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Un voyage de ce genre au paradis des pièges
L'Invisibile Ovunque
Nadja
«...un mondo per così dire proibito: quello dei collegamenti improvvisi, delle coincidenze pietrificanti, dei riflessi più forti di qualunque altro impulso mentale, degli accordi risonanti come un piano, dei lampi che ci metterebbero in grado di vedere, ma di vedere davvero, se non fossero ancora più rapidi degli altri. Certo, si tratta di fatti di valore intrinseco poco controllabile, ma che, per il loro carattere assolutamente inatteso, la loro violenta incidenza, e per il genere d'associazioni sospette che suscitano nel pensiero [...] mi portano [...] a scoprirmi inverosimili complicità, facendomi sentire quanto sia in errore ogniqualvolta mi credo solo alla barra del timone. Occorrerebbe ordinare questi fatti secondo una gerarchia, dal più semplice al più complesso, a partire dall'impulso speciale, indefinibile, provocato in noi dalla vista di oggetti rarissimi, o dal nostro arrivo in determinati luoghi, accompagnati dalla nettissima sensazione che per noi qualcosa di grave, d'essenziale, ne dipende, sino alla scomparsa completa di ogni pace interiore che producono in noi certe concatenazioni, certi concorsi di circostanze che vanno assai al di là della nostra comprensione.» (André Breton, Nadja)
Parigi, 1926. André incontra per la prima volta Nadja a pochi passi dalla libreria del Partito Comunista Francese in Rue La Fayette 120.
«L’ordine in cui appaiono i racconti è stato deciso a posteriori, e i testi sono stati scritti in simultanea, ciascuno da un membro del collettivo. Ogni autore ha lavorato in piena indipendenza, stile Ummagumma [deii Pink Floyd], dando agli altri solo le informazioni generali sul tema affrontato. Quando abbiamo condiviso le prime stesure, abbiamo gettato i “ponti” da un racconto all’altro, facendo ricomparire personaggi, direttamente o indirettamente, riproponendo stessi episodi da diversi punti di vista e rafforzando i collegamenti tematici.» (Giap, dicembre 2015)
Quarto
«La guerra era l’invisibile ovunque, il suo battito gonfiava le vene degli uomini, suonava con le campane dei villaggi, tuonava la notte durante la tempesta. La guerra erano i giorni del calendario. Era la cifra del secolo. Era il lamento dei poveri, la rabbia dei deboli. Era la fame. Era la morte.»
Yvan Goll, Requiem per i morti d’Europa, Ginevra, 1917
«Il mio buon amore è morto
quando i carri cubisti sono entrati a Parigi
È morto sparando macchie di colore sugli imbianchini
che volevano raddrizzare la fontana di Duchamp
È morto avvolto in un manto di gloria
per ripararsi dal semifreddo al cloro e dalla nebbia al fosgene
È morto spezzando il pennello da cucito
sulla tela militare.
È morto battendo la testa invece dei tacchi al sissignore.
O almeno cosí mi ha detto quando l’ho incontrato per caso un
mese fa
in un bagno turco.»
(André Breton, versi inediti, 1949)
«Invisibile» perché il nocciolo dell'esperienza bellica non è raffigurabile
Un libro come un «véhicule piégé»
Il surrealismo e la pittura
«Scale segrete, cornici dalle quali i quadri scivolano via rapidamente e scompaiono per lasciare il posto a un arcangelo con la spada o a coloro che devono avanzare continuamente, bottoni sui quali accade di far pressione indirettamente e che provocano lo spostamento nel senso dell'altezza, o in un senso orizzontale, di un'intera sala e il più repentino mutamento di scena: è consentito concepire la più grande avventura dello spirito come un viaggio di questo genere nel paese dei trabocchetti.»
André Breton, Nadja, 1928
«Invisibile» perché ovunque
André Breton alla guerra
«Usa ben meschinamente del magico potere di figurazione di cui dispone colui che lo adibisce alla conservazione o al rafforzamento di ciò che esisterebbe senza di lui.»
Il cinema rimane spiazzato. Si attendeva limpide battaglie campali filmabili dalla migliore postazione, ma le dinamiche reali sono diversissime e offrono poche immagini intellegibili. Zone d'operazione vastissime, determinate dalla gittata delle artiglierie; gli uomini nascosti nelle trincee; lo scontro frammentato in innumerevoli attacchi brevi, spesso notturni, il più delle volte vani, perché l'avanzata sul terreno è modesta quando non impercettibile. È una guerra al tempo stesso caotica e statica. Mancano zone sicure, non battute dalle mitragliatrici, dove gli operatori possano piazzarsi con la cinepresa.
Inoltre, il cinema è «muto», e dunque sordo: non può cogliere la dimensione acustica della guerra: nei filmati le esplosioni che frastornano - e segneranno la memoria e i nervi dei soldati per tutta la vita - appaiono come sbuffi di polvere. Inoltre, vige la censura, dunque molte cose filmabili non sono mostrabili. Dai filmati di guerra, di quel che accade si capisce poco. Le fotografie che arrivano al pubblico sono numerose, ma in esse non vediamo le battaglie: sono testimonianze (molto filtrate) di pause, licenze, preparativi.
La guerra non è solo al fronte ma anche nel resto del Paese.
Vengono dichiarate «zone di guerra», e sottoposte dunque alla legge militare, anche zone molt lontane dal fronte: le principali città italiane, l'intera costa adriatica, e dopo Caporetto l'intero Settentrione d'Italia. Nelle zone di guerra vengono sospesi diritti elementari, come quelli di riunione, associazione, attività sindacale, e fortemente limitata la libertà di stampa.
L'industria è militarizzata e soggetti alle leggi di guerra: circa 600.000 operai sono messi al lavoro coatto, senza diritto di sciopero e senza poter dare le dimissioni, costretti a turni massacranti (già nel 1915 la giornata lavorativa media era di 12 ore). Nel corso del conflitto vengono comminate 1.650.000 multe e 28.600 condanne alla prigione.
questa scritta non l'avevi vista
Yves Tanguy
foto di Breton 18enne
L'occhio di Breton allo stato selvaggio
Non-romanzo della deriva nella città, della perdita, del senso di colpa. Non-romanzo a chiave presentato come romanzo non a chiave.
«Chi sono io? [...] in fondo potrei forse domandarmi semplicemente qui je hante [chi infesto, chi possiedo]»
Qui hante Nadja?
«L'idea che ho di "fantasma", con quanto comporta di convenzionale, sia nell'aspetto, sia nella sua cieca subordinazione a certe contingenze di ora e luogo, vale innanzitutto, per me, come immagine finita di un tormento che potrebbe essere eterno.»
Sei tu, Jacques?
«Insisto nell'esigere i nomi; non provo interesse se non per i libri che sbattono come porte spalancate, porte di cui non occorre andare a cercare la chiave.»
Palazzo Promontorio, 1931
Pablo Picasso, «Les demoiselles d'Avignon», 1907
La cultura di prima della guerra è ridotta a cumulo di macerie di segni.
Giorgio De Chirico, «Le muse inquietanti», 1917
Luis Buñuel e Salvador Dalí, Un chien andalou, 1929
«Per quanto mi riguarda, una volta liberato dal giogo militare, intendo sottrarmi a qualsiasi nuova costrizione. Capiti quello che capiti.» (André Breton, Entretiens)
André Masson
Henri Rousseau, L'incantatrice di serpenti, 1907
Madame Sacco, chiaroveggente
Con un solo esame sostenuto, Breton si ritrova nel personale medico di guerra. L'esercito non va per il sottile. Prima all'ospedale di Nantes, dove conosce Jacques Vaché, poi, dal luglio al novembre 2016, al manicomio di Saint-Dizier (oggi Ospedale André Breton). Dopo un breve periodo come barelliere al fronte, vicino a Verdun, nel gennaio 2017 è trasferito a Parigi, all'ospedale Val-de-Grâce, dove conosce Louis Aragon. Trascorre gli ultimi due anni di guerra parlando con alienati, traumatizzati, simulatori. Si fa raccontare i loro sogni e le loro visioni. È l'alba del surrealismo.
René Magritte, Il falso specchio, 1928
Le avanguardie nate dal massacro
Pablo Picasso
Masson
«La guerra ha reso indegno di fiducia ogni facile apparire del mondo. Se da questo trampolino avvolto dalle nebbie voglio interrogare l’angusta parvenza del mondo e trovarvi secondi, terzi, quarti livelli di realtà, tutti senz’altro piú integralmente reali della mistificazione borghese, è a questi pittori che mi rivolgo, ai pittori che creano per sé stessi un modello interiore, i cui mondi non cessano di muovermi a meraviglia per ciò che costantemente ne affiora se solo si sa guardare. I quadri di Bonamore si osservano calandovi in picchiata da un chilometro d’altezza, oppure avvicinandosi alla loro materia fino a sentire sulla punta del naso il frizzare dei cristalli di neve. Bonamore sta dentro la guerra come vi stava Jacques Vaché. Nell’atto creativo che si rigenera in noi di fronte a questi artisti, alle lettere di Vaché come ai quadri di Bonamore, l’aggettivo «mimetico» crepita, si carica di un magnetismo inatteso e proietta un significato non solo opposto a quello ricorrente nella critica d’arte, ma inconciliabile con esso»
(André Breton, Appunti inediti per Il surrealismo
e la pittura, taccuino 1928).
Dada
Fondato nella neutrale Svizzera da disertori, antimilitaristi, «imboscati» e semplici refrattari.
La carneficina che impregna di sangue il continente porta al disgusto per il mondo che l'ha resa possibile, disgusto esteso a ogni legame stabilito tra parole e cose. Nuove libere associazioni, non-sense programmatico, iconoclastia, irriverenza fino all'ingiuria.
Max Ernst
Hotel des automates, 1941-42
Lo studente di medicina André Breton, 18 anni, parte per la guerra.
«Niente di ciò che ci attornia è per noi oggetto, tutto è soggetto.» Breton
Artista e sua modella, 1926
Francesco Paolo Bonamore
(1893 - ?)
«Il surrealismo, se vuole imporsi una linea di condotta, deve soltanto passare dove è passato e passerà ancora Picasso; spero, dicendo questo, di apparire molto esigente.» Breton
Le avanguardie nate
prima della guerra
Il grande amoroso, 1926
Louis Aragon
Max Ernst, «Due bambini minacciati da un usignolo», 1924
Apollinaire
Marinetti
Le avanguardie storiche prebelliche non rimangono spiazzate dalla guerra. Che i loro esponenti si arruolino - con grande o contenuto entusiamo - o si tengano in disparte, comunque vedono in essa, se non la rottura col vecchio mondo da tempo perseguita, comunque una rottura, che in linea generale "invera" la loro ricerca. Nel caso dei futuristi italiani, la guerra è ciò che invocavano da anni. I cubisti hanno diverse posizioni, ma tutti constatano che la guerra impone all'ordine del giorno problemi analoghi a quelli da loro affrontati nelle arti visive.
Terzo
Jacques Vaché
«Tutti gli uomini gridano: c'è un gran lavoro distruttivo, negativo da compiere: spazzare, pulire. Senza scopo né progetto alcuno, senza organizzazione: la follia indomabile, la decomposizione. Qualsiasi prodotto del disgusto suscettibile di trasformarsi in negazione della famiglia è DADA; protesta a suon di pugni di tutto il proprio essere teso nell'azione distruttiva: DADA; presa di coscienza di tutti i mezzi repressi finora dal senso pudibondo del comodo compromesso e della buona educazione: DADA; abolizione della logica; belletto degli impotenti della creazione: DADA; di ogni gerarchia ed equazione sociale di valori stabiliti dai servi che bazzicano tra noi: DADA»
Tristan Tzara, Manifesto Dada, 1918
Man Ray, «Regalo», 1921
Dal disgusto totale al programma sovversivo: il surrealismo
6 gennaio 1919: l'impronunciabile giorno
Le lettere
Una delle due facciate dell'ultima lettera-collage di Breton, scritta e inviata a Vaché quando quest'ultimo è già morto, in circostanze "scandalose".
Marie-Louise
Nel 1988 lo scrittore Georges Sebbag pubblica una ricostruzione dei rapporti tra Breton e Vaché incentrata sull'analisi della lettera-collage, della quale include una riproduzione completa.
L'avanguardia più duratura (1919-1969) e influente del XX secolo, la più consapole e strategica, la più esplicitamente rivoluzionaria. «Trasformare il mondo» (Marx), «cambiare la vita» (Rimbaud).
Dal cubismo alla guerra. Disarticolazione dello spazio tradizionale: prima lo spazio pittorico, poi lo spazio delle operazioni belliche. Simultaneità dei punti di vista. Mimetizzazione e trompe-l'œil.
Cfr. «Quarto», in L'invisibile Ovunque
Breton (et Vaché) au cinéma
Pochi mesi dopo la morte dell'amico, Breton raccoglie e pubblica a Parigi 15 lettere di guerra di Vaché. È l'inizio del culto.
«Un giorno da una pozza di letame una bolla crebbe e scoppiò
Dall'odore il padre riconobbe
Sarà un famoso assassino
Schifoso moccioso l'invertebrato crebbe
e cominciò a parlare di Rivincita
Rivincita di cosa Del letame paterno
o della vacca che fece il letame
A sei anni scorreggiava in una tromba
[...]
Al suo passaggio zampillavano geyser di vomito e lo inzaccheravano [...]»
Benjamin Péret, Vita dell'assassino Foch, 1936
Nosferatu, eine Symphonie des Grauens, di Friedrich Wilhelm Murnau, 1922
L'atelier di Breton
«Dazzle camouflage»: la nave da guerra americana USS Mahomet, 1918
Les Vampires, di Louis Feuillade, 1915
Il generale Ferdinand Foch (1851-1929), comandante in capo di tutti gli eserciti alleati sul fronte occidentale
Sogno e azione. Marxismo libertario e psicanalisi. Esplorazione della città e ricerca sull'inconscio. Agitazione rivoluzionaria e automatismo psichico. «Amore folle» e «humour nero». Nemici metodicamente individuati e precisamente indicati con nomi e cognomi.
«Col sistema che consiste, prima di entrare in un cinema, nel non consultare mai il programma - il che, del resto, non mi servirebbe gran che, dato che non sono mai riuscito a ricordarmi più di cinque o sei nomi di interpreti - corro evidentemente il rischio di "cascare male" più di un altro, ma a questo punto debbo confessare che ho un debole per i film francesi più assolutamente idioti. Del resto capisco piuttosto poco, seguo in maniera troppo vaga. Talora questo finisce per mettermi in difficoltà, allora faccio domande ai vicini. Ciò non toglie che certe sale cinematografiche del decimo arrondissement mi sembrano luoghi particolarmente indicati per starci, come quando, con Jacques Vaché, ci sistemavamo per cenare nella platea della vecchia sala delle «Folies-Dramatiques», aprivamo delle scatole, tagliavamo il pane, stappavamo bottiglie e parlavamo ad alta voce come a tavola, con gran meraviglia degli spettatori che non osavano intervenire.»
(André Breton, Nadja, 1928)
Secondo
André ricorda Jacques in molte opere e interviste, fino alla morte.
«Vaché est surréaliste en moi.»
(Primo Manifesto del Surrealismo, 1924)
A volte gli mette una maschera e un nome diverso.
In almeno un'occasione Jacques ritorna come donna.
Cfr. «Terzo», in L'invisibile Ovunque
Giorgio De Chirico e Carlo Carrà fanno propaganda interventista e si arruolano, il primo influenzato da Apollinaire, il secondo dal movimento futurista di cui fa parte. Dopo l'impatto con la realtà, i due si «imboscano» in una clinica psichiatrica a Cona, poco fuori Ferrara, dove Carrà si distacca dal futurismo e segue De Chirico nella pittura che verrà detta «metafisica».
Cfr. «Secondo», in L'Invisibile Ovunque
Georges Braque, Uomo con chitarra, 1912
Le avanguardie storiche e la guerra
Carlo Carrà, «Manifestazione interventista», 1914
«Intanto passavano i giorni, le settimane ed i mesi nella città degli Estensi. Io lavoravo alla meno peggio, malgrado il poco tempo di cui disponevo e l’irritazione continua in cui vivevo per via di quegli ambienti militari, tanto lontani dalla mia psiche.
Si aspettava che la guerra finisse; ma le guerre, una volta cominciate, pare che non debbano finire mai, come le dsgrazie e le sofferenze che suscitano.» (G. De Chirico, Memorie della mia vita, 1945)
André Breton