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LA TRAGEDIA GRECA

BAUSANO VIOLA

BERNARDI GIORGIA

FALCONE SIMONE

Classe II E

A.S. 2018-2019

Agamennone

Eschilo

  • Trilogia: Orestea (Agamennone, Coefore, Eumenidi)
  • Datazione: 458 a.C.
  • Ambientazione: Argo, Grecia.

TEMATICHE

  • Civiltà della Vergogna (etica dell'eroe omerico)

  • Ereditarietà della colpa

  • Invidia e (in)giustizia divina

  • L'oracolo

Dipinto di P.N.Guérin, 1819

Civiltà della vergogna

Nell'Agamennone i personaggi, che appartengono alla civiltà omerica, riflettono quelli che erano gli aspetti comportamentali tipici della cultura della vergogna, nella quale il valore dell'individuo era direttamente proporzionale alla sua stima sociale.

Agamennone stesso, infatti, rappresenta il prototipo di eroe omerico, dedito al raggiungimento della gloria personale e che non prova rimorso per le proprie azioni.

Cl.: “e dunque non temere il biasimo della gente.”

Ag.: “ma pure ha gran forza la voce che corre fra il popolo.”

Invidia e (in)giustizia divina

Gli Dei sono centrali nella vita dell’uomo greco. Essi la controllano, la giudicano e, spesso, intervengono per punire o premiare l’essere umano. Costoro hanno tutti i vizi degli uomini tra cui l’invidia.

Nella mentalità greca era profondamente radicata la convinzione che la divinità avrebbe punito coloro che avesse ritenuto troppo “felici”.

Nell’Agamennone quando il re argivo al suo ritorno viene accolto da Clitemnestra con tappeti di porpora per entrare in casa, è lui stesso a dirle:

“Non prepararmi una via oggetto d’invidia. Con queste cose vanno onorati gli Dei: ma per me che sono mortale, l’incedere su tappeti variegati non è certo senza paura. Onorami, dico, come un uomo, non come un Dio.”

Ereditarietà della colpa

I Greci antichi credevano che se un uomo si fosse macchiato di una colpa, essa sarebbe poi ricaduta sulla sua discendenza. Quindi la prole del colpevole avrebbe pagato, spesso anche con la vita, per errori non commessi da essa stessa.

Tra gli esempi più famosi, raccontati da vari miti greci, ci sono quelli di Edipo e Agamennone: i figli del re di Tebe scontano la pena per il misfatto compiuto dal padre-fratello che a sua volta pagò per quello del nonno Labdaco. Invece, l’Atride, che fu ucciso dalla moglie Clitemnestra per il sacrificio di Ifigenia, fu vittima dell’atto deplorevole del padre Atreo nei confronti del fratello Tieste.

François Boucher Atreo mostra a Tieste le teste dei suoi figli.

Oracolo

L’oracolo nelle tragedie ricopre un ruolo importante poiché, anche soltanto con una frase, può cambiare completamente l’andamento del dramma. Tuttavia esso non è apprezzato dai personaggi: essi infatti spesso lo ritengono fallace o non lo comprendono.

Nell’Agamennone, il coro non comprende l’indovina Cassandra quando rivela che Clitemnestra commetterà il duplice omicidio di Agamennone e Cassandra stessa: "Ancora non capisco: adesso infatti sono disorientato dagli enigmi a causa do oscure profezie."

Nell’Edipo Re vi è Edipo stesso che è convinto di essere vittima di una congiura dell’indovino Tiresia e di Creonte quando il primo gli rivelò la verità. Ecco riportata parte di una battuta del re di Tebe: "O ricchezza e regno e arte che supera ogni arte, quale mala sorte voi riservate a una vita felice! Da questo potere, non da me richiesto, che la città pose nelle mie mani, ecco il fedele Creonte, l’amico da sempre, con occulte insidie brama di sbalzarmi via; e ha sobillato questo mago tessitore di intrighi, ciarlatano imbroglione, che ci vede solo quando c’è guadagno, ma che nella sua arte completamente è cieco." (vv.380-389).

IL SACRIFICIO DI IFIGENIA

Francesco Fontebasso

LUCREZIO,

De rerum natura , I, vv, 80-101

Illud in his rebus vereor, ne forte rearis

impia te rationis inire elementa viamque

indugredi sceleris. Quod contra saepius illa

religio peperit scelerosa atque impia facta.

Aulide quo pacto Triviai virginis aram

Iphianassai turparunt sanguine foede

ductores Danaum delecti, prima virorum.

Cui simul infula virgineos circum data comptus

ex utraque pari malarum parte profusast,

et maestum simul ante aras adstare parentem

sensit et hunc propter ferrum celare ministros

aspectuque suo lacrimas effundere civis,

muta metu terram genibus summissa petebat.

Nec miserae prodesse in tali tempore quibat,

quod patrio princeps donarat nomine regem.

Nam sublata virum manibus tremibundaque ad aras

deductast, non ut sollemni more sacrorum

perfecto posset claro comitari Hymenaeo,

sed casta inceste nubendi tempore in ipso

hostia concideret mactatu maesta parentis,

exitus ut classi felix faustusque daretur.

Tantum religio potuit suadere malorum.

In questo argomento temo ciò, che tu per caso creda d'iniziarti ai principi di una dottrina empia e di intraprendere la via scellerata. Poichè invece, più spesso, quella superstizione ha dato luogo ad azioni scellerate ed empie. In questo modo in Aulide i capi scelti dei Danai, fior fiore degli eroi, macchiarono orribilmente l’altare della vergine Trivia con il sangue di Ifigenia. E non appena a costei la benda posta intorno alle chiome verginali scese da una parte e dall’altra delle guance allo stesso modo e non appena si accorse che il padre triste stava davanti agli altari e che presso costui i sacerdoti nascondevano il ferro e che i cittadini alla sua vista piangevano, muta per la paura caduta sulle ginocchia cercava la terra. E non poteva giovare a lei infelice in una situazione del genere il fatto di aver donato per prima il nome di padre al re; infatti, fu sollevata dalle mani degli uomini e fu condotta tremante verso gli altari, non perché potesse essere accompagnata in un luminoso imeneo, dopo aver compiuto il rito solenne secondo le tradizioni, ma pura impuramente nel momento stesso delle nozze cadesse a terra come triste vittima, per il colpo del padre, affinché fosse data una partenza fortunata e favorevole alla flotta. A così grandi mali la superstizione poté indurre.

Edipo re

Sofocle

  • Trilogia: Ciclo Tebano
  • Datazione: incerta (430-420 a.C. circa)
  • Ambientazione: Tebe, Grecia, davanti al palazzo di Edipo

TEMATICHE

  • Civiltà della Colpa

  • L'oracolo

  • Destino inevitabile

  • La cecità

La Civiltà della Colpa

Sofocle è considerato il tragediografo che segna il passaggio tra la Civiltà della Vergogna e quella della Colpa.

Questa cultura fa sì che l'uomo si assuma le proprie responsabilità riguardo agli errori che commette, anche se questi sono determinati dal volere degli Dei e dal destino.

Per questo stesso motivo Edipo deciderà di accecarsi e andare in esilio di propria spontanea volontà.

Edipo bambino viene nutrito da un pastore (scultura di Antoine-Denis Chaudet, 1810, Museo del Louvre)

L'oracolo

Edipo: "quando c'era la cagna cantatrice, come mai non hai dato ai cittadini il mezzo per liberarsi? [...] E invece venni io, Edipo, che nulla sapevo, ma la costrinsi a tacere [...] indovinando l'enigma senza l'imbeccata degli uccelli "(vv.390-403).

Coro: "terribili cose, sì, terribili sommuove il saggio profeta ed io gli credo, non credo. E non so cosa dire." (vv.483-485).

Giocasta: "l'arte profetica non c'è mortale che la possieda. [...] a Laio giunse il vaticino che il destino voleva che morisse per opera del figlio nato da lui e da me. [...] Non erano passati tre giorni dalla nascita che già Laio [...] lo gettava via, sul monte impraticabile, per mano dei servi.

Apollo dunque non riuscì a far sì che il figlio divenisse l'assassino del padre! "

(vv. 707-722)

Il fato

L'uomo in Edipo re combatte una lotta insostenibile contro il fato.

Egli, infatti, può essere in grado di dominare il dubbio e i tranelli con le forze della ragione, ma non potrà mai essere padrone del proprio destino e tanto meno cercare di sfuggirgli, poiché esso risiede esclusivamente nelle mani degli Dei.

Edipo e la Sfinge, coppa attica del V secolo a.C., Musei Vaticani

La Cecità

Nell'Edipo Re incontriamo due tipi di cecità: quella legata alla percezione visiva e quella mentale.

Tiresia possiede la prima, ma è in grado di vedere la verità, mentre Edipo, che ha ancora la capacità di vedere, .

Tiresia: perché tu sei cieco negli occhi, nelle orecchie e nella mente. [...] sì, tu hai gli occhi, ma non riesci a vedere.

Verità erodotea: chi ha visto, sa, affermazione con la quale si identifica il testimone, che paradossalmente, come Edipo stesso dice, non è stato mai visto da nessuno.

Edipo secondo Freud

1) Il complesso di Edipo

2) Gli Dei come inconscio

Freud

Complesso edipico

LE FASI

  • Fase fallica (3-5 anni):

Il bambino inizia a sentirsi in colpa per il suo eccitamento nei confronti della madre. Egli avendo notato la mancanza del membro nel corpo femminile, teme che la punizione per tali sentimenti possa essere la castrazione da parte del padre. Per evitare l'ira paterna e ricercare l'amore e l'approvazione della madre, il bambino inizia ad imitare gli atteggiamenti del padre

  • Fase latente (dai 6 anni alla pubertà):

La libido, ossia le pulsioni puramente sessuali del bambino, è "dormiente"

Eracle

Euripide

  • Trilogia: -

  • Datazione: 423 a.C.

  • Ambientazione: città di Tebe

TEMATICHE

  • La crisi dell'eroe

  • Euripide e le divinità

  • Follia furiosa

Ercole mentre cattura Cerbero, disegno di Hans Sebal Beham

L'eroismo euripideo

Euripide con l'Eracle ribalta completamente il concetto di eroe omerico, che avrebbe considerato la morte come unica soluzione dopo un tale gesto. Il protagonista, invece, non sacrifica la sua vita all'onore e alla verità, anzi, si lascia convincere da Teseo a vivere.

Questa scelta, secondo Euripide, è più dura e dolorosa della prima, in quanto non prevede la fuga dalle proprie responsabilità, bensì la sopportazione del dolore e del rimpianto nell'aver compiuto una tale azione.

L'Eracle euripideo non è più l'eroe per antonomasia, ma un semplice essere umano che non può nulla contro il destino a volte benevolo, a volte malevolo.

Gli Dei privi di qualità

In Euripide le divinità sono assenti o ostili agli esseri umani.

Questa tragedia rappresenta una delle critiche più forti nei confronti della religione tradizionale.

Gli Dei sembrano simili a quelli omerici, animati da passioni ed emozioni tipicamente umane: ira, rancore, passione, gelosia.

I Dodici Olimpi, Monsiau, fine del XVIII secolo

Zeus

Il primo che viene apertamente attaccato dall'autore per bocca di Anfitrione è Zeus, che non comparirà mai sulla scena, accusato di essere un vile che è solamente in grado di intrufolarsi nel letto di mogli altrui.

"Benchè mortale, io vinco in virtù te, un dio possente." (vv. 342)

"E presa la moglie di un altro, senza che nessuno te la desse,

non sei nemmeno buono a salvare i tuoi cari. (vv.344-347)

O sei un dio stolto o non c’è giustizia nella tua natura."

Era e Lyssa, la follia distruttrice

La tragedia raggiunge il momento di maggior pàthos con l'entrata in scena di Era, acerrima nemica di Eracle, e Lyssa, dea della rabbia ardente e del cieco furore. Quest'ultima, per ordine dei Era, s'impossessa dell'eroe, portandolo alla pazzia e facendogli sterminare moglie e figli.

Questo furore sacro porta all'annullamento della condizione eroica a cui il protagonista maschile aderisce con ostinazione identitaria .

"Se Eracle non viene punito, gli dei non conteranno più nulla e sarà grande, ( vv.840-843) invece, la genia dei terrestri"

Bibliografia

  • Eschilo, Orestea, Mondadori
  • Sofocle, Edipo Re, Einaudi
  • Euripide, Eracle, Garzanti
  • M.Casertano, G.Nuzzo, Storia e testi della letteratura greca, Palumbo

Sitografia

Fonti

  • it.wikipedia.org/wiki/Edipo_re
  • http://oubliettemagazine.com
  • http://www.treccani.it
  • http://aulalettere.scuola.zanichelli.it/il-passato-ci-parla/la-follia-degli-antichi-mania-lyssa-ekstasis/
  • http://www.treccani.it/enciclopedia/complesso-di-edipo_%28Dizionario-di-Medicina%29/
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