Possiamo distinguere nella storia dell’analisi economica (2 secoli e un po’) due diversi modi di affrontare il problema del valore delle merci (ovvero il rapporto con cui esse si scambiano) e il problema della distribuzione (del prodotto sociale tra lavoratori, capitalisti e proprietari terrieri).
Il primo approccio ad apparire temporalmente parlando è quello che ha come elemento centrale il concetto di SOVRAPPIU’.
L’attenzione era rivolta al prodotto sociale che un sistema economico era in grado di generare alla fine di ogni periodo (anno solitamente). Tale prodotto sociale era diviso in due parti:
a- Una parte che doveva essere impiegata nuovamente nel processo produttivo in modo tale da garantirne il medesimo risultato nel successivo periodo: mezzi di produzione consumati nel processo + sussistenza per i lavoratori.
b- La parte rimanente è il sovrappiù
Tale approccio trova origine nel lavoro di François Quesnay e nella cosiddetta “scuola Fisiocratica” (seconda metà del ‘700). Viene fatto proprio dagli economisti “classici” britannici da Smith a Ricardo i quali ne svilupparono una teoria della distribuzione: e fu allora che all’interno di queste teorie si pose il problema del valore di scambio delle merci. Successivamente tale concetto di sovrappiù venne ripreso da Marx in totale controtendenza rispetto alla corrente dominante.
2- Il secondo modo di approcciare il problema del valore e della distribuzione è quello che possiamo denominare “Marginalista”.
Tale approccio è fondamentalmente basato sui concetti di domanda ed offerta, e spiega le loro dinamiche mediante la massimizzazione dei profitti per una e la massimizzazione dell’utilità per l’altra.
Francois Quesnay
Adam Smith [1723-1790]
David Ricardo [1772-1823]
Karl Marx [1815-1883]
Nasce in Francia sotto Luigi XIV (Re Sole), da una famiglia di contadini, muore sotto Luigi XV con tanto di titolo di Chirurgo Reale (1723), Scudiero del Re (1752), membro dell’Accademia francese delle Scienze (1752) e membro della Royal Society (1753).
E’ un periodo decisamente fervido per la Francia, è il periodo dell’Illuminismo e soprattutto il periodo che precede la Rivoluzione Francese del 1789. L’evento comunemente preso come spartiacque tra l’età moderna e l’età contemporanea, in quanto comporta un radicale sconvolgimento a livello politico, sociale e culturale.
Di professione è chirurgo (non medico ne tantomeno economista), ma ha notevoli interessi ad accuparsi di agricoltura. Arriva per una serie di concomitanze a curare Re Luigi XV e diventare il medico personale della Favorita del Re, Madame de Pompadour. Questa sua presenza a coorte gli consente di frequentare personalità importanti di quel periodo storico in Francia: collabora con Diderot e D’Alambert alla stesura di alcune voci del progetto sulla prima “Enciclopedia Moderna”, fino a quando tale progetto ha l’appoggio del Re (a seguito di un tentato regicidio tale appoggio verrà a mancare e Quesnay interromperà la collaborazione).
E’ la personalità centrale della cosiddetta “Scuola dei Fisiocratici”, e la sua opera, del 1758, il
SCOPO: Mostrare come il prodotto sociale annuo circoli tra le classi sociali in modo tale da permettere la sua riproduzione nell’anno successivo.
SOCIETA’: Composta da 3 classi:
Gli agricoltori sono la classe produttiva perché a partire da 2 Miliardi ne generano 5, di cui 2 serviranno a far ripartire il processo produttivo e 3 sono di Sovrappiù
Glia artigiani non fanno altro che trasformare i loro 2 miliardi di prodotti agricoli in 2 miliardi di manufatti.
CONCLUSIONI DI CARATTERE POLITICO ECONOMICO:
Lo Stato si sarebbe dovuto astenere il più possibile dall’intervenire nell’economia e lasciare che essa fosse regolata dalle “Leggi della Natura”.
Ovviamente le imposte agli agricoltori andavano abolite essendo essi gli unici a garantire la creazione di prodotto sociale
Esclusione dal prodotto sociale dei manufatti degli artigiani. Ma perché?
Nell’agricoltura, determinare il sostentamento dei lavoratori e il loro “capitale” era sostanzialmente sommare SEMI + SEMI, e quindi il sovrappiù era facilmente individuabile:
Q= Prod. Agr. Sostentamento
R=Prod. Agr. come Capitale
P=Prodotto Sociale in Prod. Agr.
allora se: P > Q+R ecco trovato il SOVRAPPIU'
Nell’artigianato non era così, il prodotto era diverso dalle materie prime utilizzate:
NON E' POSSIBILE FARE: ZAPPE - SEMI.
In realtà il problema che rimane insoluto e che costituirà il filo conduttore dell’analisi dei successivi economisti classici è il PROBLEMA del VALORE, di cosa regoli il rapporto di scambio tra le diverse merci.
Possiamo dire che aver considerato il sovrappiù come peculiare dell’agricoltura condusse i “Fisiocratici” all’errore di attribuire la sua esistenza alla “Generosità della Natura” e non più correttamente al fatto che, date quelle condizioni tecniche, la produttività del lavoro era tale che il lavoratore producesse più di quanto era necessario alla sua sussistenza.
Adam Smith nasce a Kirkcaldy (Scozia) il 5 giugno 1723.
Compie gli studi nelle università di Glasgow e Oxford. Divenuto professore tiene lezioni di retorica e letteratura a Edimburgo dal 1748 al 1751. In questo periodo stabilisce anche una stretta collaborazione con il filosofo David Hume.
Ha modo di conoscere Voltaire a Ginevra nel 1765, poi, molti dei principali esponenti della scuola dei fisiocratici del continente, venendo influenzato in modo particolare da François Quesnay da questi trarrà alcuni elementi che confluiranno nella sua teoria. Dal 1766 lavora alla "Ricchezza delle nazioni" [Indagine sulla natura e le cause della ricchezza delle nazioni]: l'opera viene pubblicata nel 1776, e in qualche modo segna simbolicamente l'inizio della storia dell'Economia come scienza autonoma.
Muore il 17 luglio 1790 ad Edimburgo, lasciando agli amici precise istruzioni per bruciare gran parte dei suoi scritti.
CONTRIBUTO alla Teoria dello SVILUPPO ECONOMICO e alla Teoria del SOVRAPPIU’:
1- L’Analisi della e dei suoi effetti sulla produttività.
2-L’Analisi del valore “Naturale” delle merci --> Punto di partenza per la successiva Teoria del Valore di Ricardo.
3- Il riconoscimento del profitto sul Capitale come un particolare reddito facente parte del sovrappiù, in questo modo l’origine del sovrappiù veniva non più attribuita alla “Generosità della Natura” [Fisiocratici], ma bensì alla “Produttività del Lavoro”, industriale quanto agricolo.
DIVISIONE DEL LAVORO:
Smith nel primo capitolo della sua opera scrive:
“La causa principale del progresso nelle capacità produttive del lavoro, nonché della maggior parte dell’arte, della destrezza e intelligenza con cui il lavoro viene svolto e diretto, sembra sia stata la divisione del lavoro.”
[Smith 1776]
Per capire meglio cosa Smith intende per DIVISONE del LAVORO usiamo una duplice definizione fornitaci successivamente da MARX
DIVISIONE TECNICA del LAVORO DIVISIONE SOCIALE del LAVORO
DIVISIONE TECNICA del LAVORO vs DIVISIONE SOCIALE del LAVORO
Def.
Con divisione tecnica del lavoro ci si riferisce alla divisione all’interno di un’unità produttiva.
Ovvero l’operaio si concentrerà solo su un numero limitato di operazioni e non su tutto il processo produttivo in modo tale da riuscire a svolgere poche operazioni ma meglio e più velocemente aumentando quindi la produttività del lavoro.
Def.
Con divisone sociale del lavoro si intende la divisione del lavoro tra diverse unità produttive. Fondamentalmente si intende il fatto che alcune unità produrranno una merce A, altre una merce B ecc. ecc. e tutta la collettività sarà soddisfatta dall’insieme dei prodotti di tutte le unità produttive e non più da una sola
(a differenza delle economie primitive in cui la famiglia o il villaggio doveva soddisfare i bisogni dell’intera collettività).
Osservazione:
La Divisione del lavoro è dunque sinonimo di specializzazione: ogni soggetto economico - che sia il singolo operaio o la singola impresa- può concentrarsi in compiti più ristretti, svolgerli meglio e inventare modi migliori per svolgerli.
[Boggio, Seravalli p.139]
Inoltre,una società capitalistica ovviamente si caratterizza soprattutto per la seconda divisione tecnica, la prima è già assicurata.
DIVISIONE DEL LAVORO E AMPIEZZA DEL MERCATO:
Un’altro importante aspetto messo in evidenza da Smith nella sua analisi è la relazione tra la DIVISIONE del LAVORO e L’AMPIEZZA DEL MERCATO.
Sostanzialmente afferma che la divisione del lavoro è tanto maggiore quanto è ampio il mercato.
Il senso è che in un mercato ampio c’è molto più opportunità per la nascita e la sopravvivenza di imprese specializzante in un unico prodotto.
(Es. Inizialmente il mercato dell’informatica non era cosi sviluppato da consentire l’esistenza di molte imprese nel mercato e quindi in un primo momento le imprese che fornivano l’hardware fornivano anche il software… in seguito con l’ampliamento del mercato sono nate imprese come la Microsoft specializzate nella sola fornitura del software.).
Inoltre l’ampliamento del mercato consente l’esternalizzazione della produzione di alcuni prodotti utilizzati nel ciclo produttivo di una diversa impresa.
"In definitiva possiamo affermare che: al crescere del prodotto complessivo di un’economia di aprono continuamente in ogni direzione possibilità di aumentare la divisione del lavoro e con essa la produttività delle risorse impiegate. Tale fenomeno, che possiamo chiamare “rendimenti crescenti” a livello macroeconomico, è risultato essenziale per il decollo economico e la crescita sia dei paesi industrializzati sia di quelli in via di sviluppo."
[Boggio, Seravalli p. 140]
Va tenuto conto però del fatto che la crescente divisione del lavoro implica la necessità di un coordinamento tra le decisioni degli agenti economici e siccome tali agenti economici prendono decisioni in una situazione di incertezza non è minimamente assicurato tale coordinamento.
I diversi approcci economici di cui abbiamo accennato precedentemente, presentano possibili situazioni diverse:
A- Lasciare che sia il mercato a equilibrare il sistema liberamente.
B- Deve essere lo Stato ad intervenire con il fine ultimo di garantire tale coordinamento.
IL PROBLEMA CHE SI PONE SUCCESSIVAMENTE:
Il valore delle merci… ma quanto valgono? O meglio ancora in che modo si devono scambiare merci diverse?
START: In una società primitiva in cui non è ancora avvenuta l’appropriazione delle terre e quindi non ci possono essere proprietari terrieri o capitalisti, Smith sostiene che le merci debbano esser scambiate PROPORZIONALMENTE alla quantità di LAVORO necessaria per PRODURRE tale merce: LAVORO INCORPORATO.
Successivamente, in una società più complessa, tale sistema ritiene non poter più funzionare in quanto il valore della singola merce non può essere proporzionale alla quantità di lavoro incorporato e quindi solo dai salari, ma deve essere comprensivo anche delle rendite e dei profitti.
Allora… le merci si scambiano NON secondo il loro lavoro incorporato MA secondo il loro
PREZZO NATURALE vs PREZZO DI MERCATO:
Def:
PREZZO NATURALE =
SALARI x LAVORO IMPIEGATO + PROFITTI x CAPITALE IMPIEGATO + RENDITE x TERRE IMPIEGATE
Dove: Salari, Profitti e Rendite sono calcolati secondo il loro SAGGIO NATURALE.
Cos’è il Saggio???? Banalmente è un rapporto tra due quantità.
Quindi:
-Saggio Naturale del Salario = il salario per il lavoro prestato nell’unità di tempo (1 anno di solito).
-Saggio Naturale di Rendita = allla rendita per unità di tempo di un’unita di terra.
-Saggio del Profitto invece è espresso con un numero puro, in quanto il saggio di profitto è la remunerazione di un’unità di capitale nell’unità di tempo, ma sia la remunerazione che l’unità di capitale sono espressi in valore e quindi diventa un rapporto (5%).
Osservazione:
Ma non esiste un saggio naturale del salario uguale per tutti???
Smith dice che:
A- O ci sono divergenze temporanee e quindi generalizzando non è importante considerarle.
B- Ci sono differenze qualitative del lavoro prestato. Ma allora i rapporti tra questi lavori qualitativamente diversi rimarranno sempre più o meno uguali e quindi una volta considerati tutti questi rapporti si può ricondurre qualsiasi lavoro ad un “lavoro omogeneo” e quello riferirlo al saggio naturale del salario
[2 ore manovale = 1 ora meccanico].
Idem per il saggio di profitto.
Per il saggio di rendita la questione è più complessa e Ricardo l’affronterà meglio.
Una volta definito il PREZZO NATURALE di una merce, Smith definisce il suo PREZZO DI MERCATO:
Def:
PREZZO DI MERCATO = Dipende dalla proporzione tra la quantità di merce prodotta e la DOMANDA EFFETTIVA di quella merce
Ma cos’è la DOMANDA EFFETTIVA?
Def:
DOMANDA EFFETTIVA = è la quantità di quella specifica merce che viene acquistata al PREZZO NATURALE
QUESTO IMPLICA IL SEGUENTE SCHEMINO:
Oss:
Secondo Smith esisterebbe une Meccanismo di Riequilibrio nel caso in cui il prezzo di mercato si discosti continuamente dal prezzo naturale (sostanzialmente le risorse, lavoro capitale e terre, verrebbero spostate dalla produzione di merci con un prezzo naturale minore del prezzo di mercato a merci nella situazione inversa, questo ricondurrebbe il prezzo di mercato vicino a quello naturale).
IMPORTANTE: Molto diverso dai Neoclassici… non c’è una una funzione, non sai dove sarebbe. (Grafico)
Dopo aver definito il prezzo naturale e il prezzo di mercato, Smith fornisce altre due definizioni importanti per la sua analisi:
PREZZO NOMINALE vs PREZZO REALE
Def.
PREZZO NOMINALE = è il prezzo di una merce espresso in MONETA.
Il prezzo nominale non può essere scelto come misura del valore di scambio delle merci in quanto la MONETA E’ SOGGETTA a MUTAMENTI.
Def.
PREZZO REALE = è dato dalla quantità di lavoro che la merce può ACQUISTARE.
(Es. Se il prezzo di una merce è 50 € il salario per un’ora di lavoro è 5 € allora il valore reale della merce è 10 ore).
Tale quantità di lavoro, acquistabile da una merce, si chiama: LAVORO COMANDATO.
LAVORO COMANDATO != LAVORO INCORPORATO
LAVORO COMANDATO = LAVORO INCORPORATO + RENDITE + PROFITTI
Precisazione e piccola critica:
Come abbiamo visto il prezzo naturale comprende salario rendite e profitti, ma è chiaro che deve comprendere anche i materiali utilizzati per produrla. Ciò che afferma Smith è che a loro volta tali materiali sono composti di salario rendite e profitti e così via tornando indietro fino a quanto possibile. In tale modo Smith risolve la questione su come sia possibile definire il prezzo naturale di una merce.
La critica fondata che verrà mossa a tale affermazione è che i redditi (salari profitti e rendite) trovati saranno redditi percepiti non nel medesimo anno preso in esame, ma in anni precedenti, aspetto che Smith ritiene errato.
DISTINZIONE tra CAPITALE e REDDITO:
Seguendo il ragionamento di Smith, siccome il valore di ogni merce può essere ridotto a SALARI, PROFITTI e RENDITE l’intero PRODOTTO SOCIALE si può ridurre ad un totale di salari, profitti e rendite percepite dalla collettività durante l’anno.
Smith però chiama CAPITALE, non i mezzi di produzione necessari per la produzione, ma la SUSSISTENZA dei lavoratori in quanto essa viene anticipata dai capitalisti. Differentemente dall’analisi di Quesnay in cui le sussistenze dei lavoratori erano già in loro possesso.
Mentre la parte del prodotto sociale che rimane una volta tolto il capitale viene denominata da Smith
CONFRONTO SMITH QUESNAY:
SMITH: CAPITALE e REDDITO
QUESNAY: ANTICIPAZIONI ANNUALI e SOVRAPPIU’
Ma non è una corrispondenza precisa, ci sono 2 differenze fondamentali:
1- Smith usando il termine Capitale riferito alla sussistenza per i lavoratori non prende in considerazione la differenza invece messa in evidenza dai Fisiocratici tra il CONSUMO NECESSARIO (N) e i MEZZI NECESSARI alla PRODUZIONE (C).
2- L’importante contributo di Smith è stato quello di aver affermato che il SOVRAPPIU’ include ora anche i profitti. Facendo si che non solo il prodotto del settore agricolo fosse in grado di generare sovrappiù.
L’ACCUMULAZIONE DI CAPITALE:
Abbiamo detto che Smith definisce Capitale la sussistenza dei lavoratori.
Definisce poi una nozione di “Lavoro Produttivo”, in realtà fornisce più di una definizione ma non sono proprio coerenti l’una con l’altra.
In sostanza per Smith il Lavoro è Produttivo solo se ha come risultato un’aggiunta di valore agli oggetti su cui si lavora.
Ancor più semplicemente, solo i lavori che producono un qualche oggetto materiale sono considerati produttivi e in grado di generare SOVRAPPIU’.
I lavori che oggi chiamiamo Servizi —> Avv. Dott. Domestico, ballerini, Clero ecc ecc non producono nulla e allora sono IMPRODUTTIVI secondo Smith.
Ora, solo la sussistenza dei lavoratori produttiva rientra nel CAPITALE, la sussistenza dei lavoratori improduttivi consuma
TEORIA DELLA DISTRIBUZIONE IN SMITH:
Questo è uno degli aspetti poco felici dell'analisi di Smith… Fondamentalmente è un cane che si mangia la coda, un problema circolare.
Afferma che la Ricchezza delle Nazioni dipenda dalla quota di Capitale sulla popolazione.
Questo implica che tanto maggiore è la quota di lavoratori produttivi nella popolazione tanto più capitale ci sarà e tanto più crescerà la
Smith definisce:
Prodotto Sociale - Consumo Necessario = PROFITTI + RENDITE = REDDITO = S
Per i Fisiocratici era N, per Smith è C
Ora vuole misurare Profitti + Rendite come differenza in VALORE REALE tra P e C (N), ma a loro volta P e C sono, per definizione dipendenti da Salari Profitti e Rendite il che ci riporta al punto di partenza… senza soluzione.
SPOILER: Marx si avvicinerà alla soluzione, ma chi davvero risolverà il problema sarà Sraffa nella sua opera “Produzione di Merci a Mezzo di Merci” (1960).
CONCLUSIONI:
Se da un lato il lavoro di Smith segna un notevole passo in avanti rispetto la teoria dei Fisiocratici, affermando l’esistenza di altri settori oltre a quello agricolo in grado di generare il SOVRAPPIU’
Dall’altro lascia in eredità il problema irrisolto di come misurare in valore P e C e soprattutto commette l’errore di identificare il Capitale con la Sussistenza Necessaria C=N.
Vita:
David Ricardo nacque a Londra il 18 Aprile del 1772 da una famiglia ebraica con origini portoghesi proveniente da Amsterdam. Il padre era un agente di Borsa e la formazione di Ricardo, passata per un ritorno ad Amsterdam dallo zio, è totalmente finalizzata all’introduzione di Ricardo nella stessa attività del padre.
All’età di 21 anni decide di sposare Priscilla Ann, la figlia di un chirurgo vicino di casa dei Ricardo, ma sua moglie e la famiglia di lei sono dei Quaccheri (il Quaccherismo è un movimento Cristiano), e quindi questo matrimonio con una Cristiana comporta il totale allontanamento di Ricardo dalla sua famiglia e dalla comunità ebraica.
Nel 1815, 4 giorni prima della battaglia di Waterloo, Ricardo decide di investire tutto il suo patrimonio nella sottoscrizione di un prestito al governo britannico, emesso a condizioni particolarmente vantaggiose per i sottoscrittori sia a causa dell’incertezza che circondava l’esito della guerra contro la Francia di Napoleone, sia per la grande dimensione del prestito stesso. La storia ci insegna che Ricardo ebbe ragione e ottenne una grossa fortuna che gli consentì di dedicarsi ai suoi studi ed ai suoi
Nel 1819 divenne membro del Parlamento acquistando il seggio di una piccola circoscrizione Irlandese, e nella sua veste di parlamentare partecipò a molti dibattiti sulla politica economica inglese del tempo.
Morì molto ricco nel 1823 nella sua residenza di campagna a causa di un’infezione all’orecchio che si estese alla testa.
Contesto Storico:
Ricardo vive nel periodo delle guerre Napoleoniche durante le quali l’Inghilterra è acerrima avversaria della Francia. Dopo la conclusione di queste guerre segue la fase della Restaurazione.
È però un epoca di profondi cambiamenti economici e sociali, contraddistinta dalla rivoluzione industriale in Inghilterra e in generale dal processo di trasformazione delle economie europee in senso capitalistico.
In questa fase storica viene quindi a generarsi un contrasto di nuovo stampo: da un lato l’aristocrazia che punta a tornare alla situazione socio-economica precedente alla Rivoluzione Francese e dall’altra la nascente Borghesia la quale via via ha ottenuto il controllo del nuovo sistema economico che si è generato. Infine si assistette ad un crescente incremento della cosiddetta “massa proletaria”, lavoratori che offrono la loro manodopera a buon mercato coerentemente con il nuovo sistema economico che stava affermandosi.
In Inghilterra in questa fase storica si assiste un vero e proprio scontro tra le diverse classi sociali che si erano venute a formare.
Le Corn Laws (leggi sul grano) imponevano dazi sull’importazione dei cereali, inoltre i prezzi dei prodotti interni mantenevano rimanevano elevati come durante il blocco commerciale subito dall’Inghilterra durante le guerre Napoleoniche. Tale livello dei prezzi dei cereali andava ad esclusivo vantaggio dei proprietari terrieri. Infatti in questo modo erano le rendite ad incrementare a discapito del profitto sul capitale anticipato dalla classe Borghese, in aggiunta a ciò, e sempre a causa dei prezzi elevati, la Borghesia si vedeva costretta ad aumentare il livello dei salari in maniera tale che il salario reale non scendesse sotto il livello di sussistenza generando il malcontento del proletariato.
Per quanto concerne la lotta tra Borghesia e Lavoratori questa non riguardava solamente il livello del salario, ma l’ampia introduzione dei macchinari all’interno del processo produttivo andava via via generando una disoccupazione crescente. Tale malcontento dei lavoratori sfociò in vere e proprie lotte operaie che in un primo momento presero la forma del Luddismo.
Anche nel resto dei paesi Europei con tempistiche diverse si assistette a queste lotte fra classi e intorno al 1830 si vengono a determinarono due schieramenti, da un lato Austria, Prussia e Russia che mantengono il clima generato dal quel processo storico che abbiamo denominato “Restaurazione”, dall’altro lato ci sono invece Francia e Inghilterra, dove le lotte sociali hanno condotto ad uno sviluppo socio-economico diretto a favorire un orientamento liberale della politica e quindi della politica economica, favorendo la Borghesia all’Aristocrazia.
[Il termine Luddismo viene dal nome Ned Ludd. Un operaio che nel 1779 avrebbe distrutto un telaio per protesta.]
OPERE PRINCIPALI:
La sua produzione si concentra in pochissimi anni, e le sue opere principali sono:
- Essay on the Influence of a Low Price of Corn on the Profits of Stock - Più nota come: Essay on Profits - Saggio sui Profitti - del 1815.
- On the Principles of Political Economy and Taxation -Più nota come: Principles of Political Economy - Principi di Economia Politica - in 3 edizioni del 1817, 1819 e 1821.
Va inoltre ricordato che molto importante per ricostruire il pensiero economico di Ricardo sono stati gli scambi epistolari che egli intratteneva con altri economisti a lui contemporanei, di particolare rilevanza sono state le lettere scambiate con l’economista inglese Thomas Malthus.
Il SALARIO nella concezione di RICARDO:
La teoria del salario di Ricardo parte da quella di Smith e quindi ne riprende alcuni punti, ma per altri aspetti se ne discosta:
1- Come in Smith, anche in Ricardo c’è l’idea di un saggio del salario minimo, corrispondente alla sussistenza in senso storico (iPhone nei nostri tempi).
2- Come in Smith, se il saggio di salario si mantiene al suo livello minimo la popolazione lavoratrice tende a rimanere stazionaria, e tende invece ad aumentare se il salario sale al di sopra della
3- Diversamente da Smith, in Ricardo non c’è un esplicito riferimento alla forza contrattuale dei lavoratori rispetto ai datori di lavoro quale circostanza che influisce sul livello dei salari.
4- Diversamente da Smith, il livello naturale del salario è identificato con la sussistenza.
La teoria del Salario di Ricardo è più “meccanica” rispetto a quella Smithiana, per il quale invece il livello del saggio del salario dipendeva in ogni fase storica dalla forza contrattuale dei lavoratori rispetto ai capitalisti.
Nonostante anche Smith riconosceva che spesso i lavoratori si trovavano in una posizione di debolezza nei confronti dei padroni, egli ammetteva la possibilità che, grazie ad un lungo e continuo processo di accumulazione di capitale, il salario naturale potesse rimanere per un lungo periodo al di sopra del livello del salario di sussistenza.
Ricardo invece, anche a causa delle influenze di Malthus, aveva una visione meno articolata e come detto faceva coincidere il salario naturale con il salario di sussistenza.
Riteneva in oltre che il salario ad un livello superiore a quello di sussistenza non fosse che una fase temporanea e che grazie all’aumento dell’offerta si sarebbe di nuovo abbassato al livello di sussistenza.
Precisazione:
Precisiamo che, sia per Smith che per Ricardo, i concetti di Domanda di Lavoro e Offerta di Lavoro non coincidono minimamente con quelli propri delle teorie moderne (marginalisti & co.), per loro infatti:
DOMANDA di LAVORO = al numero di lavoratori produttivi impiegati nell’economia.
OFFERTA di LAVORO = alla popolazione in grado di lavorare.
Quindi, il rapporto DOM/OFF rappresenta la quota della popolazione lavoratrice impiegata nel processo produttivo.
Secondo Ricardo tale rapporto può aumentare fin quasi ad arrivare all’unità, ma ciò innescherà un meccanismo, il meccanismo che si viene ad innescare nella sua teoria è il seguente:
Se D/O aumenta (o perché aumenta D, o perché diminuisce O) => il saggio di salario aumenterà, ma => grazie alle migliori condizioni di vita e soprattutto secondo Ricardo, in linea con il pensiero del tempo, grazie all’aumento della natalità, la popolazione aumenterà, tale aumento però comporterà un incremento dell’offerta di lavoro (O), e come ultima conseguenza il rapporto D/O tenderà a diminuire visto che O è cresciuto, riconducendo il salario al livello di sussistenza.
È lo stesso Ricardo però a rendersi conto che ci sono esempi chiarissimi di un livello dei salari al di sopra di quello di sussistenza per periodi molto lunghi. Ed è lui stesso a far dell’autocritica ammettendo che le variazioni nella popolazione che dovrebbero far tendere il salario a quello di sussistenza richiedono tempi molto lunghi per realizzarsi, a tal proposito va evidenziata un ulteriore differenza tra Smith e Ricardo.
In Smith, la crescita della popolazione grazie all’accumulazione di capitale, passa per il calo della mortalità infantile, tale meccanismo è decisamente più rapido di quello individuato da Ricardo, che come detto adduce l’aumento della popolazione all’aumento della natalità.
Va infine accennato che la lentezza del processo di aggiustamento ipotizzata da Ricardo verrà successivamente messa in evidenza da Marx, che a quel tipo di meccanismo ne contrapporrà uno diverso e capace di agire molto più velocemente. (Se aumentano i salari, c’è una fase di grande accumulazione di capitale e una crescita dell’occupazione della forza lavoro disponibile, tale situazione incentiverebbe nei capitalisti l’introduzione di macchinari con conseguente calo dell’impiego di lavoratori, aumento della disoccupazione e tendenza dei salari a tornare ai livelli minimi).
ESSAY ON PROFITS:
Ricardo parte con un ragionamento molto semplice che lo porta ad affermare che: il saggio di profitto nell’intera economia è determinato dal saggio del profitto che si determina nel settore agricolo.
Per 2 motivi:
1- Il capitale in questo settore consiste soltanto di mezzi di sussistenza anticipati annualmente ai lavoratori come salario (quindi capitale come in Smith = a sussistenza).
2- Quei mezzi di sussistenza sono esclusivamente grano.
Il settore agricolo allora si trova in una particolare situazione in cui si ha OMOGENEITA’ tra prodotto e capitale.
Allora il saggio di profitto si può facilmente calcolare:
i= (P-N)/N
Dove:
P = Prodotto Sociale (in grano)
N = Capitale (Sussistenza, sempre in grano)
P-N = Sovrappiù
Ne segue che il saggio di profitto agricolo sarà del tutto indipendente dai valori di scambio, inoltre la concorrenza tra i capitalisti per il solito meccanismo, tenderebbe a far realizzare lo stesso saggio di profitto in tutta l’economia. (Se in agr. i fosse maggiore che negli altri settori si sposterebbero nel sett agricolo e viceversa).
STEP SUCCESSIVO: detto che, una volta determinato il saggio di profitto in agricoltura si avrà il saggio di profitto in tutta l’economia, Ricardo si domanda: Cosa determina il saggio di profitto in agricoltura???
Ricardo è indotto a imbattersi in tale problema perché in quel periodo teneva banco la questione politico-economica circa l’imposizione o meno dei dazi sul grano per contrastare il ribasso dei prezzi del grano verificatosi al termine delle guerre napoleoniche.
E’ proprio su tale disputa che Ricardo ebbe un prosperoso scambio epistolare con il collega Malthus, entrambi erano d’accordo che bisognasse decidere se imporre dazi sul grano solo nel caso in cui questi avrebbero favorito un aumento del saggio di profitto in agricoltura, entrambi erano concordi con Smith nel ritenere i profitti come la principale fonte di accumulazione di capitale, ma si trovavano in disaccordo sul meccanismo che si sarebbe messo in moto una volta imposti tali dazi.
Vediamo i 2 ragionamenti:
MALTHUS:
Malthus riteneva che l’imposizione dei dazi sul grano avrebbe ostacolato le importazioni e quindi indotto alla coltivazioni di più terre. Più terre coltivate implicano più rendite, più rendite implicano mercato più ampio in quanto i percettori di rendita usano tali maggiori entrate per consumi e quindi prezzi del grano più elevati, quindi saggio del profitto più elevato e di conseguenza saggio di profitto più elevato in tutta l’economia. In definitiva, Malthus era a favore dell’imposizione di tali dazi, e non solo, nel ragionamento di Malthus vi è ARMONIA tra l’aristocrazia (i proprietari terrieri) e la borghesia (capitalisti) in quanto con l’imposizione dei dazi sarebbero cresciute sia le rendite che i profitti.
RICARDO: (FERTILITA’ DELLA TERRA)
Ricardo ritiene che il saggio di profitto possa aumentare solo per due cause:
1- Se si danno meno beni salario ai lavoratori.
2- Se cambia la produttività del lavoro in agricoltura.
Era sua convinzione che l’imposizione dei dazi sul grano, contraendo le importazioni e quindi costringendo alla lavorazione di terre meno fertili, avrebbe ridotto la produttività del lavoro e di conseguenza ridotto il saggio di profitto.
Per dimostrare ciò si serve di un piccolo modello utilizzando quella che era già stata formulata da Malthus come teoria della rendita della terra.
Nel suo esempio mostra il processo anche per un terzo anno in cui inserisce la terra di tipo C, e dimostra che a quel punto si generano rendite anche per le terre di tipo B, che le rendite sui terreni di tipo A aumentano rispetto all’anno precedente e che il prezzo del grano continua ad aumentare rispetto a quello della tela.
(1 anno --> Pt=1,5 q. 2 anno —> Pt=1,43 q. 3 anno —> Pt=1,36 q. ).
Alla lunga con un metro di tela compro sempre meno quintali di grano, vuol dire che il prezzo del grano aumenta).
CONCLUSIONI:
Con l’espansione del capitale su terreni mene fertili a causa dei dazi imposti si assiste, secondo il modello di Ricardo, ad un aumento delle rendite, ad un aumento dei prezzi del grano, ma si assiste anche ad un crollo del saggio di profitto in agricoltura e quindi in tutta l’economia.
(1 anno —> 50%, 2 anno —> 43%, 3 anno —> 36%).
Per Ricardo quindi saggio di profitto e rendite sono in contrapposizione come del resto Borghesia e Aristocrazia.
Osservazione Finale 1:
Tale teoria di Ricardo verrà criticata per la seconda ipotesi assunta (SALARIO espresso solo in GRANO), risulta però essere una teoria coerente internamente.
Se infatti togliessimo tale ipotesi e si ipotizzasse che il salario comprenda altre merci oltre al grano non potremmo più affermare che il saggio di profitto diminuirà al diminuire della produttività del lavoro agricolo.
Bisognerebbe tenere conto non solo di cosa accade al prezzo del grano, ma anche a tutti gli altri prezzi relativi dei beni che costituiscono il salario.
Osservazione Finale 2:
Ricardo riesce a “spezzare” il circolo creato da Smith nel capire se si deve prima parlare della Teoria della Distribuzione o della Teoria del Valore.
In Ricardo la Teoria del Valore è conseguenza di quella della Distribuzione.
Prima determino i salari (di sussistenza) poi profitti e rendite e solo dopo si determinano i prezzi relativi. Non ha bisogno dei prezzi relativi per determinare i salari i profitti e le rendite come succedeva in Smith.
Ecco perché Ricardo nel preparare una nuova edizione del “Saggio sui Profitti” si sia trovato ad affrontare il problema del valore, e ne sia nata un’opera del tutto diversa: “Principi di Economia Politica”.
PRINCIPLES OF POLITICAL ECONOMY:
Iniziamo dalla fine, nei “Principi”, Ricardo giunge alle medesime conclusioni a cui era giunto nel “Saggio”.
Il saggio del profitto dipende da:
1- le quantità di merci che costituiscono il salario.
2- la produttività del lavoro nelle industrie che producono le merci salario.
Ora però il salario non è costituito solo da grano e il rapporto in cui le merci si scambiano è determinato dalle quantità di lavoro occorso per produrle.
Ripartiamo da quanto avevamo detto con Smith:
Il valore delle merci è dato dal
LAVORO COMANDATO = lavoro incorporato + profitti + rendite.
Ciò però creava quel loop nella determinazione di tale valore che non ha consentito a Smith di trovare una soluzione.
Ricardo riparte dicendo che ciò che Smith aveva affermato e cioè che il valore delle merci non fosse in base al lavoro incorporato ma in base al lavoro comandato non era stato dimostra e quindi non è un valido punto di partenza.
Ricardo afferma che il principio secondo il quale le merci si scambiano secondo il lavoro incorporato rimane vero con delle “eccezioni” però.
Vediamo il ragionamento di Ricardo inizialmente senza rendite:
Supponiamo che per ottenere alla fine di un ciclo produttivo di un anno una quantità di 100 q. di Grano occorrano 5 lavoratori.
E che invece per ottenere una misura di Tela di 100 m. serva solo 1 lavoratore.
Supponiamo poi che il salario annuo di un lavoratore sia di 10 £
Infine supponiamo che il capitale inizialmente anticipato sia per produrre il grano che la tela sia solo quello necessario a pagare i lavoratori.
Se il saggio del profitto è del 50% allora avremo che:
GRANO —> (10 * 5) * (1 + 0,5) = 75 £
TELA —> (10 * 1) * (1 + 0,5) = 15 £
Allora per ottenere una qualsiasi misura di grano saranno necessarie 5 misure di tela. Tale rapporto è esattamente pari al rapporto tra le quantità di lavoro necessario per produrre le due merci.
Osservazione:
Così fatto il ragionamento induce Ricardo a dire che il rapporto di scambio tra 2 merci dipende solo dalle condizioni tecniche necessarie a produrre una certa merce e quindi tale rapporto di scambio non muta al mutare del saggio del salario o del saggio del profitto.
Se ora supponiamo il salario annulla pari a 12 £ e il saggio di profitto pari al 25% (ovviamente se uno sale l’altro scende), valori scelti per ottenere gli stessi importi in sterline, ma si può scegliere qualsiasi valore coerentemente con il fatto che al salire di uno l’altro scenda, avremo:
GRANO —> (12 * 5) * (1 + 0,25) = 75 £
TELA —> (12 * 1) * (1 + 0,25) = 15 £
Una misura di grano si scambierebbe ancora con 5 di tela.
Ora introduciamo le Rendite:
Nella teoria di Ricardo fin qui esposta introdurre le rendite non è un problema, infatti si parte sempre dal principio che ci siano terre con diversi gradi di fertilità e si stabilisce che il valore di scambio del grano è determinato dalla quantità di lavoro occorso per produrlo sulle terre meno fertili.
A questo punto il valore del prodotto delle terre più fertili renderà più di quanto necessario per remunerare ai vigenti saggi di salario e di profitto i lavoratori e i capitalisti, tale differenza di valore andrà a remunerare i proprietari terrieri.
Quindi coerentemente con quanto detto finora possiamo, per fare il passo successivo nella Teoria di Ricardo, partire dal principio per il quale le merci si scambiano secondo le quantità di lavoro in esse incorporate, ogni rapporto tra valori di aggregati di merci dovrà essere pari al rapporto tra le quantità di lavoro incorporate in quegli aggregati.
Ad esempio il salario.
Ora rivolgiamo la nostra attenzione verso altri aggregati: pensiamo al Prodotto Sociale, esso sarà misurato dalla quantità di lavoro che sarebbe stata necessaria per produrlo SE tutti i prodotti agricoli fossero stati ottenuti nelle condizioni di produzione proprie delle terre meno feritili coltivate. Ma allora, siccome sappiamo che sono state coltivate terre più fertili, la quantità di lavoro incorporato nel prodotto sociale sarà maggiore rispetto all’EFFETTIVA quantità di lavoro occorso per produrre tale prodotto sociale.
La differenza tra queste due quantità misura il valore della parte di prodotto sociale annuo spettante ai proprietari terrieri.
Q = Quantità di lavoro incorporato nel prodotto sociale calcolando tutte le terre come le meno fertili.
P = Quantità di lavoro effettivamente incorporato nel prodotto sociale.
N = Quantità di lavoro occorrente (capitale complessivo=anticipazioni).
Q - P = Rendite
P - N = Profitti
E nuovamente : i = saggio di profitto = (P-N)/N
Ciò conduce Ricardo ad osservare che il saggio del profitto dipende solamente dal rapporto tra P e N, e tale rapporto può variare solamente per 2 circostanze:
1- Una variazione nelle quantità di beni che costituiscono il saggio del salario.
2- Una variazione della produttività del lavoro nella produzione di beni salario.
Infine, per come la vede Ricardo, siccome il salario non varia, rimane sempre al livello di sussistenza, l’unica vera causa di variazione del saggio del profitto potrà essere l’estensione della coltivazione su terre meno fertili per effetto dell’accumulazione di capitale (produttività del lavoro decrescente).
Osservazione Fondamentale:
Il risultato è il medesimo ottenuto nel “Saggio sui Profitti”, ma ora è espresso in valore, prima era espresso in un singolo bene (il grano).
Abbandonando la limitazione in cui si era imbattuto Smith (P e N misurati in un unico bene), Ricardo offre una prima soluzione al problema posto dallo stesso Smith nel voler utilizzare la nozione si Sovrappiù per l’analisi del processo produttivo sociale.
Problematiche nella teoria di Ricardo:
Ci sono però 2 problemi:
1- Durata del ciclo produttivo, se ad esempio il ciclo produttivo di una merce sia più lungo di quello di un’altra merce.
2- L’eventualità che per produrre una merce siano necessari macchinari o attrezzature
1- Di tale problema si era accorto già lo stesso Ricardo e però non riesce a porvi risposta. Sappiamo solo da un manoscritto emerso intorno agli anni ’80 che ancora negli ultimi giorni della sua vita stava tentando di porvi rimedio.
2- Per quanto riguarda il secondo problema, il tutto nasce dall’erronea convinzione, già presente in Smith, di ritenere il capitale solo coincidente con le sussistenze dei lavoratori e non anche con gli attrezzi e i macchinari. In realtà spesso Ricardo nei sui scritti si contraddice, quando si riferisce ad un singolo produttore incorpora nel capitale anche le attrezzature, ma quando invece ne parla in senso aggregato limita la nozione di capitale alle sussistenze anticipate.
Sarà Marx ad effettuare un successivo passo in avanti e determinare come vada definito il capitale.
Conclusioni:
Quello che accadde nel periodo successivo alla morte di Ricardo (1823) è stato definito come “una delle questioni realmente cruciali della storia del pensiero economico”.
In questo periodo si assistette al moltiplicarsi delle critiche e degli attacchi alla teoria ricardiana del valore e della distribuzione, e alla formulazione di teorie alternative che per larga parte possono vedersi come i prodromi delle successive teorie basate sull’utilità e sulla produttività marginali.
L’allontanamento dalla teoria di Ricardo è in realtà un allontanamento dall’impostazione generale della teoria del sovrappiù comune anche a Smith e ai Fisiocratici, e costituisce pertanto un cambiamento di direzione assai drastico dell’analisi economica; per di più esso si verifica in modo relativamente rapido. Queste circostanze inducono ad interpretare un simile mutamento come qualcosa di diverso dalla normale evoluzione di una disciplina, evoluzione nella quale la ricerca di possibili soluzioni ai problemi analitici rimasti irrisolti generalmente non implica il cambiamento dell’intero assetto teorico.
[...] Sembra dunque ragionevole ritenere che a determinare il cambiamento di rotta che si prepara subito dopo la morte di Ricardo non furono soltanto i problemi analitici che egli aveva lasciato irrisolti, problemi connessi, fondamentalmente, alla teoria del valore-lavoro, ma furono anche, e forse soprattutto, circostanze di ordine ideologico e politico.
(Ciccone,2009)
Per mera conoscenza, va detto che nel ventennio che va dal 1820 al 1840 si possono distinguere 3 gruppi di autori:
1- i cosiddetti “Socialisti Ricardiani” [Hodgskin, Thompson e Ravestone]
2- i discepoli di Ricardo [ James Mill e McCulloch]
3- i critici di Ricardo [Read, Scrope e Longfield]
Tutto ciò per mostrare l’impatto che il pensiero Ricardiano ha avuto nel campo dell’economica.
Citazione del fratello di Ricardo:
"Quando fu proprietario di una Banca, egli argomentò strenuamente e calorosamente contro i guadagni smodati di quella categoria; difese la causa dei portatori di titoli quando cessò di essere uno di essi; fu accusato di tentare di rovinare gli interessi dei proprietari terrieri dopo essere diventato grande proprietario; e quando fu membro del Parlamento, egli caldeggiò la causa della riforma che, se approvata, l'avrebbe privato del suo seggio."
(Moses Ricardo).
VITA:
Karl Marx nacque nel 1818a Treviri, nella Prussia renana, da una famiglia ebrea; il padre era un avvocato colto e di idee liberali. Da quando, nel 1815, la regione era passata dalla Francia alla Prussia, dove gli ebrei venivano discriminati, i suoi genitori si erano quindi convertiti alla religione evangelica.
Marx studiò legge a Bonn e poi a Berlino, dove frequentò circoli radicali.
Si laureò nel 1841 con una tesi in filosofia.
[Del resto anche al liceo si studia Marx in Filosofia, è un filosofo ancor prima di essere un’economista. Nello specifico Marx appartiene alla corrente di filosofi che prende il nome di Sinistra Hegeliana, sostanzialmente la differenza tra la sinistra e la destra hegeliana era il ruolo svolto dalla religione Cristiana, per la destra, Hegel stesso aveva fondato filosoficamente il Cristianesimo, per la sinistra invece di tale fondamento nel pensiero del maestro non vi era alcuna traccia.]
Vista preclusa la carriera universitaria a causa delle sue idee politiche, dal 1842 lavorò come giornalista per una rivista di sinistra che, nel 1843 venne tuttavia chiusa dal governo Prussiano. Nello stesso anno Marx si trasferì a Parigi per dirigere una rivista di cui uscì un solo numero che includeva un articolo dello stesso Marx sulla storia, la lotta di classe e la rivoluzione.
Nel 1845 la Prussia ottenne che Marx fosse espulso dalla Francia, ed egli si trasferì a Bruxelles, dove gli fu concesso il permesso di soggiorno a patto che egli non scrivesse di politica corrente.
Marx intanto aveva cominciato ad interessarsi di Economia Politica, e a Parigi aveva conosciuto Friedrich Engels, figlio di un ricco industriale e sua volta studioso di filosofia e di economica politica.
Nel 1848 viene espulso anche dal Belgio per aver contravvenuto al divieto di occuparsi di questioni politiche. Invitato dal governo provvisorio francese insediatosi con la rivoluzione repubblicana di quell’anno, Marx torna a Parigi.
Allo scoppio dei moti in Germania si trasferisce a Colonia, dove pubblica, grazie all’aiuto dell’amico Engels il quotidiano “La Nuova Gazzetta Renana”, giornale con il fine ultimo di promuovere il movimento rivoluzionario lungo le linee indicate nel “Manifesto del Partito Comunista”, scritto proprio nel 1848 da Marx e Engels, questo giornale ebbe notevole successo.
L’anno successivo però, il 1849, il giornale viene soppresso e Marx di nuovo espulso dalla Germania, a quel punto Marx si trasferisce a Londra con la moglie e i suoi 4 figli.
Da quel momento in poi comincia per Marx e la sua famiglia un periodo di grande miseria, l’unico sostentamento su cui potevano fare affidamento sono i redditi derivanti dai suoi articoli, poco pagati e l’aiuto finanziario dell’amico Engels.
Nel 1852, a causa anche delle gravi condizioni economiche in cui versava, Marx perde la sua quinta figlia, nata solo l’anno precedente.
A Londra Marx studia presso la biblioteca del British Museum, la quale gli fornisce ampio materiale per la preparazione della sua opere “Il Capitale” e per gli altri suoi scritti.
Tra il 1856 e il 1864 alcune eredità vengono a migliorare la situazione economica della famiglia, che resterà precaria fino alla fine.
Nel 1881 Marx è duramente provato dalla morte dell’amatissima moglie Jenny. Nel 1883 muore anche la figlia primogenita, e da quest’altro duro colpo Marx non si riprenderà più.
Già gravemente ammalato, muore anche lui nel 1883, appena due mesi dopo la scomparsa della figlia.
CONTESTO STORICO:
Una delle caratteristiche della popolazione europea della prima metà dell'Ottocento è la sua notevole crescita: nel 1800 gli Europei erano 187 milioni, mentre nel 1850 diventavano 266 milioni con un aumento del 43% in cinquanta anni.
Quest'incremento demografico deriva da varie cause:
La società europea cambiò molto. Alla base della piramide della società c'è la grande massa dei contadini, che in genere forma la maggioranza della popolazione, la classe rurale ha un po' migliorato le sue condizioni di vita, ma in certe parti d'Europa (ad esempio la Russia) è ancora sottoposta alla servitù della gleba.
La classe dominante è la borghesia arricchitasi con le industrie e con i commerci.
La nobiltà, la cui ricchezza è formata da proprietà terriere, ha perduta buona parte della sua importanza, tuttavia cerca di riservare per sé i posti più importanti nell'esercito e nella diplomazia. Una delle conseguenze più gravi dello sviluppo industriale è il sorgere di una nuova classe popolare, la classe degli operai.
Le loro condizioni di vita erano inizialmente assai tristi e certamente peggiori di quelle in cui vivevano gli artigiani che lavoravano a domicilio.
Questi proletari avevano lunghi e faticosi orari di lavoro nelle fabbriche: si arrivava anche a 80 ore settimanali, cioè 13 ore giornaliere circa. La paga, che ricevevano, era assai bassa e permetteva appena di non morire di fame. Spinte dalla necessità anche le donne entravano nelle fabbriche con salari più bassi ancora di quelli degli uomini, venivano ammessi a lavorare bambini di sette-otto anni e sottoposti a lavori massacranti per un compenso irrisorio.
Gli operai erano lasciati senza istruzione, senza assistenza medica, né avevano assicurazione contro gli infortuni. Lo Stato ignorava ancora che uno dei suoi più importanti compiti è il miglioramento delle condizioni di vita della classe lavoratrice, spina dorsale dell'economia di ogni paese.
La concentrazione di masse operaie nelle città rese più facile la diffusione delle idee democratiche ed accrebbe l'aspirazione ad una maggiore giustizia sociale. La classe operaia si rese conto poco a poco che per difendere i suoi interessi e la sua stessa esistenza doveva organizzarsi in compatte associazioni, sfruttando la forza del numero.
Tra lavoratori e capitalisti ebbe così inizio la lotta di classe per una migliore e più giusta distribuzione dei profitti del lavoro.
Nel 1833 nacque in Inghilterra la grande organizzazione delle Trade Unions, cioè unioni di mestiere.
La questione sociale divenne uno dei problemi più importanti del secolo: si dedicarono alla sua soluzione molti uomini generosi.
Nacque così il socialismo.
È in questa situazione che si innesta il nostro discorso su Karl Marx, il quale per l’appunto nel 1848 lanciò da Bruxelles il “Manifesto del Partito Comunista”, che fu la bandiera e la Magna Charta del socialismo nel Mondo.
Marx ed Engels invitavano nel loro Manifesto tutti i proletari del mondo ad unirsi nella lotta contro la classe borghese per abbatterla e creare una società senza classi, senza sfruttati e senza sfruttatori.
OPERE PRINCIPALI:
Partiamo dicendo che Marx vive e si approccia all’economia politica nel momento in cui questa sta abbandonando il paradigma classico e sta sempre più indirizzandosi verso l’approccio marginalista. Marx in un primo momento non si trova neanche troppo in disaccordo, poi però inizia ad approfondire la sua analisi, scopre gli scritti di Ricardo, li studia, li fa suoi e inizia a riflettere sul processo messo in atto dai critici di Ricardo.
Si rende conto della pretestuosità di alcune critiche che venivano mosse nei confronti della teoria Ricardiana del valore e della distribuzione e arriva addirittura a definire i critici di Ricardo “PUGILATORI a PAGAMENTO”, sottolinenando non solo la gratuità di alcune critiche mosse a Ricardo ma anche una certa premeditazione nel muoverle senza reali motivazioni.
MATERIALISMO STORICO:
Già da quello che abbiamo detto si deduce che Marx non è stato esclusivamente un economista, è stato filosofo, storico, giornalista, sociologo, politologo e anche politico. Quindi concetti importanti inerenti al suo pensiero non sono solo quelli di carattere economico che approfondiremo più avanti. Tra questi concetti sicuramente va citato quello di Materialismo Storico. Il primo uso di tale termine si deve a Engels, ma il teorico di tale concetto è proprio Marx. In brevissimo, per Materialismo Storico s’intende l’interpretazione in senso materialistico della storia e della società.
L'analisi di Marx è materialistica perché considera come determinanti per lo sviluppo della storia umana e per la creazione di un ordine sociale diversi fattori strutturali materiali, in particolare lui ritiene siano i importanti i fattori tecnologici e economici.
Questa visione della storia si differenzia da quella degli IDEALISTI, che alla base dei cambiamenti politici e sociali pongono la politica, la filosofia, l’arte o la religione, quelli cioè che Marx chiama elementi sovrastrutturali.
ALIENAZIONE e FETICISMO delle MERCI:
La nozione di alienazione (dal latino alius, l'"altro") è un concetto di derivazione hegeliana, sviluppato da Marx nei manoscritti economici e filosofici del 1844. Con questo concetto Marx intendeva evidenziare la posizione del lavoratore nel modo di produzione capitalistico. Il lavoratore è alienato per tre ragioni principali.
1- gli operai non possiedono i loro mezzi di produzione, che appartengono ai capitalisti.
2- i lavoratori non possiedono il prodotto della loro attività (anch'essi appartengono ai capitalisti, che avanzano i mezzi di produzione e i salari in cambio del diritto al prodotto).
3- i lavoratori non controllano l'organizzazione del processo produttivo, dove svolgono solo un ruolo limitato e specifico.
Nel Libro 1 de “Il Capitale” tale concetto di alienazione scompare lasciando spazio a quello più imponente che Marx stesso chiama “Feticismo delle Merci”. Nelle economie capitalistiche non solo i flussi di scambio che collegano le diverse unità produttive passano attraverso il mercato, ma i lavoratori stessi sono costretti a vendere la loro manodopera sul mercato, e ad acquistarvi i loro mezzi di sussistenza.
In questo modo i rapporti sociali della produzione - cooperazione tra lavoratori attivi in diversi settori economici e diverse unità produttive - sono oscurati dal fatto che ciò che viene scambiato non è il tempo di lavoro di uno per il lavoro tempo di un'altra, ma diversa merce.
In una società basata sulla divisione del lavoro, ogni lavoratore contribuisce al prodotto sociale e quindi al benessere comune con la sua attività. Tuttavia, questa collaborazione sociale è oscurata, e quindi deviata dal suo vero fine, dal feticismo delle merci, poiché sembra che il fine ultimo di ogni agente economico sia la proprietà dello scambio.
SCONTRO TRA CLASSI SOCIALI:
Marx come gran parte degli economisti classici ritiene fondamentale all’interno di un sistema economico l’aspetto legato alla lotta di classe. Soprattutto Smith aveva sottolineato l’importanza che esso rivestiva nella determinazione del salario e del profitto. Marx fa un passo in più.
Possiamo dire essere sua convinzione che il contrasto tra PLUSVALORE e SALRIO nasca proprio dalla lotta di classe tra lavoratori e capitalisti.
Il capitalista secondo Marx si impossessa di un PLUSVALORE crescente nel tempo e in questo modo riduce alla povertà i lavoratori i quali in realtà, grazie al loro lavoro, danno valore al prodotto [lavoro incorporato]. Questo squilibrio tra le due classi procurerebbe delle crisi periodiche perché la capacità produttiva, quella legata ai profitti, aumenterebbe più velocemente della capacità di spesa, quella legata ai salari [CRITICA ALLA LEGGE DI SAY].
Secondo Marx queste crisi sfocerebbero in crisi sempre più gravi fino alla caduta stessa del capitalismo e all’instaurazione di una DITTATURA del PROLETARIATO.
In questa situazione lo Stato avrebbe il controllo della produzione e la proprietà dei mezzi di produzione diventerebbe da privata a sociale.
Linea di Pensiero:
Visione Analitica:
Titolo e Sottotitolo:
“Il Capitale Libro I, Critica dell’Economia Politica” , chiaro riferimento a Kant [critica della Ragion Pura, Critica della Ragion Pratica… è vero che è un Hegeliano, ma ogni buon Hegeliano è un antiKantiano =) ]
In quest’opera Marx vuole spiegare ciò che gli Economisti Classici ancora non avevano chiarito: Qual è l’origine del Profitto?
Secondo Marx l’origine del profitto va ricercata nel rapporto capitalistico, nell’ambito del quale il Capitalista acquista la FORZA-LAVORO del Lavoratore al suo costo di produzione, pari al SAGGIO del SALARIO NATURALE, e la immette nel processo produttivo, ottenendo una quantità di lavoro erogata maggiore di quella contenuta nel saggi di salario naturale, e quindi maggiore del costo di produzione della forza-lavoro.
Osservazione Importante:
La differenza tra lavoro erogato e lavoro contenuto nel saggio di salario è talvolta espressa da Marx in termini di lunghezza dell’orario di lavoro: nel capitalismo il lavoratore lavora per un tempo maggiore di quello che sarebbe sufficiente a riprodurre il saggio del salario, di questo maggior tempo di lavoro si appropria il capitalista nella forma dei profitti.
Il rapporto capitalistico secondo Marx presenterebbe una DUPLICITA’. Da un lato esso implicherebbe uno scambio di EQUIVALENTI (saggio del salario vs forza-lavoro) in ciò che chiama “la Sfera della Circolazione” e cioè dello scambio delle merci (merci vs merci); dall’altro lato invece, nella “Sfera della Produzione”, vi è uno scambio tra NON EQUIVALENTI (lavoro erogato vs costo di produzione della forza-lavoro).
Ne deduce allora che il profitto trae la sua origine nella Sfera della Produzione dove avviene uno scambio tra NON EQUIVALENTI.
Conclude il ragionamento affermando che in ultima analisi, l’origine del profitto sta nel fatto stesso che il lavoratore sia costretto a vendere ad altri la sua forza-lavoro, non nel prezzo a cui la vende, ma proprio nel fatto che il lavoratore deve concepire la sua forza-lavoro come una merce oggetto di scambio (che deve essere scambiata, cosa che non avverrebbe se non dovesse scambiarla ma solo impiegarla nei suoi mezzi di produzione).
Infatti tale riduzione della forza-lavoro a merce di scambio è diretta conseguenza della separazione tra lavoratori e mezzi di produzione, caratteristiche peculiare di un sistema economico di stampo capitalistico.
Aspetti più Analitici:
Nell’analisi economica elaborata da Marx troviamo la teoria del VALORE-LAVORO di Ricardo, e basata su di essa una spiegazione del PROFITTO non molto diversa. Troviamo anche però:
1- un chiarimento del ruolo dei MEZZI di PRODUZIONE quale elemento del capitale diverso dai salari anticipati per la durata del ciclo produttivo.
2- Un tentativo di risoluzione all’altra questione lasciata irrisolta da Ricardo: quelle delle “eccezioni” al principio che le merci si scambino secondo le quantità di lavoro incorporato.
Vediamo come schematizzare l’organizzazione del processo produttivo nell’analisi di Marx.
Il processo di produzione per tutte le merci ha inizio al principio dell’anno con un CAPITALE comprendente:
1- i beni di sussistenza che costituiscono i SALARI dell’anno per tutti i lavoratori impiegati nella produzione. Tale aggregato Marx lo chiama “CAPITALE VARIABILE”.
Indicheremo con “v” la QUANTITA’ di LAVORO RICHIESTA per PRODURRE TALE INSIEME di MERCI. (Tale quantità, visto che siamo nella teoria del VALORE-LAVORO, ne misurerà anche il valore allora).
2- i MEZZI di PRODUZIONE che saranno necessari per la produzione dell’anno e che Marx chiama “CAPITALE COSTANTE”.
Indicheremo con “c” il lavoro occorso per produrre questo secondo aggregato di beni.
CAPITALE = CAPITALE VARIABILE + CAPITALE COSTANTE = v + c
Inoltre ipotizzeremo che tutto il capitale venga interamente consumato durante l’anno e che non ci siano rendite.
Allora alla fine del ciclo produttivo avremo un Prodotto Sociale [P] il cui valore sarà misurato dalla quantità di lavoro “c” trasmessa dai mezzi di produzione iniziale + il lavoro “corrente” impiegato nell’anno.
Oss:
Il lavoro “corrente” impiegato nell’anno non è pari a “v”.
La seconda parte costituente il valore del prodotto sociale annuo (il lavoro “corrente” impiegato nell’anno) ripagherà il “capitale variabile” —> “v” ed il residuo, il SOVRAPPIU’ [S] (che Marx chiama PLUSVALORE), costituirà i PROFITTI.
Dove:
Lc = lavoro trasmesso dai mezzi di produzione = c
Lv = lavoro trasmesso dai lavoratori = v +S
P = Lc + Lv
Ma allora:
P = c + v + S
A questo punto il SAGGIO di PROFITTO nell’economia sarà dato da:
i = S/(c +v) = (S/v)/(c/v+1)
Da questa seconda scrittura si nota che l’espressione del saggio di profitto secondo Marx dipende da 2 rapporti:
1- il rapporto S/v, cioè tra il PLUSVALORE e il CAPITALE VARIABILE, che Marx chiama: SAGGIO DEL PLUSVALORE (o SAGGIO DI SFRUTTAMENTO).
2- il rapporto c/v, cioè tra il CAPITALE COSTANTE e il CAPITALE VARIABILE, che Marx chiama: COMPOSIZIONE ORGANICA DEL CAPITALE.
Quindi possiamo ora concludere che il saggio di profitto sarà tanto più alto quanto è il saggio del plusvalore (o saggio di sfruttamento) e/o quanto è più bassa la composizione organica del capitale.
PICCOLO CONFRONTO RICARDO MARX:
Per l’anilisi di Ricardo si aveva:
i= (P-N)/N --> ovvero P/N -1
ora però possiamo scrivere sia P che N nella concezione di Ricardo ma con le lettere di Marx e allora:
N = v
P = S+v
Ma allora il saggio di profitto in Ricardo, usando la terminologia di Marx diventa:
i = P/N -1 = (S + v)/v -1 = S/v + v/v - 1 = S/v
Ma quindi secondo Marx il saggio di profitto individuato dall’analisi di Ricardo era solamente il Saggio del Plusvalore. Con questo possiamo dire che effettivamente Marx ammette la dipendenza del saggio di profitto dagli stessi fattori individuati da Ricardo, ma a questi aggiunge quelli che lui riferisce alla composizione organica del capitale
La qual cosa ha un notevole impatto sul ragionamento che possiamo fare sul saggio di profitto.
Conseguenza:
Se ci ponessimo nell’ottica di Ricardo avremmo che un aumento di S/v, ad esempio dovuto ad un aumento della capacità produttiva, avrà un diretto effetto positivo sul saggio di profitto.
Nell’ottica di Marx invece la cosa non è così diretta, infatti prima di poter dire in quale direzione vari i, bisognerà capire cosa accade anche al rapporto c/v e non solo S/v. Infatti se S/v variasse per una diminuzione di v, è vero che S/v aumenterebbe (in linea con quanto detto da Ricardo) ma aumenterebbe anche c/v, che nel saggio di profitto individuato da Marx fa calare il suo valore
i = (S/v)/(c/v +1)
L’aumentare del capitale costante rispetto al capitale variabile, causato dall’introduzione di macchinari, condurrebbe secondo Marx alla CADUTA TENDENZIALE DEL SAGGIO DI PROFITTO.
c/v aumenterebbe implicando quindi un calo di i.
Fine Libro I
Step Successivo:
Grazie al Volume III de “Il Capitale” possiamo capire quale è stata la direzione presa da Marx per risolvere definitivamente i problemi lasciati insoluti da Ricardo.
Per quanto riguarda la nozione di capitale abbiamo appena visto come Marx pone rimedio, rimane aperta la questione riguardante i prezzi a cui vengono scambiate le merci.
Per ora abbiamo supposto che le merci vengano scambiate secondo la quantità di lavoro in esse incorporata. Marx, come del resto Ricardo in ultima analisi, si era accorto che tale dinamica non corrispondesse alla realtà.
Infatti per essere vera richiederebbe che la composizione organica del capitale fosse la stessa in tutti i rami della produzione.
Nei manoscritti, pubblicati postumi, come Volume III de “Il Capitale”, Marx indica la direzione che riteneva andasse intrapresa per risolvere il problema.
Fa una distinzione tra “valori delle merci proporzionali alla quantità di lavoro incorporato” e “prezzi di produzione”.
Sono i “prezzi di produzione” che effettivamente regolerebbero gli scambi tra le merci.
COME ANDREBBERO CALCOLATI?
Innanzitutto si determinerebbe il saggio di profitto annuo come detto in precedenza, ovvero come rapporto tra il plusvalore [S] e il capitale annuo [c + v]. Dopodiché i prezzi di produzione di ciascuna merce verrebbero calcolati applicando quel saggio di profitto al capitale (costante e variabile) impiegato per produrle.
In questo modo le merci la cui produzione richiedesse un capitale di composizione organica superiore a quella del capitale sociale avrebbero un prezzo di produzione superiore al valore in termini di lavoro incorporato e viceversa.
IN SOLDONI:
Ci sono n merci, ciascuna con un saggio di composizione organica del capitale ci/vi per ogni i da 1 a n.
Ci sarà un saggio di composizione organica del capitale medio cm/vm e si avrà che:
Se: ci/vi > cm/vm —> Prezzo di produzione > Valore in termini di lavoro incorporato
Se: ci/vi < cm/vm —> Prezzo di produzione < Valore in termini di lavoro incorporato
Quindi nell’esempio di Marx avremo che:
S, c, v sono rispettivamente il Plusvalore, il capitale costante e il capitale variabile di tutta l’economia.
S1, c1, v1 per l’industria 1 che produce solo c.
S2,c2,v2 per l’industria 2 che produce solo v.
Si calcola il saggio di profitto sociale:
i = S/(c+v)
E lo si applica alle due industrie determinandone i prezzi: [Vale sempre che a quanto venderò quello che ho ottenuto dovrà corrispondere quello che ho anticipato più una maggiorazione]
P1 x (c1 + v1 + S1) = (1 + i) x (c1 + v1)
P2 x (c2 + v2 + S2) = (1 + i) x (c2 + v2)
Le merci si scambieranno secondo questi Prezzi.
C’è anche nella teoria dei prezzi di Marx, e quindi nell’associata teoria dei profitti, una deficienza.
Infatti il saggio di profitto così calcolato sarà valido, come anche per Ricardo, solo se l’aggregato di merci che costituiscono i profitti si scambierà con l’aggregato di quelle che costituiscono il capitale (costane e variabile) secondo le quantità di lavoro incorporato.
Ma questa ipotesi non è coerente con l’affermazione fatta in precedenza per la quale le merci si scambierebbero secondo il loro prezzo di produzione e non quindi secondo il valore del lavoro incorporato in esse.
Tale deficienza sarebbe stata “facilmente superata” da Sraffa con la sua opera del 1960 “Produzione di merci a mezzo di merci” applicando il saggio di profitto non ai valori del lavoro incorporato nelle merci capitale, ma applicandolo ai loro prezzi di produzione, del resto, i capitalisti acquistano il capitale ai prezzi di produzione all’inizio dell’anno.
Le due equazioni viste in precedenza diventerebbero:
P1 x (c1 + v1 + S1) = (1 + i) x (P1 x c1 + P2 x v1)
P2 x (c2 + v2 + S2) = (1 + i) x (P1 x c2 + P2 x v2)
A questo punto si potrebbe dividere entrambe le equazioni per P1 e diventerebbe un sistema di due equazioni in 2 incognite (P2/P1 e i), sistema che ammette soluzione.
Bisogna dire che di tale deficienza Marx si rese conto benissimo, ma non vi è indicazione che egli sia riuscito a superarla.
“La storia di ogni società sinora esistita è storia di lotte di classe.”
[Manifesto del Partito Comunista,1848]
“Le idee dominanti di un'epoca sono sempre state soltanto le idee della classe dominante.”
[Manifesto del Partito Comunista,1848]
"Proletari di tutti i paesi, unitevi!"
[Manifesto del Partito Comunista,1848]