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1-Spesso il male di vivere ho incontrato
2-era il rivo strozzato che gorgoglia
3-era l'incartocciarsi della foglia
4-riarsa, era il cavallo stramazzato.
5-Bene non seppi, fuori del prodigio
6-che schiude la divina Indifferenza:
7-era la statua nella sonnolenza
8-del meriggio, e la nuvola, e il falco alto levato.
Spesso ho visto la sofferenza del vivere: era il faticoso fluire del ruscello che gorgoglia (come in un lamento) impedito nel suo scorrere (strozzato: un ostacolo impedisce al ruscello di fluire liberamente), era l’accartocciarsi della foglia bruciata dalla calura (riarsa: è rinsecchita e perciò si accartoccia), era il cavallo stroncato dalla fatica (stramazzato)
Non conobbi altra possibilità di salvezza se non nella condizione prodigiosa (prodigio condizione rara, eccezionale come un miracolo) che un atteggiamento di superiore distacco (divina Indifferenza, l’Indifferenza, con la "I" maiuscola, è conquista sovrumana che equipara l’uomo alla divinità) concede (schiude)[Il male di vivere può essere non annullato, ma almeno attenuato dall’indifferenza, che porta ad un distacco dalla realtà e quindi dal dolore]: era la statua nell’ora sonnolente del meriggio (l’immagine del meriggio cara al poeta accentua l’immobilità e l’indifferenza della statua) e la nuvola e il falco che vola lontano (verso ipermetro- per rendere lo slancio del volo che porta lontano il verso si distende oltre misura rispetto agli altri versi)
Statua..nuvola..falco: elenca immagini-simbolo dell’immobilità e quindi dell’indifferenza. La statua, immagine cara della poesia crepuscolare, viene caricata di un valore emblematico per indicare la staticità inerte e insensibile delle cose. La nuvola per la sua inconsistenza e il falco per la sua libertà istintiva, colti mentre si stagliano nel cielo in un momento di staticità
Felicità raggiunta, si rischia continuamente di perderti.
Agli occhi sei una piccola luce interna che può spegnersi da un momento all’altro, al piede, fragile come una sottile lastra di ghiaccio e dovunque non ti tocchi chi più ti ama.
Se giungi sulle anime di tristezza e le illumini, il tuo mattino è dolce e capace di commuovere come i nidi delle grondaie.
Ma nulla può ricompensare il dolore di un bambino a cui fugge il pallone fra le case.
1- Felicità raggiunta, si cammina
2- per te sul fil di lama.
3- Agli occhi sei barlume che vacilla,
4- al piede, teso ghiaccio che s'incrina;
5- e dunque non ti tocchi chi più t'ama.
6- Se giungi sulle anime invase
7- di tristezza e le schiari, il tuo mattino
8- è dolce e turbatore come i nidi delle cimase.
9- Ma nulla paga il pianto del bambino
10-a cui fugge il pallone tra le case.
Ossi di seppia venne pubblicato nel 1925 da Pietro Gobbetti.
Come dichiarò Montale, il libro nasceva da uno sforzo verso la semplicità e la chiarezza, a costo di sembrar povero. Ossi di seppia comprende ventitré liriche, ed è una delle otto sezioni della prima raccolta di poesie di Montale. Fanno da cornice una introduzione, con la poesia "In limine", e una conclusione, con la poesia "Riviere". La poesia di Ossi di seppia è una poesia che, come l'osso di un seppia si lima, si fa "scabra ed essenziale", riduce le pretese eroiche e celebrative dei "poeti laureati", per avvicinarsi alla quotidianeità, alla concretezza delle cose e spostandosi verso l'uso di toni ironici e colloquiali.
Francesca Volpato
2°U
18-01-2016