI

Polifemo

POLIFEMO

Polifemo («che parla molto, chiacchierone» oppure «molto conosciuto»), è un ciclope citato da vari autori antichi: Omero, Teocrito, Euripide, Ovidio, Virgilio.

Odisseo sbarca nella Terra dei Ciclopi (VIII-IX libro).

Spinto dalla curiosità, Ulisse raggiunge e visita la grotta. Al sentire la terra tremare sotto i passi del gigante, l'eroe e i suoi compagni si nascondono, venendo però scoperti. Ulisse si fa avanti, chiedendo ospitalità al ciclope.

Polifemo è il più grande, il più forte e e il più feroce della sua specie e in quanto figlio di Poseidone si vanta di essere più forte persino di Zeus (hybris).

Afferra e divora quattro compagni del re di Itaca e imprigiona i Greci nella grotta, intenzionato a mangiarli uno per uno.

Intrappolato con i suoi compagni nella caverna del Ciclope, il cui ingresso era bloccato da un masso enorme, Ulisse escogita un piano per sfuggire.

Egli offre del vino dolcissimo e molto forte al Ciclope, per farlo cadere in un sonno profondo. Polifemo gradisce il vino che promitte a Odisseo un dono, chiedendogli però il suo nome. Ulisse, astutamente, gli risponde di chiamarsi "Nessuno". "E io mangerò per ultimo Nessuno", fu il dono del ciclope.

Dopodiché Polifemo si addormentò profondamente, stordito dal vino. Egli infatti, insieme ai suoi compagni, prepara un bastone di notevoli dimensioni ricavato da un ulivo che, arroventato, serve ad accecare il ciclope. Polifemo urla così forte da destare dal sonno i ciclopi suoi fratelli. Essi corono alla porta della sua grotta mentre Ulisse e i suoi compagni si nascondono vicino al gregge del ciclope Polifemo. Questo dice ai fratelli che "Nessuno" lo sta cercando di uccidere. I ciclopi allora se ne vanno.

La mattina dopo, mentre Polifemo fa uscire il suo gregge per liberarlo, visto che lui non sarebbe stato più in grado di guidarlo, Ulisse e i suoi soldati si aggrappano al vello del ventre delle pecore per sfuggire al tocco di Polifemo, poiché il Ciclope si trova davanti alla porta della caverna, tastando ogni pecora in uscita per impedire ai Greci di fuggire. Odisseo esce aggrappato all'ariete più grande, il preferito del Ciclope.

Accortosi della fuga dei Greci, Polifemo va su un promontorio, dove, alla cieca, inizia a gettare rocce contro il mare, nel tentativo di affondare la nave. Qui Ulisse commette un errore perchè rivela il suo nome al ciclope. Questo è il motivo per cui Polifemo sa che è stato lui ad accecargli il figlio, perciò se la prende con lui e cerca di ostacolare il ritorno il patria dell'eroe.

Lestrigoni

I Lestrigoni sono un popolo leggendario di giganti cannibali, che per ordine del loro re, Antifate, distruggono le flotte di Odisseo e uccidono tutti i marinai infilzandoli con enormi spiedi.

Si salva dalla strage solo la nave dell'eroe, rimasta all'ancora fuori dal porto (X libro).

La loro città è chiamata Lestrigonia o anche Lamia, da Lamo, suo fondatore all'epoca della guerra di Troia (XII secolo a.C.) e la loro terra si pensa sia la Sardegna.

LESTRIGONI

Le Sirene

SIRENE

Il libro XII dell'Odissea di Omero è il libro dedicato a Ulisse e alle sirene.

Quando Odisseo decide di turare le orecchie ai suoi compagni con la cera, ma di farsi legare all’albero della nave, senza alcuna protezione contro il canto delle sirene, dimostra una sua caratteristica che lo accompagna per tutto il poema: la voglia di conoscere e di sapere, la voglia di provare cose nuove che nessun altro uomo ha mai provato.

Le Sirene fanno forza per spingere Odisseo a raggiungerle: lo tentano promettendo di rivelargli “. . . quanto accade sulla terra feconda. ” Odisseo riesce a resistere solo grazie alla sua saggezza che gli ha consigliato di farsi legare nel caso la sua forza di volontà non fosse bastata da sola a opporsi al canto ammaliatore delle Sirene.

Non è dalle Sirene che Odisseo deve difendersi, ma da se stesso, dai suoi desideri e dalle sue passioni più forti.

La prova e la figura delle sirene è il simbolo dell’uomo a confronto non con una forza esterna contro cui deve combattere, ma con qualcosa di molto più terribile: è l’uomo che è costretto a controllare e mettere in dubbio il suo stesso modo di essere.

"Conoscere sé stesso": Odisseo, consapevole di non poter resistere alle promesse delle Sirene, sapendo fin dove può arrivare con la sua forza di volontà, decide di farsi legare all’albero.

La forza delle sirene sta proprio in questo: parlare a ogni uomo in modo diverso, scovare i desideri più segreti e forti degli uomini e tentarli.

A Odisseo le sirene promettono la celebrazione del suo passato eroico e il sapere di tutte le cose del mondo. Solo conoscendo queste debolezze del suo animo, e prevenendole, Odisseo riesce a salvarsi.

Scilla e Cariddi

Scilla è un mostro marino della mitologia greca.

Secondo la versione più comune, Scilla è figlia del dio Forco (o Forcide) e di Ceto. Secondo la tradizione riportata dall'Odissea, invece, è figlia della ninfa Crateide. La si considerava anche figlia di Tifone ed Echidna, oppure di Zeus e di Lamia, a sua volta figlia di Poseidone.

Scilla viene descritta da Omero nell'Odissea, XII libro, da Ovidio nei libri XIII-XIV delle Metamorfosi e da Virgilio nell'Eneide, III.

Nel XII libro dell'Odissea di Omero, Circe consiglia a Ulisse di navigare più vicino a Scilla, perché Cariddi potrebbe affondare l'intera nave, suggerendogli anche di chiedere a Crateide, madre di Scilla, di impedire alla figlia di balzare sulle navi più di una volta. Ulisse naviga con successo nello stretto, ma quando lui e il suo equipaggio vengono momentaneamente distratti da Cariddi, Scilla cattura sei marinai e li divora vivi.

SCILLA E CARIDDI

Cariddi è un mostro marino della mitologia greca.

In principio era una naiade, figlia di Poseidone e Gea, dedita alle rapine e famosa per la sua voracità.

Un giorno rubò a Eracle i buoi di Gerione e ne mangiò alcuni, tanto che Zeus la fulminò e la fece cadere in mare, dove la mutò in un gigantesco mostro simile a una lampreda, con una gigantesca bocca piena di varie file di numerosissimi denti e una voracità infinita, che risucchiava l'acqua del mare e la rigettava (fino a tre volte al giorno), creando enormi vortici che affondavano le navi in transito. Le enormi dimensioni del mostro facevano sì che sembrasse tutt'uno col mare stesso.

La leggenda la situa presso uno dei due lati dello stretto di Messina, di fronte all'antro del mostro Scilla, sicché le navi che imboccavano lo stretto erano costrette a passare vicino a uno dei due mostri.

Cariddi è menzionata nel canto XII dell'Odissea, in cui si narra che Ulisse, preferisce affrontare Scilla, perdendo quindi solo sei compagni (i rematori più valorosi), divorati dalle altrettante teste di Scilla, anziché l'intero equipaggio. Tuttavia, dopo che Elio e Zeus distruggono la sua nave, Odisseo per poco non finisce nelle sue fauci, aggrappandosi a una radice di un fico sull'isola di Cariddi, prima di venire inghiottito.

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